Manutencoop Facility Management non si può definire una piccola impresa, con tutto quello che movimenta nel settore dei servizi. Ha più di 14.000 dipendenti, di cui circa 13.500 sono operai sparsi in tutta Italia che svolgono con professionalità il proprio lavoro; per questo motivo diventa quello che in statistica si definisce “campione rappresentativo della popolazione”, ovvero uno spaccato reale della nostra società o di una parte di essa.
Manutencoop: sempre meno italiani, sempre più stranieri. Soprattutto al nord
Il direttore del personale Andrea Paoli mi dà alcuni numeri perché, come dice lui, ricalcano in maniera puntuale la realtà. L’azienda è un gigante nell’ambito del facility management, dove vuole essere un riferimento per i clienti offrendo servizi non solo di sanificazione ma anche di gestione degli impianti. “Il tasso di specializzazione della professione di un addetto alle pulizie”, dice, “è sicuramente più contenuto rispetto a quello di un manutentore, che deve essere più eclettico e specializzato perché deve operare spesso fuori dagli schemi per risolvere i problemi che incontra. Probabilmente anche per questo motivo, soprattutto nel nord Italia, c’è stato un abbandono dell’interesse per l’ambito delle pulizie da parte degli italiani, che cercano occupazioni socialmente più qualificate. Quindi hanno progressivamente lasciato libera una fetta di mercato del lavoro, prontamente coperta dagli stranieri, che sono maggiormente disponibili a svolgere mansioni scartate o considerate meno interessanti dagli italiani”.
Quando gli chiedo quali sono le caratteristiche dei dipendenti stranieri mi risponde sicuro: flessibilità e adattabilità, unitamente alla necessità e al desiderio di riscatto che hanno permesso agli stranieri di diventare il 21% della forza lavoro di Manutencoop. Ci tiene a dirmi che questo tipo di distribuzione non è la stessa sul territorio nazionale: “Al sud la penetrazione nel mercato del lavoro del personale di origine straniera non è così elevata perché c’è ancora un forte presidio dei dipendenti di origine italiana, che si tengono stretto il contratto anche in questi settori; al nord è più facile che il dipendente scelga di abbandonare l’azienda per altre opportunità, anche in tempi rapidi”.
La sostituzione del personale italiano con quello di origine non italiana non trova una causa specifica, ma è un trend progressivo che si manifesta da anni. “Il turnover più alto al nord”, continua Paoli, “non trova neppure giustificazione nel trattamento contrattuale: infatti il 91% del personale ha un contratto a tempo indeterminato, gli altri a tempo determinato”. Un turnover in presenza di stabilità che costituisce un fattore attrattivo, e che probabilmente viene visto come ulteriore incentivo per il personale straniero: “Un lavoro con caratteristiche di stabilità è comunque un tipo di condizione che mi permette di progettare qualcosa per il futuro”.
Borse di studio, il merito dei “colleghi non italiani”
Intuisco che il nord del Paese offre molto di più in termini di occasioni rispetto al sud e che il peso sociale del generico addetto alle pulizie sia un fattore che gioca un ruolo fondamentale sul turnover. Gli chiedo se ci sono delle qualità che emergono in maniera preponderante nel dipendente straniero rispetto a quello italiano. “La risposta non è facile”, mi dice, “perché ogni scelta è figlia di condizioni personali”.
Però il direttore del personale mi offre un’indicazione importante. Attraverso il sistema di welfare interno, Manutencoop offre ogni anno ai figli dei dipendenti borse di studio agli studenti delle scuole superiori e dell’università. In alcune aree, come ad esempio nel modenese, quasi il 90% dei premiati sono figli di colleghi non italiani “e l’unico parametro di valutazione è il merito. Nient’altro”, ci tiene a sottolineare. “Nel guardare i visi e gli occhi di questi ragazzi ho colto uno spirito particolare, una voglia di crescere, una determinazione che io non vedo così spesso nei giovani italiani. Una determinazione figlia di un desiderio di riscatto che i genitori hanno voluto per se stessi, ma soprattutto che desiderano per i loro figli, a cui hanno insegnato che l’impegno premia sempre”.