Smart working, il privato fa scuola e il pubblico insegue. De Masi: “Convinzioni errate di Brunetta”

I dettagli dell’accordo sullo smart working siglato tra Italgas e sindacati, il ritardo della politica: come verrà inquadrato il lavoro agile nel settore pubblico e in quello privato? Il sociologo Domenico De Masi a SenzaFiltro: “La pandemia ha prodotto un cambiamento reale nella cultura del lavoro, ma la PA ha perso terreno”.

Il lavoro agile, o smart working che dir si voglia, è già il presente della nuova organizzazione aziendale, nel privato e nel pubblico, con buona pace dei pregiudizi populisti del ministro Renato Brunetta e dell’istinto di conservazione degli anziani mandarini della pubblica amministrazione. È l’esito dello shock provocato dalla pandemia, senza il quale non sarebbero state vinte le tante resistenze a riconoscere la centralità degli obiettivi produttivi rispetto all’orario di lavoro in una società sempre più mobile e digitale.

Procedere con la transizione avviata nel biennio 2020-2021, e che in quel periodo ha interessato quasi nove milioni di lavoratori, sarà più semplice nel settore privato per la maggiore agilità operativa e l’irrinunciabile tensione alla riduzione dei costi e all’incremento dei profitti. In questo caso, anche migliorando la qualità della vita di chi lavora.

L’accordo tra Italgas e sindacati sullo smart working

Il gruppo Italgas è uno tra i più grandi fornitori di servizi su scala nazionale ad aver siglato un accordo sindacale orientato a compiere uno step ulteriore del processo di trasformazione digitale avviato nel 2017 e accelerato a inizio 2020, “quando siamo passati da 200 a oltre 2.000 connessioni attive al giorno”.

Sono 4.000 i lavoratori delle diverse sedi locali e 2.500 i potenziali destinatari della nuova organizzazione aziendale, che prevede dieci giorni al mese di smart working per chi ha funzioni amministrative e quattro giorni al mese per chi svolge quelle tecniche che non prevedono interventi sul campo.

Flessibilità e obiettivi condivisi, partecipazione e collaborazione, fiducia reciproca e senso di responsabilità sono le premesse “valoriali” su cui si fonda l’accordo siglato lo scorso 14 marzo dal gruppo Italgas e dalle segreterie nazionali, regionali e territoriali di FILCTEM-CGIL, FEMCA-CISL e UILTEC-UIL. Obiettivi dichiarati sono l’incremento dell’efficienza e della qualità dei servizi, insieme al benessere dei lavoratori.

La scelta dello smart working resta individuale e non pregiudica la relazione a tempo indeterminato tra lavoratore e azienda. Chi opta per questa soluzione dovrà essere raggiungibile nella fascia oraria compresa tra le 8:00 e le 19:00, fermi restando il diritto alla disconnessione al di fuori dei limiti di durata dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale nonché la pausa pranzo, con il riconoscimento del buono pasto, seppure ridotto da 12 a 7 euro. L’orario flessibile ha come contrappeso l’inapplicabilità delle norme sullo straordinario e non pregiudica ferie, ex festività e permessi orari per svolgere attività che siano incompatibili con la connessione.

A qualificare ulteriormente l’accordo interno al gruppo Italgas è la possibilità di sommare ai giorni pattuiti in via ordinaria ulteriori quaranta giorni di smart working all’anno per particolari esigenze: gravidanza/maternità, paternità, genitorialità e assistenza ai figli affetti da disturbi specifici dell’apprendimento; violenze di genere; fragilità, post malattia e assistenza dei congiunti affetti da malattie gravi.

Gli strumenti di lavoro “sono forniti dall’azienda, che nel tempo ha allestito una rete integrale di terminali Apple, interconnessi e sicuri”, al pari della connessione, “garantita dalla rete aziendale VPN”.

Lavoro agile, la politica arriva dopo Italgas: al voto la modifica della legge del 2017

In Italgas, dunque, lo smart working sarà “utilizzato per attuare un vero cambiamento culturale e una crescita basata sulla responsabilizzazione di tutti coloro che svolgono la propria attività all’interno del gruppo”, si legge nell’accordo sindacale, che prosegue richiedendo a tutti gli attori “un importante cambio di mentalità, dal momento in cui la prestazione lavorativa viene resa e valutata non più in relazione ai vincoli orari o alla presenza fisica nella sede di lavoro, bensì tramite la valutazione delle performance, secondo un’attività organizzata per fasi e/o cicli e/o obiettivi, assegnati in modo chiaro e coerente con il livello di inquadramento e la mansione svolta”.

