Il Molise muore sul lavoro, la Lombardia non è da meno

Tutti i numeri delle morti sul lavoro relativi all’anno 2021: quali sono le Regioni e i settori in cui si muore di più, e per quale motivo?

Questi anni di lockdown, nonostante i periodi di inattività, non hanno risparmiato i lavoratori e le morti sul lavoro sono state numerose. Il 2020 si era chiuso con 1.230 vittime, mentre secondo l’INAIL i primi dieci mesi del 2021 hanno visto 1.017 decessi.

Un dato importante, che racchiude non solo storie di famiglie distrutte, ma anche dinamiche che devono essere interpretate per comprendere meglio il fenomeno delle morti sul lavoro e come prevenirle.

Dove e come muoiono i lavoratori in Italia

La Regione col maggior numero di vittime è la Lombardia, dove sono in 140 ad aver perso la vita per lavoro. Su questo triste podio ci sono poi la Campania e il Lazio, con rispettivamente 107 e 96 decessi. La Regione che ne ha invece subiti di meno è stata la Val d’Aosta, dove ne sono avvenuti tre, uno in più dell’anno scorso.

I termini assoluti, però, non sono molto d’aiuto, perché sono influenzati dalla dimensione geografica. Calcolando l’incidenza di questi valori ogni 100.000 lavoratori si può avere un quadro diverso, in grado di restituire un’immagine più fedele alla realtà: così la Lombardia non appare così critica, mentre Emilia-Romagna, Piemonte e Lazio sono chiaramente più colpite dal fenomeno. Secondo questo tipo di visualizzazione, come si può vedere nell’infografica, il Molise detiene il primato per quanto riguarda gli incidenti mortali sul lavoro.

Come mostra il grafico, ci sono state significative diminuzioni in Lombardia, in Liguria, in Piemonte e in Emilia-Romagna nell’ultimo anno, ma il numero delle morti è salito nel Lazio e soprattutto in Campania e Puglia. Il fenomeno è trasversale e colpisce tutte le fasce d’età, ma sono i lavoratori sessantenni i più frequenti nelle pagine di cronaca, sia quest’anno che lo scorso, mentre c’è stata una diminuzione nella fascia che va dai 40 ai 50 anni. Tristemente ci sono vittime anche fra gli over 70, sintomo del continuo allontanarsi dell’età pensionabile.

Tuttavia non bisogna credere che quei 1.017 fossero tutti lavoratori dediti a mansioni pericolose. La maggioranza di loro, 859, sono catalogati dall’INAIL nell’industria e nei servizi, 112 nell’agricoltura e 46 alla voce “per conto dello Stato”, dove figurano i dipendenti delle amministrazioni statali e i medici esposti a elementi radioattivi. Di tutti questi, 202 sono morti in itinere, ossia nel tragitto verso o dal posto di lavoro. I restanti 815 sono deceduti durante lo svolgersi delle loro mansioni.

Tutti i settori delle morti sul lavoro

Industrie e servizi racchiudono diverse categorie: l’industria, l’artigianato, il terziario e altre attività. Togliendo la parte di decessi in itinere, le morti sul lavoro sono in tutto 678 e sono così ripartite: 241 nell’industria, 137 nell’artigianato, 145 nel terziario, 52 in altre attività e 103 non determinate. Molte di queste, però, sono avvenute sì nello svolgimento della mansione, ma su un mezzo di trasporto: 52 nell’industria, 28 nell’artigianato, 22 nel terziario, 6 in altre attività e 2 non determinate, per un totale di 110. Rispetto quindi al dato iniziale, sono 189 e 109 le morti avvenute in prossimità di macchinari pericolosi. Si tratta comunque di un numero non irrilevante, ma che ridimensiona la percezione del fenomeno come una semplice fatalità dovuta all’intrinseca pericolosità di certi mestieri.

Anche nell’agricoltura la maggior parte delle morti è avvenuta senza l’utilizzo di un mezzo di trasporto; il fatto può stupire perché le macchine agricole potrebbero sembrare il pericolo più grande. Invece, su 98 decessi sul luogo di lavoro, solo 15 sono avvenuti sui mezzi, mentre i restanti 83 sono stati causati dalle altre condizioni di lavoro.

Come si può leggere anche dalla cronaca, però, il numero maggiore di incidenti mortali avviene nel settore delle costruzioni. Da inizio gennaio a fine ottobre sono stati 98 gli operai morti nei cantieri, anche più di tutti quelli delle attività manifatturiere messe insieme, fra i quali pesano le industrie alimentari (15), la fabbricazione di prodotti in metallo (17) e quella di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (12). Nella metallurgia sono stati solo 3 i decessi, mentre nella produzione di coke e altri derivati della raffinazione del petrolio non c’è stata nessuna vittima.

Un’altra voce rilevante è quella del trasporto e magazzinaggio, che conta 81 decessi, così come nella riparazione e commercio all’ingrosso e al dettaglio di autoveicoli e motocicli, dove sono stati 62. Anche nel settore del noleggio, delle agenzie di viaggio e di servizi di supporto alle imprese sono morti diversi lavoratori, per l’esattezza 26, più dell’Amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria, categoria che comprende le attività di amministrazione, supervisione e gestione della difesa militare delle forze armate, attività sanitarie destinate

alle truppe sul campo, attività amministrative, di gestione e di supporto delle forze civili di difesa, dove sono state 21. Persino nell’istruzione sono ci sono state 5 morti.

Se anche la morte sul lavoro è una questione di genere

La varietà della categoria industria e il diverso peso che hanno i settori che possono apparire più o meno pericolosi ci permette quindi di sfatare una semplificazione che vorrebbe le morti sul lavoro relegate solo a certi tipi di mestieri, e ci permette di capire che le situazioni pericolose possono crearsi ovunque, come per la scuola. Anche nelle attività finanziarie e assicurative ci sono state 5 vittime. Basta un filo scoperto e una mancata attenzione alla cultura della sicurezza.

A farne le spese non sono stati solo i lavoratori italiani. Nei dieci mesi in osservazione, nel nostro territorio, sono stati 861 le vittime nostre connazionali, mentre 38 venivano da altri Paesi dell’Unione europea. Un numero più alto è quello dei soggetti extracomunitari, pari a 118. La sua incidenza è molto rilevante se si considera che il numero dei lavoratori non UE in Italia è pari a circa 2,34 milioni.

Infine, la questione di genere. Dei 1.017 deceduti, 922 sono uomini. Di questi, 745 sono morti sul luogo di lavoro, 121 dei quali si trovavano su un mezzo di trasporto, mentre 177 sono morti per incidenti in itinere. Le donne sono invece 95; 70 sono morte sul posto di lavoro, 5 erano su un mezzo, mentre 25 sono decedute negli spostamenti da casa al lavoro o viceversa.

Foto di copertina by Pixabay

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