Il settore cartario boccheggia, con i rincari che portano la carta da 650 euro a tonnellata fino a oltre 1.000. Tonino Dominici, Boxmarche, da cinquant’anni nel settore: “Speculazione dei clienti e PMI bloccate dai grandi gruppi. Mai vista un’impennata del genere”.
Il gianduiotto al veleno di Caffarel: Lindt batte cassa, 90 licenziamenti e lavoratori in stato d’agitazione
La multinazionale svizzera, proprietaria dell’azienda cioccolatiera torinese, prevede 90 esuberi dopo le perdite del 2020. Levata di scudi dei sindacati, che chiedono contratti di solidarietà. Lara Calvani, FLAI CGIL: “Management da azzerare dieci anni fa”.
Luserna San Giovanni è un piccolo Paese in provincia di Torino che secondo gli ultimi dati demografici ufficiali forniti dall’Istat conta poco più di 7.000 abitanti.
Caffarel ha un suo stabilimento proprio qui, che dà lavoro a 331 persone. Ma la notizia di questi giorni è che 90 di loro rischiano il licenziamento: 45 dagli uffici e altri 45 dalla produzione. Per la maggior parte, donne.
La prima assemblea dei lavoratori con le organizzazioni sindacali per discuterne si è tenuta martedì 8 giugno.
Pandemia e vendite in perdita: tra Lindt e Caffarel i conti non tornano
Caffarel è un marchio che tra cinque anni spegnerà duecento candeline, fondato nel 1826 con l’apertura della prima bottega a Torino, quando l’Italia unita ancora non c’era. Durante la guerra reperire il cacao era assai difficoltoso; così Caffarel inventò il gianduiotto unendo al cacao le nocciole piemontesi tostate.
Un pezzo di storia, un patrimonio culturale del nostro Paese che boccheggia: Caffarel è un marchio storico del Piemonte, dove ha il suo cuore, anche se dal 1998 la multinazionale svizzera Lindt ne ha acquisito la proprietà.
In Italia, Lindt è presente a Induno Olona – in provincia di Varese – con stabilimento di produzione e canale retail dedicato alla vendita al pubblico. Inoltre detiene il 100% di Caffarel SpA con sede, come detto, a Luserna in provincia di Torino.
Essendo un gruppo globale, la multinazionale svizzera opera in tutto il mondo e ha generato nel 2020 un totale di vendite pari a 4,017 miliardi di CHF, di cui 2,01 miliardi in Europa, 1,54 miliardi in Nord America e 0,47 miliardi nel resto del mondo.
Secondo l’ultimo report finanziario relativo all’anno 2020, pubblicato dallo stesso gruppo, la multinazionale svizzera ha registrato un totale di vendite pari a circa 4 miliardi di CHF rispetto all’anno precedente, il 2019, in cui le vendite totali erano state pari a poco più di 4,5 miliardi di CHF. Una perdita del 6,1% e un utile operativo che dal 2019 al 2020 ha fatto registrare una diminuzione da 593 a 420 milioni di CHF, passando dal 13,2% al 10,5%.
Caffarel, annunciati 90 esuberi: levata di scudi dai sindacati
Nello specifico, in Italia lo sviluppo delle vendite ha registrato una perdita del 24,3%, e questo – secondo il report stilato dalla multinazionale svizzera – a causa delle misure pandemiche adottate dal nostro Paese. Ciò ha generato un forte impatto sul canale distributivo e di vendita diretta dei prodotti: nello specifico, con Caffarel si è tentato di rilanciare il marchio puntando sulla tradizione di produttore di cioccolato con nocciole di alta qualità.
Evidentemente l’operazione rilancio, muovendo solo la leva del marchio heritage (sempre da quanto si evince nel report finanziario della casa madre), non è stata sufficiente per risollevare le sorti di Caffarel e dei suoi lavoratori.
