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Ex Whirlpool Napoli: che nessuno gridi al miracolo
I 312 ex operai Whirlpool di Napoli hanno di nuovo un lavoro: accettata l’offerta di acquisizione di Tea Tek, la produzione sarà riconvertita sui pannelli fotovoltaici. Una conclusione storica a una lotta di importanza cruciale
È la sera del 26 aprile, sono in macchina.
Mentre dalla redazione stiamo per mandare in stampa il numero cartaceo di maggio in cui pubblicheremo l’Osservatorio 2023 sulle crisi aziendali italiane, mi arriva un messaggio da Massimiliano Quintavalle, ex responsabile di reparto nella produzione di lavatrici alla ex Whirlpool di Napoli, la vertenza che da quattro anni tiene appesi 312 operai. Leggo e capisco che va fermata immediatamente la stampa: bisogna aggiornare, mi batte forte il cuore per loro.
Ci siamo conosciuti e visti diverse volte con Massimiliano in questi mesi. Mi ha tenuta informata su tutto, l’8 marzo l’ho trascorso con loro in fabbrica, tutta la mattina tra operai e sindacati. Il 20 marzo scadeva il bando speciale della Regione Campania per l’area ZES di Via Argine 310 e per tentare l’ultima chiamata a potenziali nuovi investitori. A fine aprile era prevista l’apertura delle buste, che nel frattempo erano arrivate. Fino a ieri si sapeva solo che erano state due le offerte pervenute.
Mi scrive che è emozionato e confuso, è incredulo e stordito. Mi gira il link della notizia: Tea Tek è il nuovo nome con cui dovranno prendere confidenza d’ora in poi.
Impresa nata una quindicina di anni fa in Campania – struttura aziendale giovane, 950 i dipendenti attivi, Granisso è il nome dei fratelli che la gestiscono, il campo di azione è a cavallo tra energie alternative e impianti industriali – sembra già che faccia tirare aria nuova in Via Argine 310, per quanto l’assegnazione del bando abbia appena poche ore.
Napoli, ora Whirlpool è davvero ex: le reazioni
Le prime dichiarazioni a caldo sono proprio del commissario Giosy Romano, che meritatamente mette i puntini sulle i sia per rimarcare che sono stati rispettati tutti i tempi delle procedure di bando e sia per dire all’Italia intera – e, aggiungerei, alle multinazionali tutte – che il lavoro va difeso, soprattutto quando finisce incustodito tra le mani dei grandi gruppi che sbattono solo economie e profitti in faccia alle persone: “Il nostro primo impegno, fin dal primo giorno, è stato garantire e tutelare la produzione e i lavoratori”.
Anche i sindacati prendono la parola, e la prendono insieme.
Walter Rizzetto, Presidente della Commissione Lavoro della Camera, dirama una nota che parla di lavoro sinergico tra ministero e territorio, ma a colpire è la frase finale: “Si conclude bene una vicenda simbolo del nostro Paese”. Ricordiamocela questa frase, perché la battaglia degli ex operai Whirlpool passerà per forza alla storia, deve passarci per il bene di tutti. Per questo non sbaglia affatto a sottolinearlo, Rizzetto.
Quintavalle è il più sincero, perché i politici esultano facile, ma le ferite addosso ce le hanno loro, gli operai. “Dopo quattro anni contro tutto e tutti, una svolta simile ha bisogno di essere metabolizzata con calma. Provo un insieme di sensazioni”. Hanno provato di tutto: l’indifferenza degli altri, la tenacia individuale degli operai e collettiva della fabbrica, il senso di responsabilità nel resistere e l’apparente incoscienza nel lottare contro i colossi invisibili, la paura di non farcela, le famiglie alle spalle a cui dover spiegare il perché senza sapere fino a quando, i cortei a volte solitari e altre volte pieni, i quattro anni senza lavoro pur di tenere fede alla battaglia, il rifiuto di offerte di lavoro sicuro al Nord, le tante rinunce, le speranze tradite dalla politica che adesso cerca un posto – anche scomodo, purché si salga oggi sul carro dei tg e della stampa – per dire che è stato merito suo.
Tea Tek ha vinto il bando che era stato aperto dalla Regione come ultima possibilità per reindustrializzare e voltare pagina. Ha vinto con l’impegno di riconvertire la produzione nel fotovoltaico e assumere tutti gli operai. Ha vinto perché ha persino garantito l’assunzione di altre 28 persone, rigorosamente donne, tutte under 40, la maggior parte con contratto a tempo indeterminato. Ha vinto perché questa battaglia doveva finire così. E poteva finire così solo a Napoli, con la tenacia di chi vuole lavorare.
Nessun miracolo alla San Gennaro, stavolta: guai a chi lo dice.
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