La mancia nel mondo e il paradosso italiano

Lasciare la mancia può sembrare un gesto innocuo. In realtà, a seconda del Paese, oscilla tra l’obbligo e l’offesa, e indagando sulla tematica si può fare luce su un sistema basato sull’inganno e lo sfruttamento. Perché l’Italia ha un problema con le mance, e come funzionano nel resto del globo?

16.04.2025
Conto e mancia sul piattino di un bar

“Dai, lascia un dollaro!”
“Non lascio la mancia.”
“Non lasci la mancia?”
“Non ci credo.”
“Sai quanto guadagnano queste ragazze?”
“Una miseria.”
“Se non guadagna abbastanza, può sempre licenziarsi.”

Questo dialogo, scritto nel 1992 per Le Iene di Quentin Tarantino, non potrebbe essere più attuale. “Non lascio la mancia solo perché la società dice che devo farlo”, dichiara il gangster Mister Pink a fine pasto, mentre il resto del gruppo vomita denigrazioni irripetibili. “Se davvero si impegna, allora le do qualcosa in più”, continua. “Ma questa storia di lasciare la mancia automaticamente è una stronzata. Per quanto mi riguarda, fanno solo il loro lavoro”.

La discussione sulla cultura delle mance è stata riaccesa da alcuni episodi recenti, fomentati anche dalla recessione; in particolare la notizia che i dipendenti del primo Apple Store sindacalizzato degli Stati Uniti, l’anno scorso, stavano protestando per ottenere mance. Quest’episodio, insieme a molti altri, ha riacceso il dibattito. Ma in fondo non si parla di niente di nuovo.

Gradita, sgradita, necessaria: la mancia nel mondo

Come spesso accade, il primo indicatore di una crisi o incrinatura di un sistema è il linguaggio, che si adatta e popola di neologismi.

Guilt tipping” (la mancia per senso di colpa) e “tipping fatigue” (stanchezza causata dal lasciare mance) hanno invaso i social media negli ultimi anni, così come il trend del “viral tip shaming” (la condivisione online dell’identità di chi non lascia la mancia, per farlo vergognare). Ed è difficile parlare con chiunque lavori nella ristorazione per più di dieci minuti senza che venga menzionata la parola “tipflation”, una crasi tra tip e inflation, mancia e inflazione.

La cultura delle mance non è un tema caldo solo negli Stati Uniti. Nel Regno Unito il governo laburista ha approvato una legge che regola la distribuzione della service charge (una sorta di mancia che viene aggiunta al conto in automatico – anche se il cliente può chiedere che sia tolta) tra i lavoratori. L’Employment Act 2023, entrato in vigore nell’ottobre del 2024, impone ai titolari di dare il 100% delle mance ai propri dipendenti. Serviva davvero una legge per ribadire che le mance lasciate al personale devono essere riscosse dal personale? Purtroppo, sì.

In Europa il panorama è molto più eterogeneo: nei Paesi nordici le mance sono rare grazie a stipendi più alti e a un forte welfare, mentre in Italia, Francia e Spagna è consuetudine lasciare un piccolo extra, sebbene non sia obbligatorio.

In Cina, Giappone e Corea del Sud è noto che, se si lascia la mancia in contanti, il cameriere potrebbe rincorrervi per riconsegnarvi i soldi che avete dimenticato sul tavolo, nella migliore delle ipotesi, o offendersi a morte, nella peggiore. Ma, anche lì, le cose stanno cambiando.

Gli Stati Uniti, un sistema basato sulle mance

Negli Stati Uniti la mancia è una tradizione radicata. Al giorno d’oggi si aggiunge solitamente il 20-25% al conto, ma l’aumento della già citata tipflation sta creando difficoltà sia per i residenti che per i turisti. Lo stipendio minimo federale per un cameriere è infatti 2,13 dollari all’ora, circa 2 euro. Il resto della paga si basa sulle mance, che però non è obbligatorio dare.

Il movimento anti-mancia sta lentamente prendendo piede per una serie di motivi che includono la vulnerabilità economica causata da questo sistema, ma anche per diversi effetti indiretti.

Ad esempio, l’asimmetria di potere tra lavoratori e clienti: chi serve ai tavoli deve spesso tollerare atteggiamenti inappropriati o umilianti per non compromettere le proprie entrate. O ancora, il proliferare di pregiudizi razziali, di genere e di aspetto fisico. Non sorprende che diversi studi dimostrino che i lavoratori bianchi tendono a ricevere mance più alte rispetto ai colleghi neri o latini, e che le donne siano spesso costrette a tollerare molestie per ottenere mance migliori.

Una questione di cultura: anche i camerieri sono imprenditori?

In risposta alle preoccupazioni sollevate da lavoratori e sindacati nel settore dell’Ho.Re.Ca., alcuni locali negli Stati Uniti hanno sperimentato il servizio senza mance, aumentando i prezzi dei piatti e garantendo stipendi più alti ai dipendenti. Nel 2022, il Guardian riportava alcuni esempi: un ristorante di Bloomington, Indiana, ha eliminato le mance e al loro posto ha aumentato le retribuzioni orarie per i suoi dipendenti; un ristorante di Portland, Oregon, ha sostituito le mance facoltative con una commissione obbligatoria; un gruppo di ristoranti di Eau Claire, Wisconsin, ha eliminato le mance e ha aumentato il salario minimo a 16 dollari all’ora.

