Al di là della regolamentazione, quali sono i rischi che i baby influencer possono correre? Lo abbiamo chiesto a Daniele Novara, pedagogista, fondatore e direttore del CPP, Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti.
“Di per sé il bambino che fa queste cose non presenta disturbi, perché i bambini, com’è noto, si abituano a tutto. I più piccoli potrebbero essere in un certo senso anche contenti di soddisfare le richieste dei genitori, di essere in simbiosi con loro, e in fondo ricordiamo che loro non decidono nulla. Il problema è la conseguenza sul piano della crescita: l’infanzia è un’età irripetibile, non la recuperi.”
“Un bambino che vive un’infanzia totalmente succube dei bisogni dei genitori rischia di perdere tutta l’area dell’autoregolazione infantile con i compagni, l’area del pensiero magico-fantastico che a livello cognitivo permette di avere dei riscontri in età adulta, la sensorialità pura, l’utilizzo delle mani e del gusto. La sensorialità è importante per i bambini. I baby influencer non possono fare attività sportive e così via: fanno una vita da adulti con obiettivi adulti anziché obiettivi bambini. Un bambino di 8 anni non ha capacità di capire i soldi, non ha la consapevolezza di che cosa voglia dire avere 1.000 euro, si trova dentro un contenuto che lo assorbe in modo del tutto avulso dalle sue capacità: non può esercitare il suo essere bambino.”
“Un baby influencer non può pensare a Babbo Natale o alla sua esistenza”, perché, continua Novara “è impegnato a pensare a come presentarsi in modo adeguato e aggiungere like su like. Il bello dell’infanzia è che fai delle cose senza senso, basate sul puro divertimento. L’infanzia è la base della vita; pertanto, se viene minata, c’è il rischio di dover andare in psicoterapia per recuperare”.
Il problema peggiora con l’avanzare dell’età? “Da preadolescente o adolescente ci sono rischi minori, la risposta è assolutamente positiva; anzi, può essere che il ragazzo o ragazza, più consapevole, si rifiuti, o faccia l’influencer con una maggiore sintonizzazione”.
Non bisogna dimenticare il ruolo centrale dei genitori, come precisa Novara: “Con loro si deve lavorare per sensibilizzarli, dare informazioni, creare un alert di attenzione. Tutto questo non è a costo zero: i bambini possono subire dei cortocircuiti che non verranno fuori nell’età infantile, ma in seguito”.
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