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JobPricing è la specializzazione di JobValue Human Capital Consulting dedicata alla consulenza aziendale in ambito Total Reward (costruzione e gestione delle politiche retributive, benchmarking, budgeting e cost-controlling). L’Osservatorio JobPricing, grazie alla propria attività di analisi e monitoraggio continuativo, rappresenta oggi un punto di riferimento consolidato nello studio delle dinamiche retributive: le sue pubblicazioni ne fanno oggi una fra le fonti dati più accreditate nel mercato italiano. 
Collabora con le maggiori testate giornalistiche, istituzioni accademiche e con numerosi esperti del settore.

JobPricing

JobPricing è la specializzazione di JobValue Human Capital Consulting dedicata alla consulenza aziendale in ambito Total Reward (costruzione e gestione delle politiche retributive, benchmarking, budgeting e cost-controlling). L’Osservatorio JobPricing, grazie alla propria attività di analisi e monitoraggio continuativo, rappresenta oggi un punto di riferimento consolidato nello studio delle dinamiche retributive: le sue pubblicazioni ne fanno oggi una fra le fonti dati più accreditate nel mercato italiano. Collabora con le maggiori testate giornalistiche, istituzioni accademiche e con numerosi esperti del settore.

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Quanto guadagnano gli italiani, e come? È ancora vero che il lavoro dà il pane? Gli scenari retributivi del Paese a confronto con il resto d'Europa.

Numero 109 - Stipendi d'Italia

<p><strong>Quanto si guadagna in Italia?</strong></p>
<p>Secondo gli ultimi dati dell’<a href="https://www.jobpricing.it/chi-siamo/losservatorio-jobpricing/" target="_blank" rel="noreferrer noopener nofollow">Osservatorio JobPricing</a>, che monitora i salari del settore privato, la <strong>retribuzione nazionale media annua del 2021</strong> è stata di <strong>29.995 euro </strong>(aggiornamento al primo semestre 2021. La retribuzione annua si riferisce alla retribuzione annua in Full-Time Equivalent, che comprende sia la quota fissa che quella variabile: si veda il <a href="https://www.jobpricing.it/blog/project/salary-outlook-seconda-edizione/" target="_blank" rel="noreferrer noopener nofollow">JP Salary Outlook Update 2021</a>). Essendo un dato medio non rappresenta precisamente tutti i lavoratori, e per definizione non rimarca le differenze. Ad esempio, un lavoratore uomo guadagna in media 31.205 euro, mentre una lavoratrice donna ne percepisce 28.121. Ciò significa che in un anno <strong>una donna guadagna l’11% in meno</strong> dello stipendio medio maschile.</p>
<p>Questa differenza dipende una molteplicità di cause, osservabili e non, tra cui una <strong>presenza marginale delle donne nei ruoli di vertice </strong>(i quali, appunto, sono più pagati) o tra le <strong>funzioni di staff</strong> delle aziende (solitamente meno retribuite), una penalizzazione nella crescita retributiva a seguito della <strong>maternità</strong> (anche a causa di assenza di congedi di paternità obbligatori) o, ancora, una maggiore diffusione del <strong>part-time</strong> tra le lavoratrici (spesso involontario). Se si considera la presenza del part-time, infatti, il pay gap di genere arriva al 17%, mentre scende al 3,8% se si considerano i salari del settore pubblico (Eurostat, 2019).</p>
<p>Le <strong>caratteristiche che determinano le differenze dei salari</strong> tra le persone si possono suddividere in due grandi gruppi: quelle strettamente <strong>legate all’individuo</strong> e quelle <strong>legate alle aziende</strong>.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-le-differenze-salariali-dovute-ai-lavoratori">Le differenze salariali dovute ai lavoratori</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Focalizzandosi sulle persone è possibile mostrare differenze salariali per diverse <strong>fasce d’età</strong> e per <strong>titolo di studio</strong>. Il salario cresce durante la carriera: a classe di età maggiore corrisponde una retribuzione media più alta (Tabella 1). Questa crescita è determinata dall’accumulo di esperienza, dalla crescita della propria professionalità e dalla copertura di ruoli sempre più specializzati e manageriali.</p>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p><em>Tabella 1. RGA 2021 media per classi di età e per livello di istruzione</em><em></em></p>
