Anche Salvini ha un passato assenteista. Come misurare la produttività dei politici? Ci pensa Open Polis

Matteo Salvini, attuale vicepremier, Ministro dell’Interno, senatore e consigliere comunale a Milano, nel periodo tra il 7 luglio 2016 ed il 31 maggio 2018, ha preso parte soltanto al 3,44% delle votazioni, in consiglio comunale a Milano: 43 volte su un totale di 1249. Nelle 144 riunioni del consiglio di Milano, è risultato presente 29 […]

Matteo Salvini, attuale vicepremier, Ministro dell’Interno, senatore e consigliere comunale a Milano, nel periodo tra il 7 luglio 2016 ed il 31 maggio 2018, ha preso parte soltanto al 3,44% delle votazioni, in consiglio comunale a Milano: 43 volte su un totale di 1249. Nelle 144 riunioni del consiglio di Milano, è risultato presente 29 volte su 144, pari al 20,14%. Un altro consigliere comunale di Milano, Stefano Parisi, candidatosi sindaco a Milano e consigliere regionale nel Lazio, ricopre in contemporanea la carica di consigliere comunale nella città lombarda e con grande disinvoltura il ruolo di consigliere regionale in Lazio.

Open Polis, l’osservatore del Parlamento

Sono due delle situazioni evidenziate dal Caricometro, il report di Open Polis sul cumulo di incarichi incompatibili per i parlamentari italiani. A raccontare da dietro le quinte il lavoro dell’osservatorio civico sulla politica italiana, che ha trasformato quanto accade nelle aule parlamentari in dati e pubblicazioni liberamente consultabili da parte dell’opinione pubblica, è il responsabile dei contenuti della piattaforma, Vincenzo Smaldore.

«Da almeno trent’anni in Italia si dibatte di crisi del sistema politico, nello specifico di crisi della rappresentanza, dovuta a un divario crescente tra politici e cittadini elettori – spiega Smaldore – la partecipazione politica dei cittadini da quarant’anni è andata a diminuire, meno cittadini si iscrivono ai partiti e meno votano. La trasparenza, l’accesso e la diffusione delle informazioni, crediamo possa essere un modo per colmare questo divario. La trasparenza deve diventare un metodo, una pratica quotidiana della politica, che consente di avere cittadini informati e che possano partecipare; dall’altro canto i politici  devono rendicontare quello che fanno».

Contro la sfiducia e la disinformazione, e per capire quanto il parlamentare eletto con il voto personale possa davvero incidere, si deve evitare la trappola dell’antipolitica. «L’antipolitica incombe, è generalizzazione, si dice che politici non fanno niente, rubano, pensano ai fatti loro. Ecco che invece il politico che fa rendicontazione, spiega quello che sta facendo e lo motiva, ha la possibilità di differenziarsi rispetto agli altri. Ecco che la trasparenza può diventare una buona pratica che fa fare a tutti quanti un salto di qualità», prosegue Smaldore. «Il nostro osservatorio civico indipendente con i dati analizza la politica. Prendiamo dati pubblici, li processiamo, li analizziamo, creiamo strumenti aperti e gratuiti per i cittadini, che possano visualizzarli; creiamo indicatori che possano creare e fare sintesi».

Valutare la resa dei politici? Si può

Tra questi strumenti c’è Open Parlamento, che permette di monitorare quanto accade a Montecitorio e Palazzo Madama. Tra gli indicatori più noti di Open Polis c’è l’indice di produttività. «L’obiettivo di questo indicatore è quello di cercare di restituire quanto accade in Parlamento, in termini di peso, equilibri ed efficacia, ma è anche quello di monitorare la produzione del sistema politica. Durante la legislatura parlamentare vengono presentati centinaia di migliaia di atti, la maggior parte con scopo di posizionamento per mettersi in relazione con il gruppo di riferimento. Sono atti il cui iter non inizierà mai, che resteranno nei cassetti delle aule parlamentari – sottolinea il referente Open Polis – un parlamentare che presenta una proposta di legge prende un punteggio molto basso. Ogni avanzamento nell’iter parlamentare consente di assegnare ulteriori punti; questo ha consentito non solo di fare una classifica di quali politici siano più produttivi in Parlamento, ma soprattutto ci ha consentito di fare un’analisi di sistema».

