Coronavirus in Polonia, diario di un recruiter italiano

In questo preciso momento ci sono circa 307.000 casi di infetti da COVID-19 al mondo, di cui 547 in Polonia, con 6 morti su una popolazione di circa 38 milioni. Come sappiamo, questi numeri sono sempre relativi e potrebbero essere influenzati dal numero di tamponi effettuati, che in polacco si chiamano testy. Fino a giovedì 12 […]

In questo preciso momento ci sono circa 307.000 casi di infetti da COVID-19 al mondo, di cui 547 in Polonia, con 6 morti su una popolazione di circa 38 milioni. Come sappiamo, questi numeri sono sempre relativi e potrebbero essere influenzati dal numero di tamponi effettuati, che in polacco si chiamano testy. Fino a giovedì 12 marzo erano circa 2.000.

Al di là dei numeri, il governo locale si è prontamente attivato per contenere l’emergenza e i cittadini stanno ottemperando alle direttive ricevute.

 

#Iorestoacasa si dice #zostańwdomu, e in Polonia lo stanno prendendo sul serio

Se volessimo categorizzare gli stili con cui alcune nazioni hanno deciso di fronteggiare l’emergenza legata al COVID-19 potremmo idealmente immaginare due gruppi distinti: Paesi come Inghilterra, Germania o Olanda da una parte, che si focalizzano, almeno per la prima fase, solo sulla cura dei malati e non sul contenimento dell’epidemia, e la Cina e l’Italia dall’altra, che agiscono su tutti i fronti.

La Polonia si colloca più nella direzione dell’Italia, facendo tesoro delle numerose informazioni che giungono quotidianamente dai media. La wake up call è arrivata l’11 marzo, quando le scuole e le università sono state chiuse e per la prima volta in alcuni supermercati sono venuti a mancare prodotti di prima necessità come carne o carta igienica.

Una svolta decisiva è avvenuta venerdì 13 marzo, quando il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha annunciato alcune misure di contenimento. Infatti, a partire da domenica 15, i confini sono chiusi, come tutti i trasporti aerei e ferroviari. I cittadini polacchi e stranieri residenti possono entrare nel Paese, e quelli provenienti da un’area affetta dal coronavirus sono soggetti a un periodo di quarantena di 14 giorni.

Per quanto concerne le forme di aggregazione, sono permesse fino a un massimo di 50 persone. Non fanno eccezione gli eventi religiosi, e per una nazione fortemente cattolica come questa, dove si stima che il 45% dei polacchi frequenti la messa domenicale, è un segnale forte: si vuole risolvere il problema in modo concreto. Il partito al governo, PIS (Prawo i Sprawiedliwość, “Diritto e Giustizia” in polacco), è di destra e di ispirazione clericale, quindi non deve essere stato semplice prendere una decisione del genere.

 

Il centro semideserto di Cracovia

 

Fare il recruiter in un Paese in emergenza

Anche la nostra agenzia di ricerca e selezione del personale ha subito un forte impatto dall’emergenza coronavirus. In primis ha cambiato il nostro modo di vivere l’ufficio. Da ormai più di quattro anni lavoriamo da casa tutti i venerdì, e mi è capitato spesso di passare per l’ufficio quando pensavo fosse vuoto e di scoprire che tutto il team aveva avuto la mia stessa idea. Ora tutti i giorni è venerdì.

Un altro aspetto che ha cambiato in maniera ancor più dura il nostro lavoro è che alcune aziende hanno rimandato a data da destinarsi tutti i processi di assunzione, e di conseguenza il nostro supporto non è necessario, almeno per il momento. È stata l’occasione per estendere la collaborazione con alcuni dei nostri clienti, che hanno di solito processi di selezione più lunghi, cominciando a lavorare su posizioni che ancora non ci avevano assegnato.

Uno dei nostri punti forti è sempre stato il saper reperire candidati per mercati saturi come quello ceco, dove la disoccupazione è estremamente bassa, (intorno al 3%). La nostra formula magica era trovare, per esempio, ingegneri provenienti da Polonia, Portogallo o addirittura dalla Norvegia, i quali poi si spostavano a Praga per entrare a far parte del team del nostro cliente, che non riusciva più a trovare candidati locali. Ora tutto questo non è più possibile, dato che i confini sono chiusi e sembra che siamo tornati indietro nel tempo, quando era più difficile spostarsi da una nazione europea all’altra.

 

Home office o ufficio? La domanda vale anche in Polonia

Anche i candidati chiedono sempre maggiori informazioni, e soprattutto rassicurazioni su come si svolgerà il lavoro, sulla possibilità di lavorare in home office, e chiaramente rimandano la disponibilità a spostarsi in Polonia, qualora siano stranieri, a quando “tutto questo sarà finito”. La sensazione è che tutto possa peggiorare, ma allo stesso tempo siamo coscienti che dovremo ripartire, come sta accadendo in Cina, e mi confronto spesso con amici che lavorano là per capire che cosa potrebbe accadere da noi a distanza di mesi.

