Non è neanche un Paese per anziani

Una guida pratica alla gestione della terza età, con tutti i suoi bisogni e i suoi tabù: è il libro di Antonella Brugnola e Claudia Campisi, “Genitori anziani, che fare?”, che esplicita temi e necessità di numerose famiglie spesso tralasciati da Stato e sanità.

Secondo gli ultimi dati Istat sulle condizioni di salute della popolazione anziana in Italia, sono 3,8 milioni gli anziani con grave riduzione dell’autonomia nelle attività quotidiane di cura oppure in quelle della vita domestica, di cui la maggior parte riceve assistenza all’interno delle mura domestiche da parte di famigliari o persone di fiducia. In molti casi, le statistiche dimostrano che sono le donne a gestire questo tipo di situazioni: la cosiddetta “generazione-sandwich”, schiacciata tra impegni professionali e famigliari come l’accudimento di figli e genitori.

La famiglia si rivela quindi il principale pilastro, ma non sempre figli o altri parenti sono preparati a sufficienza per affrontare un momento così importante e allo stesso tempo delicato come la cura di una persona malata, o che comunque necessita di una specifica assistenza.

È il caso di Antonella Brugnola, ex manager d’azienda e attualmente Airbnb host advisor member, autrice insieme alla psicologa Claudia Campisi del libro Genitori anziani, che fare?, uscito a marzo di quest’anno e edito da Dario Flaccovio Editore.

Genitori anziani, che fare?, un libro per accudire al meglio la fascia più anziana della società

Antonella racconta la sua esperienza.

“Quando iniziò la lunga malattia di mio papà, con diagnosi del morbo di Parkinson, circa vent’anni fa, era già vedovo e io sono figlia unica. Iniziò a essere seguito da uno specialista che prescrisse le medicine, e per circa sette-otto anni e riuscì a gestire bene la malattia e i sintomi. La prima cosa che feci fu iscrivermi a una delle associazioni nate per la ricerca sulla malattia e informazioni ai malati e parenti. Molta guida e supporto lo ricevetti da loro. In realtà, col passare degli anni, mi resi conto di quanto subdola fosse quella malattia e di quanto poco coinvolti, o meglio preparati, fossero i caregiver. Si procedeva talvolta alla cieca, e non mi fu mai data una visione completa di cosa sarebbe successo a mio padre da lì a sei mesi. All’epoca non ebbi adeguata informazione da chi curava mio padre, e non mi fu neanche detto che per questo tipo di pazienti il trasferimento in una nuova casa, più vicina alla mia per poterlo seguire meglio, sarebbe stato devastante sull’equilibrio mentale di mio papà: nella nuova casa passò solo tre mesi e poi lo ricoverammo in casa di riposo. Poi entrai in un gruppo di mutuo aiuto nella RSA, e quello mi fu utile. Ricordo che per aggiungere la badante del weekend mi rivolsi ad un’agenzia, e non fui particolarmente contenta.”

La malattia di un genitore o di una persona cara porta da una condizione in cui si è ancora a tutti gli effetti “figli” a un’altra in cui i ruoli sono invertiti. Il libro è a tutti gli effetti una guida pratica destinata a chiunque si trovi in una situazione simile, con indicazioni su come adattare l’abitazione per renderla più funzionale alle nuove esigenze o facilitare il trasporto e l’accompagnamento, fino ai contatti di associazioni a tutela degli anziani.

L’amore diventa metodo

Il tutto è legato da un filo conduttore, il metodo A-M-O-R-E, così come spiega Antonella: “Il metodo è la sequenza di fasi che si prospettano al figlio adulto col genitore anziano, fin dall’inizio della vecchiaia. Ho voluto schematizzare per rendere più semplice la comprensione che ci sono delle fasi, cioè dei passaggi attraverso i quali passiamo e sono passata io: la A di ‘accettate l’inevitabilità’, la M di ‘maturare la consapevolezza’, la O di ‘osteggiare la solitudine’, la R di ‘recitare una parte’, la E di ‘esplorare cosa fare’”.

