Si tratta di due aspetti non banali, innanzitutto per il numero di influencer effettivamente coinvolti. In base alla classificazione più diffusa, si parte da essere considerati “nano influencer” con un numero minimo di mille follower. Seguono poi micro-influencer; mid-tier influencer; macro-influencer; mega-influencer e le cosiddette “celebrity”.
Riprendendo i dati di influenceritalia, piattaforma che monitora in tempo reale i “numeri” degli influencer italiani sui principali social network, sono ad esempio 389 gli influencer con un numero di follower pari o superiore a un milione su Instagram, mentre sono 210 su TikTok. Non disponibili i dati per Facebook. In gran parte si parla di personalità del mondo dello spettacolo e dello sport, presenti nella maggior parte dei casi nelle classifiche di tutte e tre le piattaforme.
Stiamo dunque parlando di circa 600 influencer interessati dalla disposizione AGCOM, al lordo delle sovrapposizioni sui vari social e a fronte di un mercato di circa 350.000. L’impressione che si tratti della classica goccia nell’oceano è dunque più che legittima. Va detto poi che ogni piattaforma ha una sua metodologia di calcolo dell’engagement rate, che di fatto rappresenta una delle metriche più importanti per misurare l’interazione dei contenuti pubblicati online.
C’è inoltre da capire quale sia la novità rispetto al passato per ciò che riguarda la “scritta che evidenzi la natura pubblicitaria del contenuto”, considerando che l’obbligo della dicitura #adv o simili nei post con contenuti finalizzati alla vendita di un prodotto è stato introdotto nel 2016 con il regolamento Digital Chart, varato dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP).
Finora, la differenza più marcata sta nelle sanzioni comminate dalle nuove Linee guida dell’AGCOM: per chi non rispetta queste indicazioni sono previste sanzioni da 30.000 fino a 600.000 euro, nel caso in cui il contenuto pubblicato dovesse implicare tematiche relative alla tutela dei minori.