La presentazione di proposte di legge nella quale si sostanzia l’attività parlamentare non è però sufficiente per spiegare la qualità di quanto avviene realmente nelle aule parlamentari. «Da questa analisi è emerso che il nostro Parlamento, per come funziona, è un’oligarchia in cui a dare le carte sono meno di cento persone. Il parlamentare per essere incisivo deve avere un ruolo importante, essere presidente di commissione o capogruppo. È un funzionamento malato del Parlamento: si va a scoraggiare e rendere impossibile il lavoro del singolo parlamentare. Si ragiona in una logica di appartenenza a un cerchio ristretto, vi è uno scadimento della figura del parlamentare. Cito un’espressione coniata negli ultimi anni un po’ in senso dispregiativo, i peones, quelli che non contano niente; bene, ci sono parlamentari che si riconoscono in questa affermazione, cioè si rendono conto che soprattutto quando si è parlamentare di maggioranza e non si è cooptati dal governo, il loro ruolo fondamentale si riduce a garantire la presenza in aula, e a votare», sottolinea Smaldore.

Decreti legge, leggi delega, voti di fiducia

In questi ultimi anni si è rivelato un nuovo trend: nell’ultima legislatura sono stati settanta i parlamentari che, probabilmente per questo motivo, si sono dimessi dalla carica, e Open Polis lo rileva come fenomeno in crescita. Non solo sono pochi i parlamentari che contano: per fare le leggi è il Governo che nella maggior parte dei casi forza la mano.

«Numeri alla mano è difficile immaginare oggi l’Italia come una democrazia parlamentare. Stiamo sperimentando a tutti gli effetti una forma di premierato all’italiana, un ibrido, che è destinato a creare malfunzionamento nelle istituzioni. Abbiamo un disallineamento profondo tra ciò che le norme prevedono per il funzionamento delle istituzioni e quello che avviene realmente», denuncia Smaldore.

«Un’altissima percentuale di leggi è fatta dal Governo, attraverso una serie di misure, decreti legge e leggi delega, disciplinate in modo chiaro da Costituzione. Il primo dovrebbe essere fatto in emergenza; nella scorsa legislatura solo il 20% rispondeva a caratteri emergenziali. L’80% è un uso improprio, perché si procede con l’attuazione del programma di Governo. Le leggi delega, in cui il parlamento dovrebbe definire il quadro entro cui si deve muovere il Governo, sono formulate in modo generale, per lasciare margini di manovra. Di frequente si usa il voto di fiducia, in cui viene di fatto annullato il lavoro fatto nelle commissioni parlamentari. Quando il testo da votare arriva in aula, il Governo presenta un maxi emendamento che cambia tutto quanto, chiede la fiducia, quindi vengono ricompattati i ranghi della maggioranza: dunque il lavoro nelle commissioni viene cancellato. Si registra un forte aumento del voto di fiducia, il Governo non riesce a farne a meno, anche su materie di competenza del Parlamento».

Smaldore ricorda che durante il suo discorso di insediamento l’allora premier Paolo Gentiloni disse che il Governo non si sarebbe occupato della legge elettorale. Un anno dopo viene approvato il Rosatellum bis, su cui è stato richiesto il voto di fiducia. Il risultato è un funzionamento anomalo dello snodo centrale dove si dovrebbero formare le leggi: «Il Parlamento perde centralità, non si capisce che ruolo debba avere. Questa è una situazione pericolosa, perché la nostra è una repubblica parlamentare, in cui c’è un sistema di rappresentanza, un parlamentare deve essere in grado di lavorare, creare delle storture che non funzionano è qualcosa che non va bene».

