Mobbing non ancora illegale. E il ministro Orlando non risponde

I disegni di legge per contrastare il fenomeno del mobbing si sprecano, dal Governo Conte al Governo Draghi, ma nessun esecutivo ha affrontato il fenomeno. Un quadro della situazione parlamentare e dell’operato del ministro del Lavoro.

Provate a cercare informazioni sui provvedimenti contro le vessazioni inflitte a tante persone nei luoghi di lavoro, quelle tecnicamente definite mobbing. Incapperete in un sacco di promesse, tutte non mantenute, e in parecchi progetti di legge, mai arrivati al traguardo, nonostante le recenti rassicurazioni da parte del ministro del Lavoro Andrea Orlando (PD).

Insomma, per fronteggiare questo gravissimo fenomeno l’Italia si cimenta da anni, a livello parlamentare e legislativo, in chiacchiere senza risultati. Pure i sindacati sembrano poco interessati, hanno altre priorità. Così il nostro Paese è ancora tra quelli che non hanno norme esplicite – nel Codice penale e in quello civile – dedicate alla questione. Nel frattempo, anche durante la pandemia e l’eventuale smart working, migliaia di vittime restano sole, con scarsissimi strumenti per proteggersi: spesso sono costrette a dimissioni forzate, perdendo l’occupazione.

Le proposte di legge sul mobbing del Governo Conte

Il mobbing (dal verbo inglese to mob, “aggredire”, “accerchiare”) non va confuso con lo stalking o con le molestie sessuali: sia per le modalità diverse utilizzate; sia perché – al contrario di quei due reati – non viene sanzionato in modo chiaro. Di certo se ne scrive e parla pochissimo, se non quando accadono tragedie: tra la primavera e l’estate del 2021 ha fatto notizia la storia di Sara Pedri, ginecologa scomparsa nel nulla a marzo, dopo la persecuzione subita, secondo gli inquirenti, nell’Ospedale Santa Chiara di Trento.

SenzaFiltro si è già occupato del mobbing un anno fa, nel dicembre del 2020, durante il secondo Governo Conte: con un articolo ricco di dati sulla legislazione in altri Paesi e sul numero di mobbizzati italiani (almeno 2 milioni), sulle loro caratteristiche, sui gravi problemi fisici e psicologici cui vanno incontro, sui rischi occupazionali e sulle pesanti spese legali necessarie per affrontare una vertenza giudiziaria (che è scelta, non casualmente, da una minoranza). L’articolo era stato ispirato da quella che sembrava una svolta: l’unificazione annunciata di tre proposte di legge anti-mobbing, che giacciono dall’inizio della legislatura nei cassetti della Commissione Lavoro della Camera; una è targata PD e due sono firmate M5S.

Queste ipotesi normative vorrebbero punire chi ricorre ad atteggiamenti vessatori con la reclusione da 6 mesi a 6 anni e con multe da 30.000 a 100.000 euro; prevedono pure l’obbligo, per le aziende, della prevenzione e di sanzioni disciplinari. Ci sono aggravanti del reato se gli atti sono commessi dal superiore gerarchico e se colpiscono minorenni, disabili e donne in gravidanza o con bimbi molto piccoli. Però non se n’è fatto niente: tutto è tornato nell’oblio dopo la caduta del premier Giuseppe Conte e l’arrivo, il 13 febbraio 2021, del suo successore Mario Draghi. D’altra parte, un’altra proposta di legge analoga contro le vessazioni psicologiche sul lavoro era stata presentata nella legislatura precedente, con gli stessi risultati: nessuno.

Mobbing, il ministro Orlando non dà risposte

Tra le parole ascoltate negli ultimi tempi a proposito delle necessità di una normativa contro il mobbing ci sono anche, a dire il vero, proprio quelle del ministro Orlando.

Il 22 luglio 2021, rispondendo in Senato a una interrogazione ispirata dalla vicenda di Sara Pedri, ha proclamato: “Condivido l’opportunità di valutare un’iniziativa legislativa ad hoc, che integri le forme di tutela – fino adesso garantita in massima parte per via giurisprudenziale – al fine di uniformare la definizione della fattispecie del mobbing, ampliare la conoscenza del fenomeno (anche in relazione agli aspetti dell’organizzazione del lavoro), potenziare le politiche di prevenzione e introdurre misure più efficaci di contrasto”.

