La carenza dei medici è un falso problema

Abolire il test di Medicina risolverebbe il problema della mancanza di medici? Ci sono opinioni contrastanti, ma sembra di no. Ecco perché.

Secondo i dati di Consulcesi, network legale e di formazione dei professionisti della sanità, in Italia mancano almeno 56.000 medici. Una carenza che, soprattutto in questi mesi di forte stress per il Servizio Sanitario Nazionale, ha pesato e sta pesando sulla resa dell’assistenza medica fornita al Paese.

Il Coronavirus ha così evidenziato un problema che affonda le sue radici nel tempo, e che fotografa tutte le lacune e le mancanze della sanità italiana. Tra le strade per colmare la carenza di personale, una delle soluzioni proposte da anni dal mondo della politica, così come da tante organizzazioni studentesche, è quella dell’abolizione dei test di ammissione a Medicina.

Ma è davvero una strada così semplice? Basta abrogare qualche articolo e il gioco è fatto? Analizzando la questione il quadro risulta molto più complesso.

Formazione medica: un problema di qualità, più che di quantità

Per l’anno accademico 2020/2021 sono stati 66.638 gli studenti che hanno sostenuto il test di ammissione per i 13.072 posti messi a bando per i corsi di laurea in Medicina e Chirurgia. 1.500 in più rispetto allo scorso anno, con Milano, Roma e Napoli in testa alla classifica dei posti disponibili.

“Quello che manca non sono i medici, ma i medici specialisti, che si possono avere solo con un aumento delle borse di specializzazione”, dichiara Federico Fama, Presidente Nazionale del SISM – Segretariato Italiano Studenti in Medicina – APS, che sottolinea come, più che sui numeri, si dovrebbe ragionare sul tema della qualità della formazione medica.

“Senza investimenti adeguati, se aumentassero solo i posti a Medicina ma non le strutture, le aule, i docenti e la rete formativa dove poter svolgere le attività pratiche integrative (come il tirocinio curricolare), la qualità della didattica ne risentirebbe di conseguenza. Quello che il SISM propone da anni in tal senso è di non ragionare a compartimenti stagni (l’abolizione del test, la disponibilità dei medici) ma di puntare alla creazione di un programma integrato di riforma del sistema di formazione medico, che mediante l’impiego di risorse economiche e umane punti alla qualità, e che tenga conto in maniera sistematica dei fabbisogni sanitari del territorio in un’ottica di lungo periodo.”

L’imbuto formativo delle specializzazioni mediche

Anche per Roberto Monaco, Segretario Generale FNOMCeO –  Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, il problema non è il numero chiuso a Medicina, bensì la disponibilità di posti nelle scuole di specializzazione.

“La previsione fatta da Anaao Assomed è che nei prossimi anni avremo 100.000 laureati in medicina, un numero sufficiente a colmare le necessità del Paese”, dichiara Monaco.

Ogni anno in Italia si laureano circa 9.000 medici, che aspettano di poter entrare nel Servizio Sanitario Nazionale. Per potervi accedere si deve passare attraverso la specializzazione o il corso di Medicina Generale. I numeri dei posti disponibili fino a ora non sono stati in grado di assorbire il numero di laureati, e si è creato il cosiddetto imbuto formativo.”

Dal 2010 infatti si è assistito ad un incremento progressivo dei posti disponibili per i corsi di laurea in Medicina (da 8.755 a 13.072), che tuttavia non è stato seguito parallelamente da una crescita dei corsi di specializzazione medica e delle assunzioni mediche del SSN. Una situazione che si spera stia per cambiare.

“Quest’anno le disposizioni del governo hanno previsto un aumento dei posti disponibili per le specializzazioni a 14.500, che si sono sommati ai 2.000 del corso di medicina generale. In totale però hanno fatto domanda in 24.000, e i 7.500 che non sono entrati restano esclusi. Fortunatamente per loro il governo ad oggi ha garantito che i posti resteranno altrettanti anche per i concorsi dei prossimi due anni, e questo permetterà di ridurre progressivamente questo imbuto formativo.”

