Un tecnico della prevenzione costa meno di un infortunio

Maurizio Di Giusto, presidente UNPISI tecnici della prevenzione: “Sbagliata la scelta repressiva del Governo in materia di sicurezza lavorativa, andava bene per gli anni Sessanta”.

Incidenti sul lavoro: dovrebbero esserci 1.400 tecnici della prevenzione in più nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, in Italia. A denunciarlo Maurizio Di Giusto, ex presidente dell’associazione UNPISI tecnici della prevenzione, docente universitario, presidente della commissione dell’albo nazionale dei tecnici per la prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro (TPALL).

Sono loro gli esperti che intervengono a rimuovere le cause di pericolo, prima che qualsiasi incidente possa accadere. La loro presenza in aziende pubbliche e private è fondamentale per prevenire gli incidenti sul lavoro, spiega Di Giusto: “È un tema molto caldo quello della prevenzione, alla luce del disegno di legge in corso di approvazione in Senato, il quale non tiene conto della prevenzione primaria, l’unico fattore per prevenire i morti e gli incidenti sul lavoro. Normativamente si torna indietro, mettendo in atto essenzialmente un approccio di tipo repressivo, che in tutti questi anni ha contribuito a ridurre i numeri alti delle morti sul lavoro degli anni Sessanta, mentre negli ultimi tempi il dato si è stabilizzato”.

In Italia secondo dati INAIL il costo degli infortuni sul lavoro per la società è di 104 miliardi di euro, pari al 6% del PIL nazionale. Parla di strategia Maurizio Di Giusto: “Per aggredire lo zoccolo duro dei morti sul lavoro vanno cercate nuove strategie della vigilanza e soprattutto l’attivazione di strumenti di prevenzione primaria, favorendo una cultura della prevenzione nelle scuole, finanziando le imprese che attuano investimenti in prevenzione, l’assunzione di tecnici, e favorendo soprattutto con incentivi di chi assume professionisti di questo tipo. La mia non è un’idea corporativista legata all’interesse di questa professione: noi siamo professionisti sanitari a 360°. La nostra mission è ridurre infortuni e morti tramite strategie e competenze, perché conosciamo il settore in modo approfondito”.

Maurizio Di Giusto, UNPISI: “Dal Governo una politica repressiva sulla sicurezza. Ma serve investire sulla prevenzione”

Il contesto è funzionale ad attuare una strategia primaria di prevenzione, spiega Di Giusto: “Investire nei contesti sociali è la vera strategia che mostra evidenze scientifiche di efficacia, mentre il ministero del Lavoro ed enti afferenti hanno una visione diversa: quella di inasprire le attività di sanzione senza pensare che questo causerà maggior sommerso, mancata comunicazione, con un numero più alto di imprese che cercheranno di lavorare all’ombra, invece di comunicare e chiedere supporto, perché l’obiettivo è quello di eludere i controlli. È una dicotomia sbagliata ridurre infortuni e morti attraverso le sanzioni, così come per gli incidenti stradali non serve inasprire le pene, che sono solo deterrenti. Il vero cambiamento è sviluppare nei ragazzi una nuova cultura del lavoro e permeare la società civile con stimoli ai corretti comportamenti”.

“La prevenzione ha successo quando non accade nulla”, sottolinea Di Giusto. “Nel momento in cui una persona infortunata sul lavoro o che ha una malattia professionale si rivolge a un ospedale o al medico di famiglia, è la dimostrazione che la prevenzione non ha funzionato. Occorre agire prima che si manifestino eventi avversi. Si sta tracciando un solco sempre più ampio tra controllori e controllati, queste nuove misure credo che non avranno l’efficacia che il Governo si aspetta. Ci vuole coraggio per operare le scelte che il Governo le istituzioni compiono, perché i frutti saranno raccolti probabilmente tra cinque o dieci anni. Oggi è stata fatta la scelta politica, riguardo i morti sul lavoro, di inasprire le pene per dimostrare che il Governo ha fatto qualcosa. Sono palliativi che servono solo a dare una risposta mediatica, di presenza del Governo e delle istituzioni”.

La ricetta che propone Di Giusto è quella di “investire in prevenzione tramite attività di vigilanza, con aziende e cantieri che si attivano e chiedono di essere supportati dal dipartimento della prevenzione, consulenti che le affiancano per permettere di lavorare in sicurezza; invece è un investimento che non si segue. Se si incrementano le risorse finanziarie, gran parte di esse è speso per i posti letto delle strutture ospedaliere perché sono visibili e portano voti. Non si sostiene invece un incremento di fondi per assumere e rendere i professionisti competenti per la prevenzione, perché non danno visibilità e ritorno politico sul territorio”.

I vantaggi dell’assunzione di un tecnico della prevenzione

Nelle Marche, dove si dovrebbero attivare migliaia di cantieri per la ricostruzione post terremoto, la CGIL ha denunciato che sono solo 56 i tecnici della prevenzione.

Così commenta la situazione Di Giusto: “Infortuni ed eventuali malattie incidono di meno in un contesto come l’ospedale, e di più sulle famiglie e le imprese che hanno subito quei danni. Investire in prevenzione non porta un risultato immediato, ma nel medio lungo termine. Nessuno mai si domanda quanto costa un grave infortunio, la sospensione dell’attività lavorativa per l’impresa oppure una morte sul lavoro per le famiglie e il sistema economico. Assumere un tecnico della prevenzione costa molto meno rispetto a un premio assicurativo INAIL per infortunio”.

“Casi come quello di Luana D’Orazio, che suscitano clamore, hanno portato una forte e pesante mobilità dei media con l’emanazione di un disegno di legge ora in Senato per l’approvazione, ma nonostante si ripetano le stesse morti il Governo sbandiera questo disegno di legge come risposta, ma le altre morti hanno un clamore mediatico molto più basso, c’è la volontà politica di far emergere solo le notizie che contano. I morti come Luana ci sono sempre. Il diritto al lavoro garantito in tutte le sue forme dalla Costituzione è un impegno che non si traduce in investimenti, che tutta la cultura professionale e sociale che permea il sistema dovrebbe chiedere siano attivati.”

“La formazione avviene tramite enti che vanno presso l’azienda e rilasciano attestati, ma è una chiave strategica importante per far crescere la cultura del lavoratore verso la sicurezza. Per farla servono competenze ed empatia verso i lavoratori con il coinvolgimento attivo sui problemi che hanno ogni giorno, il pacchetto formativo va calato sulla singola realtà. Il docente medio svolge formazione con le slide, finisce le ore che deve fare e, svolto il compitino, se ne va. L’azienda è contenta, il lavoratore annoiato, e la formazione di fatto non ha efficacia.”

In copertina foto by Pixabay

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