L’elettrodomestico non lava via la crisi: dopo Candy tocca a Beko

Il settore vive di un mercato complesso, di sostituzione, che non si è mai ripreso dal COVID e dall’ingresso delle multinazionali. E la turca Beko, che chiuderà nel 2025, ha inserito nel suo piano industriale per l’Italia 1.935 licenziamenti su 5.000 dipendenti. Ne parliamo con Alberto Larghi, coordinatore per l’elettrodomestico della FIOM

31.01.2025
Crisi dell'elettrodomestico: i lavoratori dello stabilimento Beko di Siena durante una manifestazione

Nel mondo ipertecnologizzato che discute di intelligenza artificiale, qualcuno ha “spento” gli elettrodomestici. O almeno non li compra più, non in Italia; o forse si vendono ancora, ma nessuno li produce in Italia. Altrimenti non si spiega perché il 2025 sarà l’anno in cui si bruceranno più di 2.000 posti di lavoro nel settore, che un tempo fu simbolo del boom economico.

Il 2023 è stato l’anno nero per le vendite degli elettrodomestici. Il 2024 è stato l’anno della ripresa, ma il 2025 rischia di essere quello dei licenziamenti e delle crisi aziendali, che colpiscono a macchia tutta Italia. L’ultima in ordine di tempo è la ex Candy, l’azienda che portò le lavatrici in Italia, di proprietà della multinazionale Haier, che ha chiuso con 50 esuberi il sito di Brugherio, dove sorgerà un hub logistico. Già l’anno scorso l’azienda cinese aveva annunciato di voler cessare la produzione di lavatrici, e con la chiusura dello stabilimento della Brianza non sarà più presente in Europa. Se ne va così un altro marchio italiano, il cui nome era associato alla produzione di lavatrici.

Anche perché la Candy della famiglia Fumagalli fu la prima a produrre in Italia, alla fine degli anni Cinquanta, dando il via a una crescita che l’avrebbe portata a diventare un’azienda conosciuta in tutto il mondo e, nel 2018, a trasformarsi in una multinazionale. Già nel 2024 si erano visti segnali di crisi, al punto che si era parlato di una chiusura fissata al 30 giugno, ma i tempi sono stati più brevi, e al 29 gennaio i titoli di coda sono passati sulla storia dello stabilimento di Brugherio.

Il 2025 porta crisi all’elettrodomestico: dopo Candy, Beko

Candy non rischia di essere l’unica realtà del mondo degli elettrodomestici a chiudere i battenti. L’altro grande nome è quello di Beko, la cui chiusura è annunciata nel 2025. La multinazionale turca produce forni e piani di cottura, ma il 20 novembre scorso ha presentato un piano industriale che prevede l’eliminazione di 1.935 posti di lavoro su 5.000 dipendenti in tutta Italia, per una percentuale che si aggira attorno al 40%.

Dovrebbero venire chiusi gli stabilimenti di Comunanza, in provincia di Ascoli Piceno, dove si producono lavatrici; di Siena, dove si assemblano congelatori; e verrà ridimensionato in maniera consistente quello di Cassinetta, in provincia di Varese, dove vengono prodotti frigoriferi, forni a incasso e microonde. Il sito che si trova nelle Marche sarà chiuso, e tra gli operai sono previsti 66 esuberi. Verrà chiuso anche il settore ricerca e sviluppo, dove lavorano in 300 tra designer e progettisti.

Insomma, si sta parlando di un forte ridimensionamento della società, che per il 75% è di proprietà della multinazionale turca Arçelik e per il 25% dell’americana Whirlpool. Nell’ultimo tavolo i sindacati hanno chiesto di non licenziare e di impostare una trattativa che garantisca la continuità produttiva dei siti, oltre che di dare la possibilità, ai lavoratori che possono farlo, di uscire dal lavoro nel giro di quattro o cinque anni, senza smettere di produrre in Italia. La risposta potrebbe arrivare l’8 febbraio, giorno della prossima riunione al ministero del Lavoro.

Già in passato Whirlpool aveva iniziato ad allontanarsi dall’Europa. La società Tea Tek, infatti, è subentrata a Whirlpool a Napoli, ma non per mantenere una fabbrica che produce elettrodomestici, bensì un sito di pannelli solari. Insomma: salva la produzione, ma non riguarda più gli elettrodomestici.

L’Europa salva Electrolux

Non c’è stato nessun licenziamento alla Electrolux, la multinazionale svedese dell’elettrodomestico, che in Italia produce a Porcia (lavatrici e lavasciuga), Susegana (frigoriferi e congelatori), Solaro (lavastoviglie), Forlì (forni e piani cottura) e Cerreto d’Esi (cappe da cucina). A Solaro, in Brianza, sono stati rinviati i contratti di solidarietà per 644 lavoratori. Intanto sono arrivati 200 milioni dalla Banca Europea per gli Investimenti come contributo, con l’obiettivo di agevolare la svolta green.