È raro, dice uno dei ristoratori intervistati, che una buona decisione aziendale coincida con una buona decisione etica, e nemmeno questo è uno di quei casi. Tutti i locali presi in esame sono tornati al modello classico, con le mance, in parte perché i costi non erano sostenibili per i titolari, in parte perché la cultura delle mance è difficile da sradicare. Gene Marks, sul Guardian, scrive che il modello delle mance è legato alla cultura imprenditoriale degli Stati Uniti: i lavoratori vogliono più di un salario equo, vogliono guadagnare per sé, come se fossero imprenditori.

Ricercando il tema su TikTok si ottiene un algoritmo intasato per settimane da video in cui più o meno esperti spiegano come esseregood servers”, per fare più mance. C’è chi consiglia semplicemente di sorridere, chi di toccare lievemente la parte alta del braccio del cliente mentre si riscuote il pagamento, chi di far stampare “thank you” sul conto.

I controsensi italiani sulle mance

Come sappiamo, in Italia le mance non sono obbligatorie, ma in alcuni settori i clienti spesso lasciano un extra per mostrare apprezzamento. Il gesto è del tutto discrezionale, ma non c’è dubbio che l’Italia ha un problema con le mance. E forse più di uno.

Il primo grande paradosso, in pieno stile italiano, riguarda la tassazione. Le mance non sono regolamentate in modo chiaro dal punto di vista fiscale. In teoria dovrebbero essere considerate un reddito aggiuntivo, e quindi essere tassabili, ma è realistico pensare che un barista includa nella dichiarazione dei redditi il resto arrotondato che gli tintinna in tasca a fine turno – se gli va bene?

Nel 2021 una sentenza della Cassazione riportata dai maggiori giornali nazionali ha fatto tremare il settore dell’ospitalità, o ci ha provato: il capo ricevimento di un hotel di lusso in Costa Smeralda è stato dichiarato colpevole di non aver pagato le tasse su un ammontare enorme di mance, 83.650 euro, ricevuto nel 2007. L’Agenzia delle Entrate lo ha ritenuto un “reddito da lavoro dipendente non dichiarato.”

Il concierge si è appellato a una circolare dell’Agenzia delle Entrate secondo cui si possono accettare donazioni di modico valore; dall’altra la Cassazione ha impugnato l’Articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, che stabilisce come “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.” Insomma, doveva pagare.

La Legge di Bilancio del 2022 ha introdotto una novità sulla tassazione delle mance per i dipendenti di hotel e ristoranti: dal 1 gennaio 2023, le mance sono soggette a un’imposta forfettaria del 5%, applicabile per una quota non superiore al 25% del reddito annuale del lavoratore. La ministra del Turismo Daniela Santanché ha dichiarato: “È un segnale piccolo, ma fa capire che chi svolge il proprio lavoro bene e con merito, questo governo lo vuole premiare e aiutare, non certo punire”. Il contratto nazionale del lavoro prevede però il divieto di accettare mance.

Un ulteriore paradosso riguarda la gestione delle mance in contanti. Se da un lato la nuova normativa cerca di regolarizzarle, lo stesso testo ha eliminato l’obbligo di accettare carte di credito per pagamenti sotto i 30 euro, incentivando di fatto l’uso del contante e rendendo ancora più difficile il monitoraggio delle mance.

La mancia è più gradita in contanti anche nell'era delle carte

A complicare ulteriormente la situazione è il lento ma inesorabile declino del contante. Matteo Tranchida, cofondatore e CEO di TackPay, una startup fintech che digitalizza il sistema delle mance nel settore Ho.Re.Ca., sottolinea come lasciare una mancia con carta di credito spesso non è conveniente per le aziende: “Le mance vengono divise secondo alcune logiche e capita che un membro dello staff non abbia tempo o non sappia come fare, e le mance vadano perse”. In questi casi il denaro finisce mescolato con gli altri incassi aziendali, senza la certezza che venga redistribuito correttamente tra i dipendenti.

Per provare a risolvere questo problema, TackPay ha introdotto un sistema basato su QR code collegati a “barattoli delle mance” virtuali, accessibile solo ai lavoratori dell’area in cui il codice è posizionato.

Oltre alle questioni tecniche, esiste anche un problema di trasparenza e correttezza. Shkumbin Karpuzi, titolare di quattro locali a Trento e provincia, racconta: “In tanti posti in cui ho lavorato, le mance si dividevano con il datore di lavoro. Io come titolare non mi permetterei mai di farlo: anche nel caso in cui il 90% del lavoro l’avessi fatto io, credo che le mance non spettino al datore di lavoro”.

Dalla mancia al salario minimo

Tranchida aggiunge che, nei locali dove è stato adottato un sistema di gestione digitale delle mance, si è registrato un effetto positivo sulla fidelizzazione del personale: “Vista la situazione dell’Ho.Re.Ca., in cui è sempre più difficile trovare personale che inizi la stagione e la finisca, questo sistema permette ai lavoratori di guadagnare di più ed è un ottimo strumento per incentivare la loro permanenza”.

Tutto questo si inserisce in un dibattito più ampio: quello del salario minimo. In molti Paesi le mance rappresentano un’integrazione essenziale a stipendi base spesso molto bassi, ma in Italia il problema è ancora più evidente, dato che non esiste un salario minimo legale fissato per legge.

Che si sia d’accordo con la cultura della mancia o meno, la sua regolamentazione avrebbe di sicuro un impatto positivo sulle condizioni dei lavoratori del settore. Per ora, dopo anni di discussioni, la situazione è rimasta la stessa: il dipendente che allunga la mano nel barattolo, il gestore che rifiuta le mance con carta o che, quando le accetta, se le intasca. Il risultato? Poche banconote da 5 euro stropicciate nelle tasche dei pantaloni da lavoro.

 

 

 

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Photo credits: irlandaperitaliani.it

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