Con una singolare sintonia cronologica, il 16 marzo, appena due giorni dopo la firma dell’accordo in Italgas, la Commissione Lavoro della Camera ha approvato il testo che modifica la legge sul lavoro agile del 2017 ed è in attesa del voto di Montecitorio, che potrebbe esserci entro la fine di maggio. Da lì dovrà essere trasmessa a Palazzo Madama per il voto definitivo; magari entro il 30 giugno, data ultima dell’applicazione delle norme sulle procedure semplificate varate a emergenza in corso, o al più tardi entro la fine del 2022.

Le novità di maggiore rilievo è l’inserimento a pieno titolo dello smart working nella contrattazione collettiva, superando così il limite dell’accordo individuale tra azienda e lavoratore quale “unica fonte di disciplina ed esecuzione della modalità agile di esecuzione del lavoro”, che potrebbe risentire della disparità esistente tra azienda e dipendente soprattutto rispetto al pieno riconoscimento del diritto alla disconnessione, da rendere effettivo con l’adozione di misure tecnologiche specifiche.

Il testo prevede il ricorso al lavoro agile nella misura massima del 30% del monte orario complessivo su base mensile, assegnando prioritariamente questa opportunità ai soggetti fragili, a chi usufruisce dei benefici della legge 104, ai caregiver e a chi ha figli disabili, a quanti abbiano concluso il periodo di congedo di maternità e paternità entro il triennio precedente.

Alle aziende che praticheranno il lavoro agile secondo il nuovo dettato normativo saranno garantiti il credito d’imposta correlato agli investimenti per l’acquisto e l’implementazione degli strumenti informatici, purché effettuati nei 24 mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge, e lo sgravio dell’1% dei premi INAIL per i rapporti di lavoro eseguiti in modalità agile.

Il sociologo De Masi: “Sullo smart working imprese pronte, sindacati un po’ in ritardo e PA arretrata”

Le imprese hanno studiato, hanno fatto accordi sindacali, hanno massimizzato il ricorso al lavoro agile e hanno anche patrimonializzato i benefici derivanti dalla riorganizzazione degli spazi aziendali. I sindacati sono arrivati un po’ in ritardo e stanno cercando di recuperare il gap. La pubblica amministrazione ha perso terreno a causa delle convinzioni errate del ministro Brunetta e dell’antiquata visione dell’organizzazione del lavoro da parte dei dirigenti, che vogliono avere i lavoratori vicini a loro per poter esercitare il proprio potere.”

È l’analisi che Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del lavoro dell’Università La Sapienza, condivide con SenzaFiltro. De Masi è un esperto nominato nell’Osservatorio Nazionale del Lavoro Agile istituito dalla ministra per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone e smantellato dal suo successore Renato Brunetta, “convinto che non fosse utile procedere oltre nello studio dell’organizzazione del lavoro agile e per obiettivi” anche nella PA.

Pregiudizio sconfessato, ad esempio, dal Monitoraggio sull’attuazione dello smart working nelle pubbliche amministrazioni realizzato da FormezPA a novembre 2020 e inserito tra i documenti di riferimento dello stesso Osservatorio. A causa della necessità di ricorrere massicciamente a questa forma operativa – i lavoratori in smart working sono passati dall’1,7% di gennaio 2020 al 46% di settembre 2020, con punte del 64% a maggio dello stesso anno – è stato compiuto “un vero salto evolutivoin direzione della digitalizzazione: la dotazione della firma digitale per i dirigenti è aumentata dell’87%; la condivisione di banche dati dell’83%; la digitalizzazione dei procedimenti amministrativi del 60%; l’accessibilità online e l’erogazione di servizi del 43%; l’interoperabilità dei sistemi informativi del 34%; la dotazione di PEC ai singoli uffici del 34%; la creazione di open data del 16%.

La pandemia è stata ed è uno straordinario laboratorio di studio e sperimentazione”, conclude De Masi. “Ha prodotto un cambiamento reale nella cultura del lavoro e della sua organizzazione destinato a evolversi ulteriormente a causa delle difficoltà energetiche e ambientali”. Perché il modo più efficace di ridurre in modo significativo i consumi e l’impronta ecologica individuali è proprio lo smart working.

Leggi gli altri articoli a tema Smart working.

Leggi il mensile 110, “Di tutte le Russie“, e il reportage “Aziende sull’orlo di una crisi di nervi“.


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Photo credits: domenicodemasi.it

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