Spot televisivi a suon di dentifrici e igienizzanti: coronavirus pigliatutto

“Possa tu vivere tempi interessanti”, cita una nota maledizione cinese, che casualmente è stata ripresa anche dall’ultima edizione della Biennale d’Arte di Venezia come filo conduttore dell’esposizione. Dunque, se non ci aspettavamo di vivere una pandemia di portata globale, non possiamo negare di star assistendo ad un evento di portata straordinaria. Da quando c’è stato […]

Possa tu vivere tempi interessanti”, cita una nota maledizione cinese, che casualmente è stata ripresa anche dall’ultima edizione della Biennale d’Arte di Venezia come filo conduttore dell’esposizione. Dunque, se non ci aspettavamo di vivere una pandemia di portata globale, non possiamo negare di star assistendo ad un evento di portata straordinaria.
Da quando c’è stato il famigerato lockdown del 9 marzo scorso la nostra vita è cambiata sensibilmente, e con essa anche i nostri consumi. I dati rilevati da Google ci dicono che, se nella prima fase di quarantena nazionale i beni di prima necessità hanno fatto da padroni sia nelle ricerche sul web che nei supermercati ancora aperti, dopo i primi quindici giorni le persone hanno ricominciato a cercare anche beni quali abbigliamento, strumenti elettronici, e più in generale oggetti che non rientrano ufficialmente nei beni cosiddetti indispensabili, come l’introvabile lievito.

Nell’affrontare i nostri tempi interessanti possiamo intercettare alcune tendenze: il cambiamento dei consumi e quello della comunicazione dei brand, attraverso l’utilizzo di vecchie e nuove modalità. Con il cambiamento forzato delle abitudini anche il mercato si è dovuto adeguare: solo nel nostro Paese, sempre secondo fonti Google, gli acquisti online sono aumentati del 75%. Una rivoluzione copernicana per noi italiani, che da questo punto di vista siamo sempre stati molto meno abituati dei nostri cugini europei.

Ovviamente, davanti a tali repentini cambiamenti, i brand hanno dovuto adattarsi e ripensare altrettanto celermente modo di comunicare: persino i piccoli e piccolissimi imprenditori hanno compreso la vitale funzione di essere in rete e di imparare le regole del web. Il mercato dell’advertising online, sebbene abbia registrato inizialmente anch’esso dei cali a seguito della situazione che ha creato il cosiddetto “Cigno Nero” (ovvero un’anomalia imprevista ed imprevedibile che interessa un sistema), resta comunque tra i più floridi e attivi. Corsi di ogni materia e disciplina: dal marketing al pilates, dall’origami all’alta finanza, hanno preso il posto delle inserzioni che suggerivano il migliore hotel per il prossimo viaggio, oppure l’evento imperdibile per gli appassionati di fiere o manifestazioni sportive. Regine incontrastate del web si confermano le consegne a domicilio, vitali per noi tutti dal momento in cui la quotidianità è stata stravolta.

 

Il coronavirus e la nuova stagione degli spot televisivi

Come in molti ci stanno facendo notare, tale periodo di riflessione forzata ci ha fatto riscoprire i piccoli piaceri dello stare in casa, come ad esempio cucinare. Ed è proprio su questo tema che i grandi brand si sono accaparrati gli spazi pubblicitari del piccolo schermo (i cui ascolti stanno toccando vette che non si ricordano da anni .

Da sempre molto costosi, gli spot televisivi restano appannaggio di realtà imprenditoriali di grandi dimensioni, le quali ciclicamente propongono i propri prodotti attraverso questo mezzo. Oggi possiamo solo immaginare quale stress abbiano subito le varie concessionarie pubblicitarie che trattano la TV. Nei primi giorni dopo il fatidico 9 marzo ancora c’erano molti passaggi televisivi delle pubblicità di automobili, con le consuete immagini di luoghi idilliaci che fanno sognare la tua prossima vacanza, così come “i film in uscita al cinema”, probabilmente legati a contratti ancora attivi. A tal proposito ci si può soffermare su una pubblicità che ha fatto numerosi passaggi TV: una nota casa automobilistica ha evidentemente cambiato in corso d’opera il suo spot proponendo una “prova virtuale” dell’automobile, mantenendo le immagini inalterate e cambiando solo la registrazione audio.