<figure class="wp-block-table">
<table>
<tbody>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td>&nbsp;</td>
<td><strong>RGA 2021</strong></td>
</tr>
<tr>
<td><em>Classe di età</em></td>
<td><em>&nbsp;</em></td>
<td>&nbsp;</td>
</tr>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td>15-24 anni</td>
<td>24.149 €</td>
</tr>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td>25-34 anni</td>
<td>26.466 €</td>
</tr>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td>35-44 anni</td>
<td>29.587 €</td>
</tr>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td>45-54 anni</td>
<td>32.012 €</td>
</tr>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td>Più di 55 anni</td>
<td>33.270 €</td>
</tr>
<tr>
<td><em>Livello di Istruzione</em></td>
<td><em>&nbsp;</em></td>
<td>&nbsp;</td>
</tr>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td>Non laureati</td>
<td>27.968 €</td>
</tr>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td>Laureati</td>
<td>41.316 €</td>
</tr>
</tbody>
</table><figcaption><em>Note: Elaborazioni Osservatorio JobPricing su dati JobPricing. I dati sono aggiornati ai primi sei mesi del 2021. RGA si riferisce alla Retribuzione Globale Annua, che considera sia la quota di retribuzione fissa che quella variabile, in FTE, che neutralizza le differenze orarie tra part-time e full-time. Per altri approfondimenti si veda il JP Salary Outlook Update 2021.</em></figcaption></figure>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Possedere un <strong>titolo di studio superiore al diploma</strong> produce un differenziale evidentemente significativo (Tabella 1) che si attesta a circa il 32% in più, in media. Anche in questo caso, il differenziale è legato al percorso di carriera che una persona riesce a compiere. Un titolo di studio maggiore garantisce l’acquisizione di competenze più ricercate, così da avere più probabilità di ricoprire dei ruoli più specializzati e dirigenziali, che sono di fatto più remunerativi.</p>
<p>È l’<strong>inquadramento contrattuale</strong>, infatti, il fattore che genera le differenze più ampie tra le retribuzioni dei lavoratori (Tabella 2), in quanto questo – in genere – è assegnato in base al tipo di ruolo che si ricopre nelle aziende. Il salario medio degli operai e quello degli impiegati differiscono di circa il 20%, ma più si sale verso i ruoli apicali più emerge la differenza: i quadri guadagnano quasi il 45% in più degli impiegati e i dirigenti circa il 48% in più dei quadri.</p>
<p>In altre parole, più un lavoratore diventa esperto e qualificato, più riesce a crescere professionalmente, più riesce ad accedere a ruoli manageriali. Dunque i <strong>differenziali salariali legati all’età e all’istruzione</strong> altro non sono che l’altra faccia della medaglia del differenziale legato allo <strong>sviluppo di carriera</strong>.</p>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p><em>Tabella 2. RGA 2021 media per inquadramento contrattuale</em></p>
<figure class="wp-block-table">
<table>
<tbody>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td><strong>RGA 2021</strong></td>
</tr>
<tr>
<td>Dirigenti</td>
<td>112.326 €</td>
</tr>
<tr>
<td>Quadri</td>
<td>57.444 €</td>
</tr>
<tr>
<td>Impiegati</td>
<td>31.477 €</td>
</tr>
<tr>
<td>Operai</td>
<td>25.118 €</td>
</tr>
</tbody>
