I giovani e il lavoro insensibile

Intervistiamo la brand strategist freelance Federica Mutti, influencer su YouTube e Instagram nell’ambito dell’imprenditoria digitale: “Ecco perché troppa rigidità non è funzionale”.

Federica Mutti, 26 anni, è una brand strategist freelance con 38.700 iscritti nel suo canale YouTube e 23.400 in Instagram. Il suo principale desiderio è coinvolgere i giovani che vogliono impegnarsi in modo effettivo per realizzare i propri sogni e dare loro un contributo concreto. È convinta che la “sensibilità” sia un valore che dovrebbe essere molto più diffuso nel rapporto tra giovani e mondo del lavoro. Vede internet come una opportunità per condividere competenze e conoscenze e trovare delle ispirazioni. Si è messa in gioco per creare passo dopo passo il suo percorso professionale, e tramite i suoi canali parla ai giovani come lei di imprenditoria digitale, lavoro e crescita personale.

Federica, che cosa c’è dietro i tuoi numeri?

Dietro questi numeri c’è una persona che ha sempre sognato di lavorare con la creatività, realizzando qualcosa che fosse anche utile, quindi non un lavoro fine a sé stesso. Attraverso i miei canali cerco di portare consapevolezza e raccontare come sono riuscita a trasformare il mio desiderio in un lavoro.

Il tuo percorso è caratterizzato da un cambiamento importante: da dipendente a freelance. Hai avuto la possibilità di confrontarti con qualcuno?

Sono cresciuta in una famiglia tradizionale. I miei genitori lavoravano da dipendenti in ambito assicurativo, e di conseguenza erano abituati a uno stato di comfort, poco aperti a lasciarmi sperimentare un corso di studi o una vita professionale diversa. Con quest’idea e tante paure, non vedevo strade. La prima scelta coraggiosa è stata lavorare per una startup invece che per una grande impresa, e all’inizio mi sono confrontata proprio con i colleghi. Sono stati i miei primi supporter – anche se poi li ho lasciati – perché senza di loro non avrei mai avuto il coraggio di fare il salto. Internet è una possibilità dei tempi moderni che in certi casi permette di rendere il nostro interesse un lavoro. Usiamolo anche per possibilità professionali.

Una delle tue principali attività è la creazione di contenuti. In questi anni quanto è stata importante la costanza?

I numeri attuali sono arrivati in quattro anni. Tutte le opportunità che ho oggi esistono grazie a quattro anni di lavoro, un percorso dove ho fatto tanta esperienza. Inizialmente avevo numeri molto bassi. Il mio canale YouTube rappresentava il mio diario personale perché pensavo che i miei racconti potessero essere utili a qualcuno che stava vivendo le mie stesse esperienze. Per raggiungere dei risultati la costanza è stata ed è fondamentale, anche se non è l’unico aspetto. Siamo tutti bombardati dalle vite degli altri; questo è il lato oscuro dell’internet e di quello che faccio anche io. Mi domando spesso se sto facendo cose interessanti, oppure se sono l’ennesima persona che semplicemente bombarda il pubblico di contenuti. Così cerco di proporre contenuti solo quando ha un senso farlo, quando c’è qualcosa che sia davvero utile, piuttosto che fare un video alla settimana.

Federica Mutti, 26 anni, è una brand strategist freelance

Sul tuo canale YouTube racconti dell’esperienza del Mastermind, un momento di confronto con altri freelance.

Il confronto è sempre importante, soprattutto da freelance, perché lavorando da soli si tende a isolarsi. Invece è fondamentale mantenere i contatti con i colleghi che stanno affrontando il tuo stesso viaggio. Si dice “entra in una stanza in cui sono tutti più bravi di te”. I dubbi, le sfide e i problemi diventano più facili da affrontare confrontandosi con gli altri, parlando con chi ha già vissuto esperienze simili ed è disponibile ad aiutarti a vedere le cose anche da un’altra prospettiva.

Dopo alcuni anni a partita IVA, che cosa sta funzionando e che costa ti sta mettendo in difficoltà?

Sta funzionando la sensazione di avere la responsabilità e la possibilità di scegliere in modo autonomo. Il senso di libertà è forte, posso andare nella direzione che voglio, sono io che decido il percorso da intraprendere. Mi concentro sul valore dei miei contenuti e mi godo quello che sto facendo. Soprattutto non ho la fretta di rincorrere degli obiettivi. La parte più difficile, quella che funziona di meno, è invece quella operativa: l’organizzazione. Sono precisa, ma gestire l’organizzazione di un canale e di una libera professione non è semplice. Occorre circondarsi delle persone e dei collaboratori giusti, non si può pensare di fare tutto da soli.

Quindi monetizzare non è la tua prima preoccupazione?

Ad oggi ho superato questa fase. All’inizio il mio rapporto con i soldi era di amore e odio. La prima domanda che mi sono fatta è stata: “Riuscirò a sostenere tutte le spese?”. Fortunatamente il lavoro è andato bene da subito. Sono partita con un cuscinetto economico, ma avevo previsto anche di tornare “dipendente” in caso di necessità. I primi soldi li ho guadagnati scrivendo articoli per blog di altri. Oggi so che i soldi sono solo soldi. Arrivare a questa consapevolezza è stato un percorso. Anni fa ti avrei detto che la parte economica mi preoccupava, ma ora credo che i soldi siano soprattutto lo strumento per pianificare al meglio i prossimi anni di lavoro o di vita e che permette di capire dove puoi andare.

Spesso condividi anche le tue passioni extralavorative.

La virtù sta nel mezzo. Quando ho un periodo molto intenso di lavoro, cerco di compensare l’impegno ritagliando più momenti di tempo libero. Quest’anno, ad esempio, vorrei arricchire la mia quotidianità di altri stimoli che non arrivino da internet. In generale però mi piace trasformare l’occasione di svago in apprendimento. Nel 2021 ho fatto l’errore di mettermi troppi paletti, troppe regole rigide. Mi sono resa conto che non era la strategia giusta per me, e ora preferisco darmi delle linee guida e pian piano costruirmi sane abitudini. Essere troppo severi nella pianificazione delle cose da fare a volte non è funzionale.

Quando si parla di lavoro i giovani sono sulla bocca di tutti, ma spesso non si guarda il lavoro con gli occhi dei giovani. Che cosa vorresti dire al mondo del lavoro?

Ad aziende, manager e HR direi di non cercare solo il giovane che ha fatto la migliore università, stage “importanti” o che ha accumulato tante belle certificazioni. Non dev’essere una gara tra chi ha avuto la possibilità di fare di più e chi invece parte svantaggiato. Sarebbe molto meglio approcciare i giovani pensando alle loro qualità, al loro valore come persone e a quello potrebbero fare, portare e generare. Una parola che può racchiudere il mio pensiero è sensibilità, perché ne vedo ancora troppo poca nei confronti di noi giovani.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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