La Polonia è un’ottima meta per l’outsourcing di servizi da parte di numerose corporation, e ha una forte presenza di aziende con più di 50 dipendenti, spesso di diverse nazionalità. Molte aziende hanno permesso ai loro dipendenti di lavorare in home office, mentre altre richiedono la presenza in azienda, in deroga al massimo di 50 persone che in questi casi non si applica.

Lavorare in home office, specialmente durante il periodo del coronavirus, è un hot topic. Molte imprese che in precedenza non lo avevano considerato si stanno adeguando, acquistando laptop o procedendo a trasferire il computer aziendale a casa dell’impiegato. Alcune volte dipende anche dal ruolo. Infatti un mio amico polacco, direttore finanziario di una importante azienda di produzione della regione Malopolska (al Sud della Polonia), mi spiegava che tutti i manager devono presentarsi personalmente al lavoro mentre gli operai possono essere esentati.

 

Città silenziose, strade semideserte: la Polonia che si protegge

La Polonia è un Paese vivace e giovane grazie anche ai numerosi lavoratori e studenti stranieri che decidono di trascorrere un periodo più o meno lungo in questo Paese. La città di Cracovia, ad esempio, ha tanti locali tra discoteche, bar e ristoranti che ora sono chiusi. Le attività ricreative come i bar e pub sono state completamente bloccate, e lo resteranno almeno per quaranta giorni; come i ristoranti, che opereranno soltanto con la formula del take away.

Anche le città, sulla falsariga di quello che è accaduto da noi, si sono svuotate. Attraversando le vie di Cracovia, durante il periodo di contenimento del coronavirus, il rumore del silenzio è assordante. Avendo vissuto qua per dieci anni pensavo di aver già visto i mille volti di questa città, dai freddi inverni bianchi in cui ho provato l’ebbrezza dei -25 gradi alle estati più calde dove il termometro superava i 30. Mi sbagliavo: adesso questa bellissima città polacca sembra una ragazza a cui hanno tolto il sorriso.

Nel centro città si distinguono ancora le voci dei turisti inglesi sovrapposte a quelle dei polacchi che offrono la visita della città, il city tour. Il fatto di non incontrare molti polacchi per strada testimonia la serietà con cui questo popolo ha compreso l’emergenza che affligge tutto il mondo e che sta toccando in maniera così forte l’Italia.

L’importanza dei valori della famiglia che permea la fede cattolica e una maggiore tendenza a osservare le regole rispetto al nostro Paese credo stia aiutando non poco l’esecuzione di #zostańwdomu.

 

Polonia, coronavirus ed elezioni

Salvo diverse indicazioni, il 10 maggio ci saranno le elezioni presidenziali in Polonia. La delicata questione della gestione dell’emergenza legata al COVID-19 potrebbe far pendere l’ago della bilancia a favore del partito al governo, il PIS, o i suoi antagonisti. Fra questi la Koalicja obywatelska (“Coalizione Civica”) di centro, che era al potere fino al 2016, contesta al governo attuale di non aver agito in tempo e di non essere preparato a quanto sta accadendo.

Sempre all’opposizione troviamo anche il partito di sinistra Lewica Razem (“Sinistra insieme”), che critica anche lo scenario economico considerato troppo orientato al capitalismo, e che incoraggia la solidarietà per i lavoratori. Come in altri Paesi, contestano il basso salario di figure come quelle infermieristiche, baluardo per la salvaguardia della salute nazionale.

Probabilmente la sfida finale sarà tra la candidata della coalizione del centro Małgorzata Kidawa-Błońska e l’attuale presidente Andrzej Duda, del PIS, che si candida per il secondo mandato consecutivo.

Che il problema sia più vicino di quanto chiunque possa pensare è testimoniato dal fatto che anche la classe politica è stata toccata direttamente dall’emergenza: martedì 17 il Ministro dell’Ambiente Michał Woś è stato dichiarato positivo al test per il coronavirus ed è ora in quarantena.

La mia speranza per questo periodo è riassunta dal pensiero della scrittrice polacca, premio Nobel per la letteratura Wisława Szymborska nel suo poema Nic dwa razy (“Nulla due volte”): “Perché tu, ora malvagia, dai paura e incertezza? Ci sei – perciò devi passare. Passerai – e in ciò sta la bellezza”.

 

 

Foto di copertina: Quotidiani polacchi del 17 marzo. Credits: Alessandro Lombardi

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