</table><figcaption><em>Note: Elaborazioni Osservatorio JobPricing su dati JobPricing. I dati sono aggiornati ai primi sei mesi del 2021. RGA si riferisce alla Retribuzione Globale Annua, che considera sia la quota di retribuzione fissa che quella variabile, in FTE, che neutralizza le differenze orarie tra part-time e full-time. Per altri approfondimenti si veda il JP Salary Outlook Update 2021.</em></figcaption></figure>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-le-differenze-salariali-dovute-alle-aziende">Le differenze salariali dovute alle aziende</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Nel gruppo di fattori legati alle <strong>aziende</strong>, invece, tra i primi della lista si posiziona la <strong>geografia</strong>: l’eterna dualità italiana è ben presente anche in materia retributiva. I salari medi territoriali pongono il Nord e il Centro Italia su un piano abbastanza simile, rispettivamente con 31.297 e 29.770 euro, mentre il Mezzogiorno ha una media retributiva di 27.013 euro. Entrando nel dettaglio delle singole regioni (Figura 1), i salari medi della Lombardia, della Liguria e del Trentino-Alto Adige sono quelli più alti, tutti e tre sopra i 31.000 euro all’anno. Al contrario, le retribuzioni più basse, ben lontane dalla media nazionale, sono quelle del Molise, della Calabria e della Basilicata.</p>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p class="has-text-align-center"><em>Figura 1. RGA 2021 media per regione</em></p>
<div class="wp-block-image">
<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/02/Immagine1-1.png"><img loading="lazy" decoding="async" width="422" height="347" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/02/Immagine1-1.png" alt="" class="wp-image-48723" /></a><figcaption><em>Note: Elaborazioni Osservatorio JobPricing su dati JobPricing. I dati sono aggiornati ai primi sei mesi del 2021. RGA si riferisce alla Retribuzione Globale Annua, che considera sia la quota di retribuzione fissa che quella variabile, in FTE, che neutralizza le differenze orarie tra part-time e full-time. Per altri approfondimenti si veda il JP Salary Outlook Update 2021.</em></figcaption></figure>
</div>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>I differenziali salariali territoriali ben rispecchiano le <strong>diversità socioeconomiche del Paese</strong>. Al <strong>Centro</strong> e al <strong>Nord</strong> è presente un tessuto imprenditoriale più forte, nel quale la contrattazione collettiva viene applicata con maggiore regolarità e allo stesso tempo la contrattazione individuale ha più forza, in quanto la disoccupazione è più bassa e i lavoratori hanno maggiore potere contrattuale, con la conseguenza di determinare un salario medio più alto. Al contrario, al <strong>Sud</strong>, dove i salari sono più bassi, vi sono maggiori problemi sia a livello imprenditoriale (ad esempio l’accesso al credito) sia in termini di potere contrattuale molto inferiore nelle mani dei lavoratori, a causa dell’alta disoccupazione. Inoltre, i differenziali rappresentano <strong>costi della vita differenti</strong>.</p>
<p>A questo proposito, tuttavia, è bene tenere presente che gli alti salari delle regioni del Nord e del Centro sono legati anche alla presenza di grandi agglomerati urbani (ad esempio Milano e Roma), il cui vantaggio di salario nominale può non rappresentare in maniera univoca un reale maggiore potere d’acquisto (le retribuzioni oggetto dell’articolo sono infatti espresse in termini nominali, ossia al lordo dell’inflazione. Per approfondimenti sul costo della vita e i salari urbani si veda, ad esempio, Belloc, Marianna and Naticchioni, Paolo and Vittori, Claudia, Urban Wage Premia, <em>Cost of Living, and Collective Bargaining</em> (November 2019). <em>CESifo Working Paper No. 7253</em>).</p>
<p>Andando oltre la localizzazione geografica, i salari dei lavoratori si differenziano in maniera sostanziale anche per il <strong>settore in cui si lavora</strong> (Figura 2). I servizi finanziari, ad esempio, presentano la retribuzione media più alta, ben 15.000 euro sopra la media nazionale. A seguire si posizionano il settore delle utility e servizi pubblici, l’industria di processo e l’industria manifatturiera. Al di sotto della media, al contrario, si trovano il commercio, i servizi non finanziari, l’edilizia, e in ultimo il settore agricolo.</p>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p class="has-text-align-center"><em>Figura 2. RGA 2021 media per settori produttivi</em></p>