Il ministro ha aggiunto che “si tratta di interventi che necessitano comunque di una strategia comune in materia di tutela dei diritti e di salute e sicurezza del lavoro”. Per contrastare questi fenomeni, ha spiegato, “è stato dato un forte impulso sul piano normativo con l’entrata in vigore della legge n. 4 del 2021, di ratifica della convenzione ILO n. 190, al fine di introdurre una tutela adeguata nel nostro ordinamento in aderenza agli standard di prevenzione e protezione contenuti nella disciplina internazionale”.

Orlando ha concluso: “Sono disponibile ad attivare un percorso di confronto tecnico, anche con le altre amministrazioni interessate, a partire da Salute e Giustizia, e ovviamente a offrire piena disponibilità al confronto anche rispetto alle eventuali iniziative legislative cui il Parlamento intenda dare corso”.

Pochi giorni dopo, il 4 agosto 2021, due senatori di Italia Viva, Donatella Conzatti e Davide Faraone, hanno presentato un altro disegno di legge, il n. 2358: intitolato Disposizioni in materia di eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, ora all’esame della commissione del Senato preposta: vuole un’“espansione dell’intervento normativo”, oltre al mobbing, “anche ai fenomeni dello straining (una forma “attenuata” di mobbing, comunque capace di produrre uno stress duraturo, indotto da almeno un’azione ostile che la vittima – il lavoratore – subisce dal suo aggressore, lo strainer, N.d.R.), delle molestie e delle singole violenze, sia fisiche sia psicologico-morali, che sempre più di frequente si sviluppano negli ambienti lavorativi”. Vedremo l’iter parlamentare.

Di certo, queste ultime iniziative avevano fatto ben sperare. Però SenzaFiltro, alla domanda “Il ministro Orlando sa delle proposte di legge già esistenti?”, ha ricevuto, da uno dei deputati promotori dei progetti di legge, questa risposta: “Bisognerebbe chiederlo a lui. A noi non ha chiesto né detto niente”.

Cosicché, visto il successivo silenzio, ci siamo procurati gli indirizzi email di due suoi importanti assistenti, chiedendo loro (il 2 dicembre scorso) di far avere al ministro l’articolo uscito nel 2020 su SenzaFiltro e un altro successivo (sempre dello stesso autore, cioè di chi firma questo pezzo) pubblicato a settembre 2021 su Treccani.it. Con questa postilla: “​​Forse il ministro e/o i suoi collaboratori potrebbero trovare utile usufruirne”. Risposte: non pervenute.

Il fenomeno dello smart mobbing, i centri e le associazioni che se ne occupano

In Italia intanto il mobbing dilaga, nonostante l’emergenza sanitaria. Succede durante i lunghi mesi di lavoro svolto in tutto o in parte da casa: quello privo per ora di regole e impropriamente chiamato smart working (che richiede un progetto puntato sui risultati, non sugli orari). Infatti si potrebbe coniare un nuovo tipo di vessazione: lo smart mobbing.

La psicologa Giovanna Castellini, dirigente nel “Centro stress e disadattamento lavorativo” (dal 1996 nella Clinica del lavoro del Policlinico di Milano, è frequentato ogni anno da centinaia di persone), ci ha spiegato: “Nei primi tempi della pandemia molte persone si erano sentite meglio, avendo avuto l’occasione per lavorare lontano da chi le ha prese di mira. Però, con il trascorrere dei mesi, il meccanismo è stato replicato con nuove modalità: valanghe di chiamate telefoniche e di messaggi prepotenti, emarginazione dal ciclo lavorativo, isolamento, critiche prive di motivi. A tutto ciò va aggiunta la paura di finire per primi tra i candidati al licenziamento o alla cassa integrazione”.

Quest’ultima circostanza è confermata da Luisa Marucco, presidente dell’associazione di volontariato “Risorsa”, fondata nel 2000 a Torino da alcuni ex mobbizzati. Aggiunge: “La fine del Governo Conte ha bloccato l’iter della legge in Parlamento. Bisogna sperare nel ministro del Lavoro Andrea Orlando: penso che possa essere sensibile al problema, ma è un po’ in difficoltà…”.

Nell’attesa, si può firmare la petizione per una legge contro il mobbing e a sostegno delle vittime, lanciata alcuni mesi fa dal giornale Fede e Ragione e rivolta al premier Draghi: vuole arrivare a 75.000 firme, ne ha quasi raggiunte 66.000. In ogni caso, coloro che usano il mobbing come strumento di violenza e di ricatto restano impuniti, nella quasi certezza di non subire alcuna conseguenza.


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