Eliminare oggi il numero chiuso a medicina rischia invece di aggravare questo imbuto formativo, oltre al fatto che è un sistema essenziale per continuare a fare proiezioni per il futuro rispetto al numero di medici effettivamente necessari al Servizio Sanitario Nazionale. Bisogna ragionare sui numeri, su quanti medici e specialisti servono e serviranno in futuro. Da queste stime bisogna partire per stabilire le borse per le specializzazioni, e a ritroso i numeri dell’accesso a medicina, tenendo in considerazione anche i numeri fisiologici dell’abbandono dei corsi universitari.”

Di quanti medici ha bisogno l’Italia?

Quello che sembra utile quindi, in quest’ottica, più che l’abolizione del numero chiuso è un ragionamento prospettico sul fatto che il bisogno di personale medico in Italia nel futuro prossimo potrà essere risolto solo dagli studenti attualmente già impegnati nel percorso formativo, e dai medici nel limbo tra l’abilitazione e i corsi specialistici. Secondo i numeri di un recente studio dell’Anaao Assomed, entro il 2023 potrebbero mancare circa 10.000 medici specialisti nelle corsie d’ospedale.

Fonte: Anaao Assomed 2020

Una situazione negativa che si risolverebbe solo nel quinquennio 2024-2028, allo stato attuale delle cose, grazie ai recenti aumenti dei contratti di formazione specialistica disponibili.

“Un quadro aggravato e reso ancor più complesso dalla totale assenza di programmazione nella formazione post-laurea, che è andata in crisi in molte regioni, in relazione all’inaspettata pandemia da Sars-CoV-2”, dichiara il segretario Anaao Assomed Carlo Palermo, coautore dello studio. “Chiediamo un finanziamento una tantum di ulteriori 11.800 contratti di formazione specialistica da distribuire sui concorsi 2021 e 2022 per mettere una pietra tombale sull’imbuto formativo in un biennio. Il costo stimato sarebbe complessivamente di circa 1,3 miliardi di euro da spalmare in base alla durata in anni della formazione: una spesa straordinaria per un progetto straordinario”.

La strada auspicata è quella di un coordinamento maggiore fra mondo dell’università e Servizio Sanitario Nazionale al fine di creare un sistema di formazione di qualità per i futuri medici, in grado di fornire loro un impiego certo e di soddisfare i bisogni sanitari della popolazione nazionale.

Il test di ammissione a Medicina è discriminatorio. Lo aboliamo?

Quanto detto sino a ora non sembra quindi intaccare la validità del test di ammissione a Medicina, salvo per il fatto che si debba prestare attenzione ai numeri dei posti disponibili, che devono essere ben calibrati in funzione delle necessità future del Paese.

Eppure le associazioni studentesche restano molto critiche di fronte al permanere di questo sbarramento all’ingresso, come hanno dimostrato le tante manifestazioni a sfavore che si sono svolte a settembre in concomitanza con la somministrazione dei test.

Ne vengono criticate sia la metodologia che i contenuti, e ne vengono proposte modifiche o integrazioni come l’uso di colloqui strutturati o test psicoattitudinali.

Per Lorenzo Morandi, coordinatore nazionale di Link, il numero chiuso a Medicina e le modalità di realizzazione del test restano comunque limitanti. “Il test di Medicina è fortemente discriminatorio. A partire dal fatto che la preparazione per superarlo è molto costosa. I corsi che vengono fatti o l’acquisto degli alpha test sono una spesa proibitiva per molti studenti, così come il costo del test in sé (che quest’anno è arrivato a 100 euro). Come Link siamo contrari al test e al numero chiuso, ma quello che chiediamo non è semplicemente la sua abolizione, quanto un’azione corale e organica del governo per rafforzare gli investimenti nel campo della formazione sanitaria, per garantire non solo più infrastrutture o dipendenti, ma un vero e proprio modello diverso di sanità”.

Ciò che sembra necessario, quindi, non sono azioni o disegni di legge su singole questioni, ma è la volontà forte di coinvolgere più parti nella definizione di un percorso di formazione dei medici più performante, e in grado di rispondere alle necessità del futuro. Se si vogliono delle nuove soluzioni vanno cercate in maniera corale, attraverso delle politiche che guardino all’insieme.

La pandemia ha portato alla ribalta le esigenze e le mancanze a livello territoriale del Sistema Sanitario Nazionale, un problema complesso e radicato nel tempo, che certo non potrà trovare una soluzione immediata nella semplice abolizione di un test d’ingresso.

Photo by Markus Frieauff on Unsplash

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