Più in generale, il palinsesto delle pubblicità, già dominato da prodotti per la famiglia, adesso ne è totalmente assorbito. Chi sta facendo pubblicità in televisione, e in che modo? I prodotti per l’igiene della casa che tolgono più batteri e germi di ogni altro visto prima; la migliore scelta per la colazione, il pranzo, la cena; e sono aumentati anche i prodotti per la cura dei denti: come sappiamo non è proprio il periodo migliore per andare dal dentista. Scomparsi viaggi e mete turistiche. Spopolano anche i farmaci da banco contro il raffreddore, e se nella fase più acuta del contagio sembravano spariti perché un colpo di tosse non era più solo il sintomo della classica “freddata” stagionale, con il riaffacciarsi del periodo delle allergie sono ricomparsi nelle nostre Tv con tutta la loro forza curativa.

 

La grammatica della nuova comunicazione dei brand. Parola chiave: emotività

Alcuni aspetti su cui è necessario soffermarsi riguardano il contenuto e il modo in cui vengono realizzati i nuovi spot. L’emotività è il filo conduttore: tra la celebrazione del coraggio di un Paese e un ricordo di affetti che non scompaiono, distanti solo fisicamente, ma vicini al nostro cuore. Che siano prodotti dolciari o una potentissima linea internet, tutto serve per farci sentire un po’ più vicini: “Non ci abbracciamo oggi, per abbracciarci più forte domani”, come nel primo discorso del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Il distanziamento sociale che stiamo vivendo – e che dovremo affrontare ancora per un po’ – ci sta imponendo un sacrificio importante, la nostra libertà, per salvare quante più persone possibile dal contagio. La questione cruciale del rispetto delle regole, e in particolare il mantenere le distanze per contenere il contagio, è stata oggetto di più campagne riprese dai brand. Le grandi multinazionali, che stanno dimostrando un grande valore aggiunto di responsabilità sociale, hanno fatto da apripista “sacrificando” anch’esse qualcosa: ad esempio il proprio logo. McDonald’s ha staccato i due archi gialli che compongono la sua ormai iconografica M, Audi ha staccato i cerchi del suo logo, così come ha fatto Volkswagen dividendo la V e la W, ma mantenendole sempre all’interno dello stesso cerchio.

Una breve analisi di quanto detto sin qui si può di fatto incentrare su come i brand hanno cambiato modo di comunicare, rivedendo le proprie strategie e rimodulandole in modo da assecondare le esigenze delle persone che stanno vivendo isolate in casa: l’obiettivo condiviso è fare campagne che puntino non solo a vendere un prodotto, ma a evidenziare la responsabilità sociale. Anche il brand si unisce emotivamente allo spettatore e al Paese stesso, rendendosi parte integrante di una comunità. Un tone of voice composito, che sempre più spesso si avvicina a quelli della comunicazione istituzionale. C’è sempre l’invito a rispettare le norme indicate dal governo, chi con una modalità più giocosa, chi con l’empatia. Il brand non è più solo al servizio del consumatore, ma si sta evolvendo in un compagno responsabile (nel tentativo di essere indispensabile) di un momento particolarmente complesso e straordinario della storia contemporanea.

Un ottimo lavoro è stato fatto inoltre da chi, non potendo più svolgere la propria attività, ha deciso di coltivare un rapporto con il consumatore via web, o di partecipare a cause di solidarietà, magari mettendo a disposizione mezzi e dipendenti per svolgere servizi utili alla comunità, come ad esempio effettuando servizi di consegna per le persone più vulnerabili.

I “tempi interessanti” che stiamo vivendo, allo stadio attuale dell’evoluzione dell’emergenza, sembra che continueranno a esserlo ancora per qualche tempo. Sarà curioso capire attraverso quali passaggi riusciremo a tornare alla normalità, o almeno una parvenza di essa, e anche osservare come cambierà la comunicazione nei vari momenti che ci attendono prima di poter tornare tutti a stringerci più forte di prima.

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