<div class="wp-block-image">
<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/02/Immagine2.png"><img loading="lazy" decoding="async" width="480" height="287" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/02/Immagine2.png" alt="" class="wp-image-48724" /></a><figcaption><em>Note: Elaborazioni Osservatorio JobPricing su dati JobPricing. I dati sono aggiornati ai primi sei mesi del 2021. RGA si riferisce alla Retribuzione Globale Annua, che considera sia la quota di retribuzione fissa che quella variabile, in FTE, che neutralizza le differenze orarie tra part-time e full-time. Per altri approfondimenti si veda il JP Salary Outlook Update 2021.</em></figcaption></figure>
</div>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>I differenziali di retribuzione settoriale riflettono, in prima battuta, la <strong>composizione occupazionale del settore</strong>. Ciò vuol dire che lì dove si riscontra una presenza maggiore di lavoratori ad alta specializzazione o un’alta presenza di dirigenti si pagano, in media, delle retribuzioni maggiori.</p>
<p>Un altro fattore principale nella determinazione dello stipendio è la <strong>dimensione dell’azienda</strong> nella quale si opera (Tabella 3). Si osserva, infatti, che la retribuzione globale annua media pagata dalle microaziende è circa il 13% più bassa della media nazionale; al contrario, la media delle grandi aziende è il 29% più alta. La differenza dei salari tra micro e grandi aziende è più marcata dove i salari sono in media più alti (ad esempio, al Centro Italia arriva al 62,2%) e minore dove sono più bassi (25,5% al Sud e isole). Ma non solo, anche i <strong>settori produttivi </strong>fanno la differenza: il gap di dimensione è massimo in utility e edilizia (55,7% e 55,2%), di contro è minimo in agricoltura (16,1%).</p>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p><em>Tabella 3. RGA 2021 media per dimensione aziendale</em></p>
<figure class="wp-block-table">
<table>
<tbody>
<tr>
<td>&nbsp;</td>
<td><strong>RGA 2021</strong></td>
</tr>
<tr>
<td>Micro (fino a 10 dipendenti)</td>
<td>26.233 €</td>
</tr>
<tr>
<td>Piccola (da 11 a 50 dipendenti)</td>
<td>29.704 €</td>
</tr>
<tr>
<td>Media (da 51 a 250 dipendenti)</td>
<td>32.775 €</td>
</tr>
<tr>
<td>Medio grande (da 250 a 1000 dipendenti)</td>
<td>36.258 €</td>
</tr>
<tr>
<td>Grande (oltre 1000 dipendenti)</td>
<td>38.713 €</td>
</tr>
</tbody>
</table><figcaption><em>Note: Elaborazioni Osservatorio JobPricing su dati JobPricing. I dati sono aggiornati ai primi sei mesi del 2021. RGA si riferisce alla Retribuzione Globale Annua, che considera sia la quota di retribuzione fissa che quella variabile, in FTE, che neutralizza le differenze orarie tra part-time e full-time. Per altri approfondimenti si veda il JP Salary Outlook Update 2021.</em></figcaption></figure>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-l-italia-e-gli-altri-paesi-11-000-dollari-in-meno-della-media">L’Italia e gli altri Paesi: 11.000 dollari in meno della media</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>L’ultimo dato che è doveroso dare è quello che posiziona il nostro Paese in un <strong>contesto internazionale</strong>: nel 2020, secondo l’OCSE, il salario medio italiano era circa 11.000 dollari più basso della media tra tutti i Paesi OCSE (Figura 3. Per approfondimenti si veda la sezione <a href="https://data.oecd.org/earnwage/average-wages.htm#indicator-chart" target="_blank" rel="noreferrer noopener nofollow">OECD Data – Average wages</a>).</p>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p class="has-text-align-center"><em>Figura 3. Salario medio 2020 in $ 2016 PPA </em></p>
