Elva dice basta alle polemiche: coi fondi tre università in un paese di ottanta abitanti

Il sindaco Giulio Rinaudo spiega i dettagli del progetto che ha permesso al piccolo Comune del Cuneese di ottenere i fondi del PNRR, l’unico in Piemonte, al netto di critiche e ricorsi.

Un’università, anzi tre, a 1.637 metri di altezza in un paese di ottanta abitanti.

Il progetto ambizioso è quello che sta promuovendo il Comune di Elva, che ha appena ricevuto venti milioni di euro dai fondi del PNRR per il Piano Nazionale Borghi. La decisione di destinare così tanti contributi a un Comune così piccolo e isolato, che si trova nella Valle Maira, in provincia di Cuneo, ha fatto storcere il naso a molti, che ritengono che il denaro che arriva dall’Europa andrebbe investito in altro modo; magari in infrastrutture che spesso mancano nei piccoli paesi.

Tra i critici ci sono i sindaci di altri paesi sempre in Piemonte, perché in pratica il bando ha selezionato un solo centro per ogni Regione e molti si sono sentiti esclusi, ritenendo di avere maggiore titolarità. Ad esempio, in Piemonte è rimasta fuori la reggia di Stupinigi.

Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta di Elva

Elva, venti milioni a un pugno di abitanti: critiche sul paesino piemontese

«Il bando – dice Giulio Rinaudo, sindaco di Elva dal 2018 – serve a sviluppare i luoghi marginali. Se mai si aiutano, mai si sviluppano. È inutile fare polemiche». Eppure nei mesi scorsi non sono mancate le critiche alla decisione, che è partita dalla Regione Piemonte stessa, la quale ha voluto candidare il piccolo centro invece della nota reggia savoiarda, ritenendolo più meritevole di molte altre realtà. Per Stupinigi, stando a quanto garantito dal ministero, dovrebbero arrivare fondi da altre voci del PNRR, mentre Ostana, Comune arrivato secondo nella graduatoria dei diciotto che hanno presentato i loro progetti alla Regione, ha deciso di acquisire tutti gli incartamenti per approfondire la questione.

Come sempre accade in questi casi, non si escludono ricorsi. Secondo il sindaco è un atto dovuto, perché la commissione ha preferito Elva per soli due punti, ma che una pioggia di soldi su un centro così piccolo abbia destato qualche invidia, nell’Italia dei campanili, è fuori discussione. E ha anche suscitato qualche curiosità. “Come li spenderanno così tanti soldi quegli 83 abitanti?” si chiedono in molti.

«Siamo un paese – dice il sindaco Rinaudo – che dal punto di vista della cultura ha molte cose da dire, e siamo disposti a fare le cose seriamente. Abbiamo una vocazione turistica e sono in molti ad arrivare a visitare la nostra chiesa e il nostro museo». Quello dedicato ai caviè, termine dialettale, la cui traduzione letterale dovrebbe essere “capellatori”o “capelleri”:persone la cui professione consisteva nel recupero di capelli da vendere a chi faceva le parrucche, soprattutto in Francia. Si sa che le parrucche si fanno solo con capelli lunghi, perciò l’abilità stava nel convincere i parrucchieri – ma anche le donne – a donare i capelli.

Il caviè era dunque un mestiere basato soprattutto sull’abilità persuasiva e che ormai è scomparso, ma nel piccolo paese viene ancora ricordato. Tuttavia il museo dedicato a questi elvesi non è l’unica attrazione turistica che convince molti a inerpicarsi in auto lungo una strada montuosa non del tutto agevole, anche se come dice il sindaco «nemmeno con la neve siamo mai rimasti isolati, perché abbiamo una società che gestisce bene le strade provinciali. Il nostro paesaggio è unico: da Elva sembra di toccare il cielo e si è contornati dalle montagne».

Un paese, tre università. Come verranno investiti i fondi

Ma il progetto finanziato con i soldi del Recovery Fund è di tutt’altro tipo. L’obiettivo sarà quello di portare dei centri universitari in un luogo piccolo e isolato.