“Nell’ultimo capitolo, nel piano di interventi in dodici step, torna di nuovo l’acronimo per spiegare le fasi in modo semplice e in sequenza per gli interventi relativi alla casa, alla persona e alla sicurezza di sé e del patrimonio, con l’aiuto di liste, schede di planning e altri strumenti scaricabili e gratuiti. Questa volta il metodo A-M-O-R-E fa riferimento all’analisi della situazione esistente e alla relativa mappatura degli interventi, per poi organizzare al meglio le cose da fare e registrare i comportamenti del genitore, al fine di elaborare interventi correttivi successivi per una situazione ottimale.”

Nel lavoro che ha portato alla stesura del libro, Antonella e Claudia si sono fatte affiancare da alcuni professionisti.

“Per un parere illuminato abbiamo chiesto ad esempio al dottor Luca Foresti, che gestisce i Centri medici Santagostino, una visione della popolazione tra vent’anni, e ci siamo rivolte al geriatra Piero Schirò per la trattazione di alcuni temi-tabù degli anziani, come la sessualità e l’alimentazione. Ne sono usciti capitoli interessanti, che fanno pensare. Il mondo degli anziani è complesso e pieno di incognite, le aspettative di vita molto alte e questo tema va metabolizzato e accettato nella nostra vita quotidiana. Oggi iniziano a esserci aziende che hanno capito l’importanza di questo target e pensano a soluzioni concrete per risolvere problemi quotidiani di assistenza e supporto ai figli e ai genitori, ma c’è ancora tanta strada da fare”.

Non è vero che l’Italia è un Paese per vecchi: tutti i cambiamenti necessari alla popolazione anziana

Sulla strada da fare c’è il capitolo metaforicamente più lungo, in tutti i sensi. Dal libro emerge quanto la capacità di confrontarsi e fare rete sia fondamentale in questi casi, evidentemente anche per contrastare un “sistema” che non supporta in modo adeguato situazioni come quelle raccontate nel libro e vissute in prima persona da molti di noi.

“I macro interventi a nostro avviso riguarderebbero tre aree, e sono diventati drammaticamente urgenti. Innanzitutto, il sistema di assistenza privata, con la figura della badante, che è tipico del nostro Paese ed è il salvagente della struttura famigliare di oggi. Dovremmo imparare dai Paesi nordici dove, ad esempio, esistono intere strutture urbane create proprio per supportare gli anziani autosufficienti ma fragili, che vengono ospitati in mini alloggi protetti, idonei per dimensioni e funzionalità alle loro esigenze. Gli anziani che vivono lì ricevono l’assistenza di fisioterapisti, sono controllati a distanza e vivono in socialità, combattendo il loro primo nemico: vivere gli ultimi anni da soli.”

“In secondo luogo, il sistema pensionistico italiano, nato in un periodo in cui non si viveva tanti anni dopo la pensione, e arrivare a ottant’anni era un’eccezione. Oggi l’aspettativa di vita dopo il termine del lavoro è alta e il sistema non è più adeguato, in quanto non è certo che le prossime ondate di pensionati possano contare su un idoneo supporto economico nella vecchiaia, essendoci anche meno giovani al lavoro. Il modello deve essere adeguato, se ne parla da tempo; in questa riforma ha un peso enorme.”

“Infine, l’attuale spesa sanitaria non potrà affrontare questo scenario se non cambia del tutto e non si adegua alle fasi della vita negli ultimi anni. L’attuale sistema sanitario è deficitario non tanto per i tagli di budget che ci sono stati nel passato, ma per l’enorme cifra che dovrebbe finanziare ogni anno per le nuove esigenze di assistenza per tutti gli anziani. In sostanza, occorrerebbe cambiare paradigma e passare a un modello in cui per ogni fase ci siano sistemi di prevenzione della malattia abbinati ad assistenza pubblica, che tutelino in primis la dignità della persona e le sue volontà.”

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Leggi il mensile 111, “Non chiamateli borghi“, e il reportage “Aziende sull’orlo di una crisi di nervi“.


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Photo credits: vacanzeperanziani.it

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