Yoox : l’Unicorno si è spezzato

Yoox licenzia e non chiede neppure gli ammortizzatori sociali: la società bolognese creata da Federico Marchetti, acquisita dal gruppo LuxExperience, ha annunciato tagli a 211 posti di lavoro. La startup, il primo “unicorno” in Italia, non ha saputo assecondare lo sviluppo tecnologico degli e-commerce aziendali

11.09.2025
Il fondatore di Yoox Federico Marchetti

Per chi vive a Bologna, Yoox è stata quel pezzo di Silicon Valley in Italia, prima ancora che arrivassero gli iPhone.
L’ho vista crescere fin dal primo momento; ero a Bologna nel 2002 con il mio ufficio di reclutamento e in pochi anni ho visto scorrere almeno quattro direttori del personale. Una di queste – l’unica donna – mi affidò una serie di selezioni da riempirci una pagina intera di inserzioni su Repubblica quando ancora esistevano gli RPQ (Ricerca di Personale Qualificato), che il giovedì su Repubblica e il venerdì sul Corriere riempivano paginate di offerte di lavoro di grande qualità e ben retribuite. Altri tempi, altra cultura del lavoro.

A Bologna il nostro Steve Jobs si chiamava Federico Marchetti, che aveva ideato questo modello di innovazione nel settore dell’e-commerce di lusso in Italia e nel mondo. E così è stato per almeno un ventennio. Mentre dalla Baia di San Francisco arrivavano tutti gli altri, con i loro garage, i loro sguardi da nerd, il loro storytelling.

Venticinque anni dopo, in seguito all’acquisizione da parte del gruppo tedesco LuxExperience (Mytheresa) completata nell’aprile di quest’anno, l’azienda sta affrontando una crisi profonda che ha portato all’annuncio di 211 licenziamenti in Italia e 700 a livello globale, con tagli che colpiscono in particolare le sedi di Bologna e Milano.

L’epilogo di Yoox, da startup innovativa ad azienda con un modello industriale tipico e convenzionale, è emblematico di una traiettoria difficile da evitare per molte imprese nate con una visione nuova, ma che poi si confrontano con le logiche di profitto e ristrutturazione imposte da grandi gruppi multinazionali.

Non li hanno visti arrivare

Federico Marchetti, il visionario fondatore, aveva trasformato Yoox in una realtà pionieristica, il modello di e-commerce che rendeva accessibile il lusso a livelli globali, anticipando l’era digitale con scelte che sembravano rivoluzionarie per il 2000. La società è stata il primo “unicorno” italiano, raggiungendo valutazioni di mercato superiori al miliardo.
Numeri che facevano solo “i grandi Padri”: Ferrero, Barilla e gli industriali tradizionali, quelli che vendevano un prodotto tangibile e ben consolidato.

Yoox ha insegnato all’Italia che anche l’innovazione poteva essere business, con una visione che puntava appunto all’innovazione tecnologica, all’integrazione tra moda ed e-commerce, all’uso dell’intelligenza artificiale e a una forte attenzione alla personalizzazione del servizio. Sotto la guida di Marchetti, nel 2015 la fusione con Net-A-Porter aveva creato un grande gruppo leader a livello mondiale nel retail del lusso online.

Ma già prima del passaggio di proprietà a Mytheresa, la compagnia aveva mostrato crepe: nel 2024 Yoox ha accumulato perdite per 191 milioni di euro e, sommati agli esercizi precedenti, si parla di oltre due miliardi in due anni, che si spiega solo in un modo: non li hanno visti arrivare (cit.).

La tecnologia e l’innovazione, soprattutto nel mondo della moda degli ultimi dieci anni, è stato il pallino di molti brand del lusso, che hanno preferito puntare ai propri canali e sviluppare nuove piattaforme anziché continuare a seguire il modello multimarca di Yoox. Possibile che nessuno abbia visto i segnali? Che in Yoox abbiano pensato di poter continuare a proporre un sistema monopolista mentre la tecnologia diventava – si scusi il gioco di parole – sempre più prêt-à-porter?

La politica industriale del gruppo tedesco LuxExperience

La strategia dei nuovi acquirenti si è palesata con la decisione di una riorganizzazione radicale, con un accentramento delle strutture operative e amministrative che ha portato a definire come “strutturali e definitivi” i 211 licenziamenti in Italia (soprattutto a Bologna, con 160 esuberi, e a Milano, con 50).