La crisi di Electrolux affonda le radici nelle difficoltà che caratterizzano il settore, tanto che è finita sul tavolo delle crisi aziendali del Mimit nel 2024.

“Negli ultimi due anni – si legge nel report del Mimit – la società ha perso quote di mercato e di volumi. (…) Le organizzazioni sindacali hanno espresso preoccupazione per il calo dei volumi di produzione in alcuni stabilimenti, evidenziando inoltre problemi di gestione tecnologica in alcuni di essi. Hanno poi chiesto all’azienda di incrementare la produzione in Italia con l’obiettivo di scongiurare il rischio licenziamenti. Hanno invocato il supporto delle Istituzioni affinché venga salvaguardato il settore elettrodomestico con incentivi mirati a premiare aziende che producono in Italia. Hanno poi chiesto ulteriori occasioni di confronto con l’azienda sullo sviluppo del piano industriale e sulla riorganizzazione in atto.”

I primi squilli della crisi dell’elettrodomestico

Le avvisaglie della crisi di settore arrivarono nel 2022 quando chiuse il sito Embraco di Riva, presso Chieri, con la perdita del lavoro per 377 uomini e donne; ma il 2022 è stato anche l’anno della chiusura della Whirlpool, storica azienda con sede a Napoli, che è stata riconvertita.

Secondo i dati forniti da Applia, associazione di categoria dei produttori di elettrodomestici, il 2023 ha registrato un dato negativo sulle vendite (-1,8%) con una crescita dell’1,4% sul valore, seppure inferiore al tasso di inflazione (+4,1%), con una produzione in calo del 16,4%, che fa seguito al -18% dell’anno precedente, in linea con i mercati europei. In quest’ottica il nodo dolente è rappresentato da una flessione dell’export (-23,3%). A fare da traino ancora le lavatrici e i forni con funzione vapore.

Secondo i dati forniti dall’Osservatorio Findomestic, il 2024 ha avuto tutt’altro segno, con una leggera crescita dei fatturati (+0,6%). “Dopo una prima parte dell’anno in calo, la domanda di grandi elettrodomestici ha recuperato un trend di crescita a partire da luglio, consentendo a consuntivo dei primi nove mesi del 2024 un incremento dei volumi dell’1.3%”. (…) Dopo il calo del 2023, nel 2024 le vendite dei piccoli elettrodomestici hanno recuperato un trend di crescita, con un passo che ha mostrato un progressivo rafforzamento in corso d’anno, portando a consuntivo dei primi nove mesi del 2024 ad un incremento di circa il 6% in valore. Tale evoluzione è imputabile soprattutto alla dinamica dei volumi di vendita, in marcata ripresa dai primi mesi del 2024, a fronte di una decelerazione dei prezzi che segnala il rientro delle tensioni inflative sugli input produttivi. Nei mesi finali del 2024 si attende un ulteriore rafforzamento del valore delle vendite che in media d’anno porterà il mercato dei piccoli elettrodomestici a collocarsi su livelli di poco prossimi ai 2.1 miliardi di euro, in crescita del 6.5% rispetto al 2023”.

Alla radice della crisi: l’impennata del COVID, poi l’abisso

I problemi del settore dell’elettrodomestico in Italia affondano le radici nel passato. A spiegarlo è Alberto Larghi, coordinatore dell’elettrodomestico della FIOM.

“Il settore è in crisi dal periodo COVID fino a oggi. C’è stata una caduta in termini di volumi prodotti intorno al 20%. Durante il COVID-19 c’è stata un’impennata di vendite (è il periodo in cui ci sono state più vendite negli ultimi vent’anni) che ha portato al picco di 100 milioni di elettrodomestici prodotti nell’UE, e poi tra il 2023 e il 2024 è arrivato il picco negativo, che ha penalizzato tutti i produttori europei. Per questo c’è stato un calo nelle vendite, perché il nostro è un mercato di sostituzione: la gente compra gli elettrodomestici quando li cambia. Anche le nuove costruzioni hanno un trend che si abbassa, dovuto a minori richieste perché ci sono meno famiglie e nuove abitazioni”.

Questi sbalzi hanno modificato la geografia delle imprese del settore. “Già prima avevamo attraversato crisi importanti con le multinazionali che si sono prese quote importanti di mercato. In questo periodo c’è una concorrenza di altri fattori che creano problemi a chi lavora nell’Europa e fatica a produrre elettrodomestici a prezzi concorrenziali, soprattutto con l’estremo Oriente, che può offrire prezzi più bassi. In questa dinamica in Italia ci sono ancora stabilimenti in numero significativo, ma c’è una forte riduzione di lavoratori nel settore”.

 

 

 

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Photo credits: gazzettadisiena.it

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