«Si divide in undici punti e diventeremo sede distaccata di tre università. Una si occupa di agricoltura e allevamento del bestiame; un’altra sarà concentrata sull’alpicoltura, che è lo studio delle coltivazioni che si possono effettuare ad alta quota con una particolare attenzione alle erbe officinali e aromatiche. Abbiamo, infatti, diverse colture di genepì e sarà fatta in collaborazione con il Politecnico di Torino, in particolare con le facoltà di architettura e di ingegneria. L’altra collaborazione è prevista con l’università del gusto di Pollenzo; in questo caso ci concentreremo sulle eccellenze alimentari dei prodotti montani, a partire ad esempio dai nostri formaggi».

In termini pratici di ricaduta sulla popolazione, questo progetto porterà l’arrivo del teleriscaldamento, che dovrà essere “il più green possibile”.

Gli ostacoli alla rinascita di Elva: “Ma da noi ricadute positive sul territorio”

Ci sono comunque dei nodi da sciogliere.

Innanzitutto quello della viabilità, ma anche la ricaduta occupazionale su un territorio che nel corso degli anni è andato via via spopolandosi fino a quasi scomparire. Al momento dell’unità d’Italia Elva aveva 1.276 abitanti, che nel ventesimo secolo si sono dimezzati, fino ad arrivare al centinaio degli anni Duemila. Nel censimento del 2011 si scese per la prima volta sotto i cento e oggi si è arrivati a ottantatré, molti dei quali lavorano lontano. Anche se nel paesino c’è un albergo, un ristorante anche delle altre attività commerciali. Dal punto di vista della divisione della popolazione solo il 15% ha più di 75 anni. Non si tratta di un paese dall’età media eccessivamente alta.

«Ci sono sia dei giovani che degli anziani – continua il sindaco – e abbiamo anche delle attività lavorative. I residenti si dedicano in prevalenza alla pastorizia, ma ospitiamo anche molti dei pastori di passaggio durante la transumanza. Inoltre il paese è dotato di una Spa, di un ristorante, di un albergo e di un rifugio per gli escursionisti».

Secondo il sindaco i fondi del PNRR non porteranno vantaggio soltanto al paesino, ma in generale ai dintorni. Rinaudo rispedisce al mittente le accuse di scarsa equità nella divisione del denaro: «Non si tratta solo del nostro paese, ma questi soldi sono destinati a sviluppare un territorio più ampio, portando una ricaduta sui paesi vicini. Il territorio montano per tanti anni ha servito la pianura fornendo energia, legname e divertimento. Non possono continuare a lasciarci indietro. Con i fondi noi ristruttureremo due costruzioni che saranno a disposizione per l’ospitalità degli studenti, e una verrà utilizzata come fureria. Stiamo per comprare questi due edifici in una parte distaccata del paese e li daremo in gestione ai privati, portando lavoro».

«Ci sono delle difficoltà con la strada, che durante l’estate diminuiscono. Con questi fondi non possiamo intervenire sulla viabilità, ma sono previsti anche altri investimenti per migliorarla. Potenzieremo, invece, la rete internet. Nei prossimi anni sarà fondamentale, perché lo smart working sarà uno dei modi che si avranno per ripopolare questi borghi. Molte persone potrebbero decidere di tornare o venire a vivere da noi, riuscendo a superare in questo modo i problemi legati alla distanza dai grandi centri.»

L’intenzione del sindaco è quindi rilanciare un borgo che era destinato a sparire, non soltanto attraverso il turismo, che spesso è la principale attrattiva di queste realtà, ma puntando sulla conoscenza e sugli studi universitari, che potrebbero riportare in vita delle valli che negli ultimi cento anni sono state sempre più dimenticate, con il rischio di perdere un patrimonio sia umano che naturalistico.

Leggi gli altri articoli a tema PNRR.

Leggi il mensile 111, “Non chiamateli borghi“, e il reportage “Aziende sull’orlo di una crisi di nervi“.


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