Scrive l’analista di Bloomberg sul WP in riferimento ai regali di Natale: “All’inizio, questo tipo di donazione non era particolarmente materialista o stravagante. Come ha sostenuto la storica Penne Restad nella sua storia rivelatrice del Natale, gli americani inizialmente consideravano la festa come un’opportunità per riaffermare i legami famigliari e coccolare i bambini con modesti regali di caramelle e ninnoli, non una sorta di stravaganza consumistica. I commercianti più accorti, tuttavia, intravidero un’opportunità d’oro. Tipico della nuova classe di commercianti fu Frank Woolworth, che iniziò vendendo ornamenti natalizi. Ben presto fece della sua catena di negozi di varietà una vetrina per la merce natalizia. Consigliò ai gestori dei negozi di mettere l’albero di Natale, appendere gli ornamenti e vendere la festività. ‘Questo è il momento del raccolto’, scriveva. ‘Fatelo fruttare’”.
Negli anni Ottanta del XIX secolo, prosegue la ricostruzione di Mihm, “i rivenditori iniziarono a prepararsi per il Natale come se fosse una campagna militare. E non c’è da stupirsi: i negozi che vendevano giocattoli e libri, così come i grandi magazzini, dipendevano sempre più dalle festività per la maggior parte dei loro profitti”.
“La trasformazione della festività è andata di pari passo con un drastico rebranding di Babbo Natale stesso. Per la prima metà del XIX secolo, le rappresentazioni visive dell’omone erano incoerenti, eclettiche e, a volte, decisamente spaventose. Peggio ancora, spesso portava con sé degli interruttori per punire i bambini che si comportavano male, facendolo apparire come un sadico in piena regola. A questo punto entra in scena il famoso caricaturista e artista Thomas Nast, i cui disegni erano presenti sull’Harper’s Weekly. Dal 1866 in poi, Nast creò effettivamente il Babbo Natale moderno, creò un’elaborata storia di Babbo Natale, dal luogo in cui viveva (il Polo Nord) alla sua vita sentimentale (felicemente sposato), fino alla manodopera che faceva tutti quei regali (gli elfi)”.
Come ha osservato lo storico Stephen Nissenbaum, si legge ancora nell’articolo del Washington Post, “il Babbo Natale della Gilded Age (l’età dell’oro statunitense, N.d.R.) conciliava ogni sorta di paradosso. Nonostante fosse il più grande produttore e distributore del mondo – mangiati il cuore, Jeff Bezos! – si affidava a strumenti antiquati, a manodopera artigianale e a un sistema di consegna piuttosto antiquato e inaffidabile”.
Che Babbo Natale potesse essere sia commerciale che anticommerciale, moderno e antimoderno, era comprensibile: “I due ruoli erano abbastanza compatibili tra loro”, perché secondo Nissenbaum “erano due facce della stessa medaglia”. Babbo Natale, conclude Mihm, “ha contribuito a giustificare la nuova economia dei consumi, pur esistendo al di fuori di essa. Era l’incarnazione degli opposti, un vecchio elfo allegro che portava di nascosto la moderna società dei consumi nel nostro camino collettivo”.