Infatti il 1° giugno scorso, presso l’Unione Industriale di Torino, tra azienda e organizzazioni sindacali si è tenuto il primo incontro tra le parti, nel quale l’azienda ha comunicato ai sindacati le sue intenzioni riguardo i 90 esuberi in Caffarel.
Caffarel ha attivato così una procedura di cassa integrazione straordinaria: 90 esuberi tra i full time equivalent (per il momento vige ancora il blocco dei licenziamenti), con i sindacati disponibili a ragionare per rivedere l’organizzazione del lavoro e la produttività degli stabilimenti, ma non sui licenziamenti tout-court. Per l’azienda la modalità da utilizzare è la cassa integrazione; per i sindacati sono invece i contratti di solidarietà.
Lara Calvani, FLAI CGIL: “Lindt ha investito in Caffarel, ma ha sbagliato politica commerciale. Non possono pagare i lavoratori”
A Luserna, nello stabilimento Caffarel, i lavoratori sono impegnati durante l’intera giornata dell’8 giugno nelle diverse assemblee indette dalle organizzazioni sindacali, partendo dalle 8.00 del mattino per arrivare fino a sera inoltrata.
SenzaFiltro ha contattato Lara Calvani, segretaria generale della FLAI CGIL di Torino (la FLAI è la categoria sindacale che rappresenta, oltre ai lavoratori agricoli, anche quelli dell’industria di trasformazione alimentare).
Qual è la situazione emersa durante l’assemblea, qual è il sentimento dei lavoratori?
Le assemblee fino a questo momento ci hanno dato pieno mandato. Siamo usciti dalle assemblee con una dichiarazione di stato di agitazione e abbiamo avviato le procedure elettorali per il rinnovo delle rappresentanze sindacali unitarie. L’anno scorso con la pandemia le avevamo rinviate; ora ci sono le condizioni per poterle organizzare, e diventano indispensabili. Le lavoratrici e i lavoratori sono sconcertati, non si aspettavano una dichiarazione di esuberi da parte dell’impresa, ma sono coesi. Abbiamo già comunicato loro lo stato di agitazione, e che il 14 giugno incontreremo nuovamente l’azienda. Metteremo in campo tutto quello che c’è da mettere in campo, com’è normale che sia.
Quali sono a oggi le decisioni di Caffarel, e quanti sono gli esuberi previsti?
90 full time equivalent: 45 amministrativi e 45 lavoratori della produzione, ma essendoci molti lavoratori part time potrebbe voler dire che i lavoratori coinvolti nella procedura di esubero potrebbero essere più dei 90 dichiarati.
Secondo il sindacato è giustificabile questa situazione? Esiste un problema economico, o sono i soliti giochi finanziari di una multinazionale nei confronti di una sua associata – pur considerando che si parla di 13 milioni di debiti da parte di Caffarel?
Secondo noi in Caffarel esiste un problema da diverso tempo, e a mio avviso è un problema concreto: anno dopo anno Caffarel ha perso soldi, nonostante Lindt abbia continuato a ripianare. In qualunque azienda dopo tre o quattro anni di perdita di fatturato nel bene o nel male ci si interroga: l’unica giustificazione è quella di aver letteralmente dormito negli ultimi anni. Parliamo di un segmento di mercato, quello di Caffarel, che si è eroso nel corso del tempo: quello rappresentato dal canale Ho.Re.Ca. I prodotti Caffarel hanno un costo medio-alto perché sono di qualità, sono di pregio e costosi. Avrebbero dovuto interrogarsi su una diversificazione del segmento di mercato di riferimento, anche esportando quel prodotto, visto che parliamo di un’eccellenza italiana. Hanno sbagliato la politica strategica e commerciale negli ultimi anni, e queste scelte errate non le devono pagare i lavoratori, che hanno sempre fatto la loro parte accogliendo nel tempo tutte le richieste dell’azienda. Fermo restando che Caffarel, come giustamente facevi notare, ha registrato perdite intorno ai 13 milioni di euro solo nell’ultimo anno.