<div class="wp-block-image">
<figure class="aligncenter size-full"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/02/Immagine3.png"><img loading="lazy" decoding="async" width="678" height="380" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/02/Immagine3.png" alt="" class="wp-image-48725" /></a><figcaption><em>Note: Dati OCSE, 2022. Il salario medio OCSE è ottenuto utilizzando il monte salari nazionale diviso il numero di occupati totali, corretto per il rapporto tra le ore standard full-time settimanale e le ore medie settimanali lavorate. È misurato in dollari americani a prezzi costanti, anno base 2016 in Parità di Potere d’Acquisto (PPA) per il consumo privato del medesimo anno.</em></figcaption></figure>
</div>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Le ragioni che determinano salari italiani così bassi, soprattutto se comparati a quelli dei nostri vicini francesi o tedeschi, sono prettamente legate alla <strong>produttività dell’economia</strong> e hanno radici che affondano nel periodo precedente alla crisi del 2008, la quale ha ovviamente accentuato il divario salariale. Negli ultimi due anni, del resto, questo divario è stato ulteriormente allargato dalla <strong>crisi pandemica</strong>.</p>
<p>Il dibattito circa la produttività del sistema economico del Paese ruota intorno a diversi fattori, quali l’alta prevalenza di PMI, un sistema produttivo basato principalmente su tecnologie medio-basse, inefficienze normative e giudiziarie (Berlingieri G. e coautori (2017). <em>Il buono, il brutto, l cattivo: la divergenza nella produttività tra settori e imprese italiane. </em>Pubblicato in “Salari, Produttività e Disuguaglianze” a cura di Dell’aringa C., Lucifora C., Treu T., edizioni AREL il Mulino).</p>
<p>A questo punto, la grande sfida post-COVID sarà proprio quella di cogliere tutte le opportunità legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con il fine di iniziare a <strong>colmare il gap di ricerca e innovazione</strong> che permetterebbe di far ripartire la crescita della produttività, e con essa i salari.</p>
</p>
<p><strong><em>Ha collaborato all&#8217;articolo:</em></strong></p>
<p><em>Erica Delugas &#8211; economista che presta particolare attenzione alla povertà e alle disuguaglianze, esperta in analisi microeconometriche. Durante il dottorato si è occupata di welfare economics, focalizzandosi su benessere soggettivo, salute e qualità della vita. Da agosto 2020 si è unita al team di JobPricing, dove attualmente ricopre il ruolo di Responsabile dell&#8217;Osservatorio JobPricing.</em></p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<hr class="wp-block-separator has-text-color has-background has-black-background-color has-black-color is-style-wide" />
<p><em>L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.</em></p>
<p><em>Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro.&nbsp;</em></p>
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#salario

Belpaese, non bei salari: quanto guadagnano gli italiani

Salari medi in lieve rialzo: bastava tagliare fuori i precari

<p>La <strong>pandemia</strong> ha accelerato tendenze già presenti nello sviluppo del quadro sociale ed economico, costringendoci a un <strong>adattamento forzato</strong> e a <strong>cambiamenti</strong> che in altre situazioni si sarebbero sviluppati in modo più progressivo.</p>
<p>Tali cambiamenti sono tutt’ora in corso e sono guidati da una serie di forze che già prima si stavano sviluppando, e che continueranno a influenzare il panorama socioeconomico anche nel prossimo futuro. Si tratta di tendenze quali <strong>l’incremento della complessità gestionale</strong> e la <strong>diminuzione della possibilità di programmazione</strong> da parte delle imprese, per effetto soprattutto dell’innovazione tecnologica e della globalizzazione. Questo contesto viene spesso identificato con la sigla inglese <strong>V.U.C.A.</strong>, a indicare come ci si muova oggi in uno scenario per definizione volatile, complesso e ambiguo.</p>
