“Una sola offerta di lavoro in cinque anni”: come funzionano i Centri per l’Impiego

Formazione superficiale, operatori che cambiano di continuo, burocrazia farraginosa; talvolta perfino aziende che ghostano i candidati. Le cause dell’inefficienza dei CPI raccontate da chi li ha vissuti per anni: “Ai corsi tutti dicevano di essere lì solo per ricevere i soldi”

28.05.2025
Uno dei Centri per l'Impiego di Firenze ignorato dai passanti, sotto la pioggia

Circa sette italiani su dieci sanno che oggi si lavora di più. Ma quattro su dieci notano che spesso il lavoro è meno pagato, più precario o meno tutelato: un aumento del tasso d’occupazione non basta se non è di qualità. A dicembre la ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha presentato la piattaforma informatica SIISL, che avrebbe l’obiettivo di rendere più accessibile ai lavoratori l’accesso a offerte di lavoro e corsi di formazione. Il sistema funziona grazie all’intelligenza artificiale: collega i cv con gli annunci delle aziende in base alle competenze. Incrocia domanda e offerta; quello che dovrebbero fare i Centri per l’Impiego (CPI), che restano un costo per i cittadini italiani, una volta tramontato ciò che il governo Conte aveva tentato di fare con i navigator.

“Dal 18 dicembre il SIISL, il Sistema per l’Inclusione Sociale e Lavorativa, va a casa delle persone” aveva detto Calderone. Il governo Meloni da tempo vanta i risultati ottenuti sul tasso di occupazione, che a marzo 2025 era stabile al 63% dopo mesi di aumenti, ma manca di ricordare agli italiani che, di pari passo, cresce anche il numero degli inattivi, persone che non cercano attivamente un impiego o che non sono più nella forza lavoro: pensionati, studenti o persone scoraggiate.

Che cosa sta succedendo in Italia? La popolazione sta invecchiando, chi trova un lavoro spesso lo fa in condizioni di precarietà e con stipendi che non soddisfano. In più, l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro avviene con fatica.

Queste motivazioni già basterebbero per spiegare perché una piattaforma basata sull’intelligenza artificiale non basta. A confermarci la complessità della ricerca del lavoro sono stati anche due ragazzi, che ci hanno raccontato la loro esperienza con i Centri per l’Impiego.

"I corsi del programma GOL? Sommari e superficiali. Tutti dicevano di essere lì solo per ricevere i soldi."
Luca, "occupabile" iscritto al CPI di Magenta

Dentro i Centri per l’Impiego: gli operatori che cambiano di continuo, ma la burocrazia resta

“Sono iscritto alle categorie protette per un’invalidità del 75% e da cinque anni sono registrato al CPI, in cerca di un’opportunità” dice Luca, un ragazzo di 29 anni di Magenta, in provincia di Milano. Quella dei CPI è ancora una realtà dove bisogna firmare serie di carte, documenti da presentare e rinnovare, ping pong e sbattimenti da una parte all’altra. È l’impressione di tanti disoccupati che si sono rivolti a queste strutture in tutta l’Italia: gli operatori, seppur gentili e disponibili, vengono spesso trasferiti. E via di nuovo con altri documenti da compilare, colloqui da rifare e ulteriori attese.

"L'azienda che avrebbe dovuto formarmi non mi ha mai inviato nessun contatto e da lì ho provato a scrivergli in tutti i modi: nessuna risposta. Il CPI non ne ha trovata nessun’altra (...)."
Giosuè, "occupabile" iscritto al CPI di Guidonia

Luca ci conferma che ciclicamente gli operatori vengono sostituiti. Tutto ciò rallenta la ricerca del lavoro, rendendola stressante e scoraggiante. Infatti online non mancano gli sfoghi di chi è in cerca di lavoro.

“Il programma GOL? Una procedura che si ripete ogni anno o due, quando cambiano gli operatori” prosegue Luca. “È un continuo compilare da capo i documenti, e quindi le varie attitudini: il lavoro che mi piacerebbe fare, i miei requisiti, le mie competenze. È una trafila abbastanza lunga”.

