Quest’anno si respira un’aria diversa all’ottantesima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il festival infatti si sta svolgendo nel pieno dello sciopero degli sceneggiatori e degli attori di Hollywood, che va avanti ormai da più di centoventi giorni. Per questo motivo molte star attese sul red carpet non sono volate a Venezia, e anche il film d’apertura, che doveva essere Challengers di Luca Guadagnino, è stato sostituito da Comandante di Edoardo De Angelis.
Al centro delle rivendicazioni degli scioperanti i salari troppo bassi, il lavoro di scrittura spesso non retribuito, i diritti d’autore e i cosiddetti residual non pagati adeguatamente, oltre ai rischi legati all’implementazione dell’intelligenza artificiale, che rischia di sostituire autori, sceneggiatori e creativi. Le critiche maggiori sono rivolte alle piattaforme di streaming, che hanno stravolto i ritmi e le condizioni di lavoro dei professionisti del settore.
Dopo oltre quattro mesi di sciopero, le trattive tra gli studios e gli sceneggiatori e gli attori di Hollywood sono ancora in alto mare e non è stato trovato un accordo soddisfacente tra le parti sul rinnovo del contratto triennale di categoria. A Venezia, però, il dibattito e l’attenzione mediatica sembrano tutti puntati sulle parole pronunciate da Favino riguardo all’opportunità di far interpretare nei film personaggi italiani da attori italiani. Così la questione dei salari e delle condizioni di lavoro dei professionisti dell’audiovisivo, molto più seria e urgente, scivola in secondo piano.
Questo tema era stato sollevato da Favino stesso lo scorso febbraio, durante il Festival di Berlino. In quell’occasione l’attore romano ha diffuso il comunicato stampa di UNITA (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo), associazione di categoria che tutela, gli interpreti del teatro dell’audiovisivo, in cui venivano sollevati i problemi relativi al contratto collettivo nazionale.
“In Italia le lavoratrici e i lavoratori del settore cine-audiovisivo sono da mesi in attesa che venga rinnovato loro il contratto collettivo nazionale”, ha dichiarato Favino. “Le troupe, i tecnici, le maestranze e perfino gli stuntmen operano in assenza di regole condivise e di tutele moderne ed efficaci. Le attrici e gli attori italiani – unici in Europa – non hanno addirittura mai avuto un contratto collettivo di categoria che stabilisca diritti, doveri e minimo salariale, e questo perché le associazioni dei produttori non intendono sedersi a contrattare, impedendo di fatto il progresso del settore sia in termini di sviluppo industriale che dei diritti dei lavoratori”.