Quindi opposizione agli esuberi. Ma quali sono le proposte del sindacato?
Noi prima di tutto non vorremmo la cassa integrazione straordinaria per i lavoratori, ma gestire la situazione con la solidarietà per poi partire con un piano di riqualificazione professionale importante, visto che dal nostro punto di vista ciò che manca maggiormente è la prospettiva: chiedono un sacrificio ai lavoratori senza mettere nero su bianco quale tipologia di investimenti intendano fare.
Nell’arco di dieci anni si sono succeduti almeno dieci manager diversi tra marketing, vendite e AD: ritiene che la gestione di tutti questi manager possa aver portato a questa situazione, o si tratta piuttosto di strategie errate operate negli anni da parte della capogruppo?
Se fossi stata in Lindt, già dieci anni fa avrei fatto tabula rasa di tutto il management provando fino a trovare la modalità giusta per risalire la china, prima di arrivare a intervenire con l’accetta come adesso, tagliando chi non c’entra nulla con questa politica aziendale. Strategie sbagliate di chi prende decisioni a livello manageriale, non certo dei lavoratori. Lasciami dire che il pesce puzza sempre dalla testa.
Questione anzianità: in Caffarel ci sono lavoratrici che superano i vent’anni di servizio e non hanno neppure un profilo LinkedIn. Vede di facile gestione l’eventuale rioccupabilità di queste persone, oppure si rischia di andare incontro a un problema sociale e territoriale?
Si andrebbe incontro senza dubbio a un problema sociale e territoriale se non si raggiungesse un accordo tra le parti: con la mobilità i criteri di legge sono quelli relativi ad anzianità di servizio e carichi familiari. Si intende che per procedere con l’individuazione delle “persone licenziabili” si va per esclusione, tutelando in primis quelli con maggiore anzianità di servizio e con figli; quindi a rischiare sono i più giovani. Questa è un’azienda che non ha fatto grandi assunzioni: Caffarel è un’impresa storica del territorio che fino a trent’anni ha anche premiato la politica famigliare, che alternava tornate di esodo a tornate di assunzione per sostituire chi lasciava il posto di lavoro. Esistono lavoratori con trent’anni di anzianità, ma sono comunque giovani di età perché hanno iniziato a lavorare precocemente. Considera che siamo nelle valli, in un territorio dove una volta terminata la scuola dell’obbligo andavi a lavorare.
Caffarel è un’azienda che per questa valle rappresentava quello che ha rappresentato Olivetti nel Canavese: il senso di appartenenza che c’è nei lavoratori all’interno della Caffarel è difficile da trovare altrove. Per quanto riguarda il discorso della mancanza di un profilo LinkedIn tra i lavoratori di Caffarel, ti ricordo che la procedura per metà è sugli impiegati: gli impiegati hanno una professionalità acquisita e hanno fatto in questi anni diversi corsi di aggiornamento professionalizzanti anche all’interno dell’azienda; oggettivamente qualcuno di loro potrebbe essere appetibile sul mercato del lavoro, però occorre spostarsi dalla valle, se non addirittura fuori dalla stessa Regione. Vero è che prima di vendere la pelle dell’orso sugli esuberi cercheremo di trovare delle soluzioni più graduali: la Caffarel poteva evitare questa strada, non ti nascondo che sono abbastanza basita da questo atteggiamento. Caffarel è sempre stata vista dai lavoratori come l’azienda sicura in cui si stava bene.
Sul tema della possibile rioccupabilità dei lavoratori della produzione, invece, intendiamo chiedere a Caffarel di riqualificare il personale per lavorare anche sulle nuove macchine su cui hanno investito nel 2019: la sfida è traghettare l’azienda nella trasformazione verso il digitale e verso il 4.0. Non puoi innovare solo comprando macchinari sempre più performanti senza lavoratori che sappiano lavorare con questi nuovi software, e quindi devi formarli.