<p>Inoltre dobbiamo considerare la <strong>terziarizzazione dell’economia</strong> e le nuove forme di lavoro che ne conseguono, il nuovo focus sulla <strong>sostenibilità</strong> del business in termini economici, sociali e ambientali e la sempre maggiore richiesta delle persone di trovare un <strong>equilibrio</strong> fra tempo dedicato al lavoro e tempo dedicato alla vita privata. Tali forze premeranno sul mondo del lavoro e richiederanno risposte e cambiamenti rispetto agli assetti organizzativi e gestionali attuali.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-l-effetto-dello-smart-working-sulle-retribuzioni">L’effetto dello smart working sulle retribuzioni</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Uno dei fenomeni che hanno avuto uno sviluppo accelerato è il <strong>lavoro da remoto o lavoro agile</strong>, più comunemente definito smart working. Adottato in maniera massiva in via emergenziale, ha modificato la consueta relazione tra azienda e collaboratore e la modificherà ulteriormente nel futuro. Lo smart working infatti ha messo sul tavolo delle aziende la necessità di definire <strong>nuove forme di gestione delle persone</strong>, che inevitabilmente hanno delle ricadute anche in termini di <strong>gestione delle retribuzioni</strong>.</p>
<p>In primo luogo, si è creata la necessità di governare le differenze tra lavori tradizionali e lavori che possono essere svolti in modo agile. Di conseguenza, le relazioni che hanno storicamente definito il <strong>rapporto tra retribuzione e tempo di lavoro </strong>e tra <strong>retribuzione e luogo di lavoro</strong> si sono indebolite e hanno iniziato a prendere diverse forme. Contemporaneamente, anche il peso dell’anzianità di servizio ha perso peso in quanto tale. Al contrario la <strong>professionalità</strong> e i <strong>risultati</strong>, cioè le effettive prestazioni e il merito individuale, diventano sempre più centrali nel rapporto con la retribuzione; sotto tale aspetto emerge significativamente il valore, inoltre, del contributo del singolo ai risultati del team.</p>
<p>A conti fatti, la gerarchia e la posizione organizzativa divengono meno importanti della competenza e della capacità di essere flessibili attraverso l’apprendimento.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-le-aziende-e-i-lavoratori-fuori-sede-il-confronto-con-altri-mercati-retributivi">Le aziende e i lavoratori fuori sede: il confronto con altri mercati retributivi</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>A questi fenomeni, che già oggi richiedono nuove modalità di gestione, se ne potranno aggiungere altri, come ad esempio quelli collegati alla <strong>presenza presso la sede di lavoro</strong>: non essendo più necessaria per alcuni lavori, le aziende potranno ampliare il loro bacino di reclutamento, assumendo ad esempio persone che operano in altre città italiane o addirittura all’estero.</p>
<p>Con l’affiorare di un’offerta di lavoro potenzialmente globale, le aziende dovranno confrontarsi con i <strong>mercati retributivi del Paese dal quale assumono la persona</strong>; eventualità che può essere vista come un’opportunità, se si attinge da mercati retributivi meno competitivi, o una criticità, nel caso in cui i mercati siano più competitivi di quello italiano. In ogni caso, un potenziale problema di <strong>equità</strong> rispetto agli altri colleghi.</p>
