Irene Monari, sales specialist, sull’attesa nell’era di WhatsApp

Attese che valgono quanto desideri da soddisfare, e velocità che si trasforma in superficialità. La traccia C2 della maturità 2023 svolta da Irene Monari, sales specialist presso DS Smith

Il tema di Irene Monari

Fortuna che non hanno ancora inventato il teletrasporto, altrimenti sai che traffico!

Oggigiorno il mondo occidentale è sempre più improntato alla velocità, all’immediatezza, alla volontà di superare spazio e tempo. Se potessimo, cercheremmo di essere in mille posti contemporaneamente a spuntare mille migliaia di compiti. C’è solo un problema: che non possiamo. E perciò, visto che non possiamo, cerchiamo di colmare il più possibile le pause e i tempi morti con qualcosa di “produttivo”. Che poi è produttivo per chi? Per che cosa? Il problema arriva poi quando ci tocca aspettare, aspettare per davvero, e lì la bocca inizia a contorcersi in una smorfia di disapprovazione.

Forse perché siamo sempre stati bombardati prima dalle pubblicità di pillole dimagranti che promettevano risultati immediati (che stupidi, pensare di perdere due taglie in sole due settimane) ad Amazon Prime che ti consegna il pacco in un giorno, al delivery che ti consegna subito la cena sotto casa. Ci siamo abituati bene, troppo bene, perché aspettare è fatica. Perché i risultati li vogliamo subito, altrimenti ci deprimiamo e molliamo. In ogni ambito della vita, dalla cura del corpo alla nostra realizzazione. E come biasimarci? Abbiamo tutto a portata di mano senza neanche mettere il naso fuori casa. Ma crediamo davvero che questo sia il vero progresso e l’evoluzione dell’uomo?

Lo possiamo vedere ogni giorno nel lavoro: se non rispondi a una mail stai sicuro che chiamano, perché sì, perché è diventato tutto urgente. Non ci sono priorità, non ci sono cose che puoi rimandare a domani. Qui nasce anche la pretesa da parte dell’uomo stesso di misurare questa velocità ed efficienza su altri uomini; perché se vai piano, rendi di meno. E così l’uomo, il corpo umano, non è più unione di carne e anima, ma macchina, fonte di reddito. Se pensiamo che il tempo è denaro, abbiamo già tratto le nostre conclusioni e abbiamo così tanta fretta che sembriamo più vecchi di quanto già non siamo, sia fuori che dentro.

Eppure, a me piace vedere gli anziani che salutano e che chiacchierano in sala d’attesa dal medico, mentre altri hanno il volto riverso sul loro smartphone. Forse c’entra ben poco che i primi non devono lavorare e i secondi no. Si tratta si un’impostazione completamente distorta che stiamo dando alla nostra vita, andando anche contro natura. Basta vedere anche solo gli adolescenti di oggi: sempre più precoci e con tappe della vita già bruciate, non bastava aspettare un attimo in più? Provate a pensare solo quanto è bella l’attesa prima di partire per un viaggio, ad esempio, o quanto è bello aspettare una persona cara che torna dopo tanto tempo. A volte l’attesa è quasi più bella del momento stesso, perché abbiamo un desiderio. Ma se il desiderio viene soddisfatto subito, che cosa ci rimane?

Tutti i grandi risultati, ottenuti da grandi persone, non sono mai stati facili, e tutto ciò che è facile e immediato solitamente è stupido. Parliamo di grandi amori coltivati con lettere in tempo di guerra e poi ci lasciamo con un messaggio. A questo punto mi viene da chiedere: davvero, in che direzione stiamo andando? Forse la cosa migliore che si potrebbe fare, è un enorme passo indietro: tutta questa immediatezza prima o poi arriverà a un livello di saturazione e non potremo più oltrepassare certi limiti. E lo capiremo perché ci verrà la nausea. E allora lì saremo costretti a riassaporare il gusto dell’attesa. Ripartiamo, perciò, dalle piccole cose: dalla fila in posta, alla cassa del supermercato, impariamo a vivere il presente e a goderne. Solo così riusciremo a uscire da questo stato di perenne frustrazione che ci ha intrisi fino a ora.

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