In cinque anni gli è stata proposta una sola offerta di lavoro. Nel 2022, con il progetto Rete, ha fatto un tirocinio in una libreria di Magenta, esperienza interessante, ma durata qualche mese. Da lì in poi soltanto corsi di formazione retribuiti: informatica, inglese etc. Un paio di mesi, anche lì. Il livello dei corsi fatti? Elementare. “Per lo più si è trattato di cose che già conoscevo: tabelle, fogli di calcolo. C’erano tante persone molto in là con gli anni che avevano bisogno di un’infarinatura basica per connettersi a internet, o per creare delle cartelle sul desktop”.

“Corsi sommari e superficiali. E tutti dicevano di essere lì solo per i soldi”

Nel 2025 le competenze digitali aumentano, e i sistemi pubblici faticano a stare al passo. L’alfabetizzazione digitale non basta più. È il rapporto Excelsior Unioncamere, sulla cui attendibilità ci sarebbe parecchio da opinare, a evidenziare la necessità di investire sulla formazione dei lavoratori all’utilizzo dell’IA e dei big data: questa esigenza rappresenterebbe la priorità del 42% delle aziende intervistate nei prossimi cinque anni. I programmi ministeriali rispondono con corsi di dubbia utilità, che possono appena scalfire la superficie di uno dei più grandi problemi di buona parte degli “occupabili”: una mancanza di formazione che non può essere sanata da corsi di questo tipo.

Anche sulla qualità di quei corsi ci sarebbe da ridire, secondo Luca. “Quelli che organizza la Regione sono sommari e superficiali” rincara. “L’ultimo che ho frequentato è stato esemplare: l’insegnante che arriva con tre quarti d’ora di ritardo, i ragazzi che dormono, stanno al telefono o fumano in classe. Tutti dicevano di essere lì solo per ricevere i soldi”.

Ma è l’assenza di continuità e di comunicazione che diventa respingente, a lungo andare. La psicologa incaricata di seguirlo è stata trasferita da un momento all’altro, Luca se ne è accorto soltanto quando una mail gli è tornata indietro con la scritta “questo indirizzo non è più disponibile”. Tutto questo processo è stressante: ogni volta che cambia l’operatore bisogna presentarsi di nuovo al suo sostituto e metterlo al corrente della situazione clinica. “Che senso ha continuare così?”.

Dulcis in fundo, al CPI di Magenta gli fanno presente che esiste il fondo per il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL): un’indennità di 500 euro mensili circa per chi partecipa alle “attività per l’attivazione nel mondo del lavoro”. Peccato che quel fondo sia inaccessibile per Luca, perché è destinato a chi ha un ISEE famigliare di massimo 10.140 euro annui. “Come si fa a non raggiungerli? Bisognerebbe davvero vivere per strada per rientrare in quella cifra”.

L’azienda ghosta il candidato. E alla fine sparisce anche il CPI

Anche Giosuè, un ragazzo di 27 anni di Guidonia, ammette che i problemi si trovano nella gestione dei CPI. Dopo aver fatto un test per il programma GOL, nel 2023, è stato indirizzato verso un’azienda per iniziare la formazione. Sarebbe stato bello, se fosse stato vero: la società non si è mai fatta viva.

Non mi ha mai inviato nessun contatto e da lì ho provato a scrivergli in tutti i modi: PEC, mail, numeri e anche contatti di vecchi dipendenti che risultavano ancora disponibili nei canali ufficiali” racconta. Li ha contattati persino sui profili social: anche lì, niente. Ha passato un mese a contattare l’azienda invano; ci ha provato anche il CPI di Guidonia. Niente da fare, Giosuè quel corso non lo ha mai fatto.

Il CPI non mi ha trovato nessun’altra azienda e non mi è stato offerto nessun altro percorso GOL da fare. È da un anno, un mese e quattro giorni che non ho più contatti con loro”.

 

 

 

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Photo credits: italiahello.it

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