Poco merito e molte raccomandazioni: perché le aziende italiane non saranno mai “great places”

Tra i commenti pervenuti in redazione per partecipare all’ultimo contest che abbiamo lanciato, il migliore è stato quello di Giuliano Stefanelli, che pubblichiamo: potrà quindi partecipare alla nostra prossima riunione di redazione e scegliere con noi il tema per il contest successivo.  Il tema lanciato il 14 ottobre scorso chiedeva una riflessione sul perché le aziende italiane […]

Tra i commenti pervenuti in redazione per partecipare all’ultimo contest che abbiamo lanciatoil migliore è stato quello di Giuliano Stefanelli, che pubblichiamo: potrà quindi partecipare alla nostra prossima riunione di redazione e scegliere con noi il tema per il contest successivo. 

Il tema lanciato il 14 ottobre scorso chiedeva una riflessione sul perché le aziende italiane non si trovino nella classifica dei “Great Place to Work”.

La classifica delle aziende che vengono vissute come luoghi di lavoro eccellenti si basa su innumerevoli parametri ma hanno un comune denominatore: obiettivi chiari e condivisi, innovazione, creatività.
Come mai non compaiono in classifica aziende italiane? Ovvio, in Italia le aziende non hanno nel loro Dna l’attenzione ai parametri in questione.
Il primo ministro italiano in una recente visita in sud America ha detto: “prima del business vengono i valori”. Belle parole, ma che male si sposano con la cultura imprenditoriale italiana.

In realtà la nostra classe imprenditoriale non ha la forza e la capacità di contrapporsi alla amoralità diffusa del nostro paese. Non è un caso che le aziende più grandi siano presenti in quei paesi dove c’è una maggiore fiducia nell’onestà dei propri concittadini.

Tutto ciò si ripercuote nell’ambito gestionale dell’azienda: non esiste la delega (per paura di perdere il proprio potere), nessuna trasparenza né condivisione. La meritocrazia è stata sostituita dalle raccomandazioni e le imprese passano di padre in figlio a prescindere dalle capacità di quest’ultimo di creare valore aggiunto.
Potremmo continuare a lungo… in poche parole è una questione morale.
Se l’Italia è il paese con le migliori segretarie e i peggiori manager non sarà mica un caso.

CONDIVIDI

Leggi anche

Il capitale intellettuale sfida i bilanci e la termodinamica

Ammetto di avere una questione aperta con l’approccio meramente ragioneristico che la dottrina economica aziendale si ostina ad adottare nei confronti del capitale intellettuale. In particolare, trovo miope la pratica in base alla quale gli intangibles, essendo asset a tutti gli effetti, devono essere stimati economicamente in relazione alla loro capacità di generare flussi di […]

Coach veri e guru in azienda

“Le cose più belle iniziano sempre con un po’ di paura” … “La vita è un gioco: tu sei il giocatore, non il giocattolo” … “Tu puoi ! Vincere le sfide e vivere al massimo” … “Risveglia il campione che è in te !” …Dai, dai, fantastico …. Ma poi, d’improvviso, mi sveglio, tutto sudato […]

Open space vs closed office

Complice la tecnologia che usiamo per svolgerlo, il nostro modo di vivere il lavoro è molto cambiato in questi ultimi anni e con esso anche l’atteggiamento con cui percepiamo gli spazi ad esso adibiti. Dall’ipertecnologico spazio ad anelli concentrici dell’Enterprise, così chiamano la redazione de “La Stampa” a Torino, alla sede di Facebook a Menlo […]