Il bisogno di trasparenza

Gli indicatori attraverso cui valutare l’attività del singolo eletto ed effettuare analisi di sistema sono la presenza, il voto di atti, l’atteggiamento rispetto al governo, la permanenza o la migrazione verso altri gruppi parlamentari. «Nella scorsa legislatura lanciammo una campagna, Parlamento casa di vetro, in cui chiedevamo di inserire nelle commissioni il voto elettronico che già funziona per l’aula, che ci consente di sapere chi sia assente e chi presente. Quando il parlamentare vota sappiamo come ha votato, due informazioni fondamentali, perché non c’è trasparenza su quanto accade nelle commissioni parlamentari», specifica Smaldore.

«Il Governo è scarsissimo sulla trasparenza. C’è un tema fondamentale su cui abbiamo pochissimi dati, l’attuazione delle leggi, per capire come le misure contenute nelle leggi approvate diventano operative. In un caso su tre servono decreti attuativi». È un aspetto fondamentale, avere dei dati per comprendere quanto le promesse e i programmi elettorali diventino azioni politiche concrete.

«Il monitoraggio dell’attuazione delle leggi è una conquista molto recente: solo dal governo Monti in poi sono stati rilasciati dei report che ci informano sull’andamento dell’attuazione, poi però ogni Governo decide da solo cosa fare. Il Governo Conte ha la delega all’attuazione nelle mani del sottosegretario Giorgetti, che come primo atto ha chiuso il sito dell’attuazione delle leggi», continua l’analista politico. «Il concetto di democrazia evolve con la società. Il nuovo concetto che deve entrare nella definizione fondante di democrazia è la trasparenza. Un sistema trasparente è democratico, un sistema che non è trasparente scivola via dal piano della democrazia. Tenendo presente questo, si possono invertire alcune tendenze e rigenerare la politica italiana, altrimenti trend come il disamore, la sfiducia e l’astensionismo ci porteranno in scenari sempre più lontani».

Combattere i paradossi della politica

Un antidoto alla deriva dell’antipolitica è quello di evidenziare pratiche negative: «Ad alcuni parametri che fino a sei anni fa erano giudicati pessimi, come assenteismo, trasformismo e accumulo incarichi, ora sembra che ci siamo abituati. Su questi temi attuaiamo un monitoraggio permanente. Il tema del cambio di gruppo parlamentare era stato derubricato. Riguardo al cumulo degli incarichi, alcuni sono incompatibili. Abbiamo in questo momento parlamentari che portano avanti un doppio incarico: questo è inaccettabile

«Mettono in atto escamotage per procrastinare il momento in cui dovranno scegliere – afferma Smaldore – un componente del Governo secondo la legge non può essere consigliere comunale. Nessuno ha posto il tema del vicepremier Salvini, che ricopre quattro incarichi: Ministro degli Interni, senatore e consigliere comunale, e in consiglio a Milano ha votato soltanto il 3% delle volte, assente il 97% delle volte, in un incarico che per legge non potrebbe mantenere perché è al Governo. I dati vanno messi a disposizione per contribuire a uno scatto in avanti della politica, evidenziando le buone pratiche e quelle negative. Una persona non può essere ovunque, a meno che non abbia il dono dell’ubiquità».

Il Caricometro ha portato alla luce una situazione paradossale, che al momento non è regolata da nessuna legge, come spiega Smaldore: «Stefano Parisi guida il centrodestra in consiglio comunale a Milano e nella Regione Lazio, nel doppio ruolo di consigliere comunale e regionale. Questo è l’assurdo: nella stessa regione non sarebbe possibile per legge, ma la stessa situazione in due regioni diverse non è normata. Come fa una persona ad assolvere a un doppio impegno a Milano e nel Lazio? È una follia, non dovrebbe essere accettato dagli elettori. Cattive abitudini e pratiche negative vanno evidenziate. La componente reputazionale deve fare pressione sui partiti affinchè non possano verificarsi tali situazioni».

Non finisce qui. Open Polis sta mettendo a punto uno strumento che consenta di valutare partecipazioni in imprese e interessi economici dei politici. «In Italia il tema del conflitto di interessi non è stato mai affrontato come si deve, e ce lo portiamo dietro», conclude Smaldore.

 

Photo by Palazzo Chigi [CC BY-NC-ND 2.0] via Flickr

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