Inoltre, noi dovremmo iniziare a ragionare sul tema dell’orario di lavoro: Caffarel lavora per Lindt, e quest’ultima attualmente gli gira il 65%-70% dei flussi di lavoro. Avendo la multinazionale svizzera saturato i propri stabilimenti, potrebbe spostare qui altri flussi di lavoro, visto che Caffarel si è dimostrata sempre flessibile e in grado di fare anche il lavoro supplementare. Siamo disponibili a ragionare anche a lavorare a ciclo continuo: a questo punto però non parliamo più di esuberi, ma di nuove assunzioni, guadagnando in qualità della vita e in occupazione. Questa è la sfida per i prossimi due-tre anni, e non solo in Caffarel.
Infine, non certo in ordine di importanza, teniamo conto che il 65%-70% di chi lavora in Caffarel è rappresentato da donne: questa è una scelta strategica della Caffarel perché l’estrusione del gianduiotto – fatto a mano – è una tipologia di lavoro da sempre collegato alle donne, perché hanno maggiore manualità e sono molto più precise. Ma oggi il mercato del lavoro non offre molto alle donne; figurarsi in una valle con uno spaccato come quello attuale.
Isabella Bosio, lavoratrice Caffarel: “Noi sempre andati incontro all’impresa, ma ora non ci considera”
Isabella Bosio è una lavoratrice della Caffarel di Luserna e rappresentante sindacale della FLAI CGIL. SenzaFiltro l’ha contattata alla fine della giornata dedicata alle assemblee coi lavoratori dello stabilimento. Lei è stata presente a tutte.
Qual è il bilancio alla fine di questa lunga giornata, Isabella?
Abbiamo preso atto dei 90 esuberi dichiarati da Caffarel, che ha aperto la procedura per la cassa integrazione straordinaria: tieni conto che in azienda quasi il 70% della popolazione lavorativa è rappresentata da donne e i più giovani che ci lavorano superano i 40 anni. Il nostro prossimo incontro con l’azienda è fissato per il 14 giugno, anche se sembra che Caffarel rischi di arrivarci senza avere una propria idea in merito: occorrerebbe riqualificare il personale, visto che abbiamo impianti nuovissimi a fronte di investimenti effettuati da Lindt anche nel 2020, in piena pandemia. Senza dimenticare che anche nella primavera di quest’anno sono state effettuate ulteriori migliorie sugli impianti.
Voi lavoratori in Caffarel che idea vi siete fatti di tutti questi anni di cambiamenti a livello di management ?
Noi lavoratori il cambiamento maggiore l’abbiamo ravvisato in questi ultimi sette anni, nei quali ogni direttore di stabilimento che arrivava portava la propria idea senza che avessimo la percezione che ci fosse davvero un cambiamento concreto. Siamo arrabbiati perché comunque è impensabile che dopo tutto l’impegno messo da parte nostra in tema di disponibilità a fare straordinari, a lavorare a scorrimento sei giorni su sette, tutto questo continuo venire incontro alle richieste aziendali non ha ricevuto la giusta considerazione da parte dell’impresa, considerando altresì che è stato firmato l’ultimo accordo sugli straordinari su una linea solo due settimane fa. Per questo, in ogni assemblea che abbiamo tenuto nel corso della giornata, tutti i lavoratori hanno evidenziato la stessa perplessità. È innegabile che gli investimenti di Lindt su Caffarel ci siano stati, ma nonostante questo ci troviamo davanti a 90 esuberi. Abbiamo dichiarato lo stato di agitazione, per il momento senza iniziative. Nel prosieguo delle trattative si vedrà come muoversi.
In attesa del prossimo incontro tra le parti programmato per lunedì 14 giugno è auspicabile che si possa trovare una soluzione che integri una diversa e più efficiente organizzazione del lavoro, legata a una migliore produttività. Senza rischiare di vedere 90 tra lavoratrici e lavoratori perdere il lavoro in una valle in cui la Caffarel è nata e ha fatto la storia d’Italia, prima che l’Italia esistesse.
Photo credits: ecodelchisone.it
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