<p>Inoltre, le persone che già stanno lavorando per un’azienda potranno chiederle (e in un periodo di <em>Great Resignation</em> è facile che tali richieste possano essere accolte, soprattutto per i talenti) di <strong>potersi trasferire in luoghi con un minore costo e una migliore qualità della vita</strong>, svolgendo il lavoro da remoto. Negli USA, dove ciò sta già avvenendo, un&#8217;importante azienda ha concesso questa possibilità a fronte di una riduzione della retribuzione, in relazione ai minori costi che la persona dovrà sostenere a seguito di questa concessione. Nel momento in cui ciò dovesse succedere in Italia, dovrebbe essere affrontato il paradigma “<strong>parità di retribuzione a parità di lavoro</strong>”, con tutta la complessità – anche ideologica – che ne deriverebbe.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-verso-una-retribuzione-variabile-ma-secondo-quali-criteri">Verso una retribuzione variabile: ma secondo quali criteri?</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p><strong>Quale sarà, quindi, il futuro delle retribuzioni?</strong><strong></strong></p>
<p>L’attenzione maggiore dovrà essere rivolta al saper <strong>gestire le diversità</strong> all’interno delle realtà aziendali, con un focus continuo e proattivo sui principi di equità all’interno dell’organizzazione.</p>
<p>Le <strong>politiche retributive</strong> dovranno rispondere in primis alla questione non ancora risolta del <strong>gender pay gap</strong>, con la capacità di cogliere le differenze – che diverranno sempre più marcate – tra professionalità elevate e professionalità fungibili. Non solo: sarà fondamentale riconoscere all’interno dell’organizzazione la presenza di lavori di tipo tradizionale e lavori che possono essere svolti in modo <strong>agile</strong>, tenendo altresì in considerazione la presenza di lavoratori di <strong>generazioni diverse</strong> al proprio interno. Tutti questi aspetti costituiscono gli elementi su cui basare la costruzione di un <strong>sistema di retribuzione a parte fissa e a parte variabile</strong>, dove quest’ultima assumerà nel tempo un’importanza sempre maggiore.</p>
<p><strong>L’elemento variabile della remunerazione</strong>, poi, potrebbe subire cambiamenti, aprendosi verso una revisione costante e in tempi brevi dei meccanismi di calcolo. In che modo? Mantenendo il focus sui cambiamenti di mercato e i cicli di performance a esso collegati. E ancora: il <strong>welfare</strong> assumerà un peso specifico sempre più importante nel calcolo della remunerazione, da una parte aumentando il potere d’acquisto del lavoratore, e dall’altra consentendo all’azienda di personalizzare i servizi a disposizione del personale, al fine di utilizzarlo poi come leva strategica per fidelizzare i propri collaboratori.</p>
<p>Ma come fare per governare tutti questi aspetti e il loro impatto sulle persone? Per gestire personalizzazione, evitare discriminazioni, perseguire l’equità e ottenere la miglior percezione possibile delle politiche retributive occorrerà <strong>codificare ed essere molto rigorosi sui principi base</strong>, adottare <strong>strumenti differenziati</strong> a seconda delle caratteristiche delle diverse popolazioni aziendali e, vera novità rispetto alle prassi attuali della maggior parte delle aziende italiane, mettere in campo una <strong>informazione trasparente</strong>, che non tema di comunicare la differenziazione delle politiche e degli strumenti, ma si ponga l’obiettivo di sostenerla, spiegandola in modo chiaro.</p>
</p>
<p><strong><em>Ha collaborato all&#8217;articolo</em></strong>:</p>
<p><em>Giancarlo Caprioglio &#8211; Senior Consultant di JobPricing dal 2016, ha avuto una lunga carriera come manager nella funzione HR di importanti realtà italiane e multinazionali, fra cui il gruppo Ferrero dove per 10 anni ha ricoperto il ruolo di Global Compensation, Benefit &amp; Expatriate Director. È Business Coach certificato.</em></p>
<div style="height:80px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p class="has-text-align-right"><em>Per altri articoli a tema <strong>Smartworking</strong>, clicca <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/smartworking/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">qui</a>.</em></p>
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#smartworking

Il lavoro è agile, gli stipendi no

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