L’azienda ha giustificato le scelte con una necessaria riduzione dei ricavi e un pesante stato di crisi economica, rifiutandosi inconcepibilmente però di ricorrere agli ammortizzatori sociali, aumentando la tensione con i sindacati e creando un vero e proprio clima di conflitto che in questi giorni sta surriscaldando l’Interporto e i quartieri industriali di Bologna.

I sindacati locali hanno definito il comportamento aziendale “inaccettabile”, denunciando la mancanza di comunicazioni preventive e il rigetto delle forme di tutela sociale, evidenziando che l’operato del gruppo tedesco appare volto a scaricare sul lavoro il peso di strategie industriali a breve termine, senza considerare le ricadute sociali. Si temono conseguenze gravissime per il tessuto industriale e sociale di Bologna e Milano.

Le storie dei lavoratori: l'umanità dietro i numeri

Tra le storie più emblematiche vi è quella di un’imbustatrice di 57 anni, affrontata con indifferenza e solitudine dalla stessa azienda che aveva contribuito a far crescere Yoox. La vicenda raccontata dal Corriere di Bologna evidenzia come, dietro i numeri dei licenziamenti, ci siano persone in carne e ossa che si trovano all’improvviso senza un lavoro, con una difficile prospettiva occupazionale, soprattutto per motivi legati all’età, in un contesto di assenza di dialogo e di supporto da parte della direzione aziendale.

In un’altra testimonianza un fotografo, storico collaboratore di Yoox da 18 anni, ha definito l’annuncio dei licenziamenti come una “doccia fredda” di una crisi percepita da anni, ma nascosta da un’apparenza di stabilità.

In entrambi i casi, leggendo le storie, quello che manca del tutto è l’empatia e la vicinanza nei confronti di questi lavoratori.

Le responsabilità di Federico Marchetti

Federico Marchetti ha un ruolo centrale come fondatore e artefice del successo innovativo di Yoox; ha lasciato la guida operativa e la gestione diretta dell’azienda già nel 2021, avendo pianificato un piano di successione e passando il testimone a nuovi manager. Dal 2018, quando Yoox è stato acquisito da Richemont, fino al passaggio al gruppo tedesco LuxExperience (Mytheresa) nel 2024-2025, Marchetti non ha più avuto ruoli decisionali nella gestione aziendale.

Chi lo conosce ne parla come di “un uomo solo al comando“, un mix di egocentrismo e genialità (che lo accomunano ad un altro “imprenditore multinazionale” del territorio, quel Nerio Alessandri di Technogym dal carattere spigoloso), ma anche troppa sicurezza ancorata ad un passato da cui non riusciva a prendere la giusta distanza.

I giornali locali sono molto teneri con Marchetti: “Ha lasciato l’azienda con stile, chiarezza e senso di responsabilità”. Lo disegnano anche in queste ore più come un imprenditore e creatore che un manager, ribaltando tutta la responsabilità delle scelte di oggi a quei gruppi multinazionali con esigenze di profitto differenti. Assolvendolo con la sua totale assenza nelle scelte gestionali che hanno condotto alla crisi recente e ai tagli di personale, che rappresentano piuttosto l’epilogo delle logiche industriali dei nuovi proprietari.

Un modello innovativo finito in un epilogo (fin troppo) convenzionale

La parabola di Yoox mette in luce la difficoltà di chi opera nel nostro Paese (e per buona pace di certe riviste e inserti tecnologici sempre molto generosi nell’etichettare positivamente le imprese innovative), di trasformare una startup visionaria in una azienda sostenibile e duratura di successo, specie in settori dove la competizione è molto alta e il mercato volatile.

La crisi attuale, con le politiche aggressive di taglio e accentramento imposte dal gruppo tedesco LuxExperience, segna il passaggio da una fase pionieristica e di crescita a una inevitabile fase di ridimensionamento che non risparmia le persone che lavorano per l’azienda. Dimostrando anche in questo caso, come i sogni di innovazione spesso si infrangano sulle logiche industriali e di profitto delle multinazionali, portando a un epilogo che ricorda le dinamiche tradizionali delle aziende padronali italiane, con il loro tipico approccio al lavoro e ai collaboratori.

Questa vicenda invita a riflettere sul ruolo dei nuovi modelli di business nella sostenibilità occupazionale e sociale, in un’industria dove la tecnologia e il capitale spesso dominano, rendendo difficili le soluzioni umanistiche e innovative. Soprattutto ora, con la nuova febbre di intelligenza artificiale alle porte.

 

 

 

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Photo credits: economyup.it

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