Svezia, te l’avevamo detto. Parlano gli italiani nel Paese senza lockdown

Come vivono oggi i lavoratori italiani nella Svezia “alternativa”? Nei luoghi di lavoro, quando escono per far la spesa, che realtà si ritrovano? Provengono dal Paese che per primo ha affrontato il dramma del contagio, che ha eseguito il più alto numero al mondo di tamponi pro-capite, che ha applicato il più ferreo e drammatico […]

Come vivono oggi i lavoratori italiani nella Sveziaalternativa”? Nei luoghi di lavoro, quando escono per far la spesa, che realtà si ritrovano? Provengono dal Paese che per primo ha affrontato il dramma del contagio, che ha eseguito il più alto numero al mondo di tamponi pro-capite, che ha applicato il più ferreo e drammatico lockdown. Ma lavorano nel Paese che, astenendosi dalle misure restrittive planetarie, non ha imposto quasi niente, ottenendo in cambio dai suoi cittadini folle ai ristoranti e anziani al market nell’ora di punta.

 

Zero tamponi, niente lockdown: come la Svezia ha raggiunto il più alto tasso di mortalità da COVID al mondo

Nel weekend lungo dell’Ascensione il numero dei morti in Svezia è arrivato a oltre 4.000, con curva di guarigioni piatta. In ascesa invece il sovraffollamento, soprattutto a Stoccolma, la città più colpita dal COVID-19, con immagini che ancora una volta hanno mostrato fitte file ai traghetti per i tour riservati ai turisti (assenti per il blocco delle frontiere e dei voli), tavolini all’aperto gremiti, e ristoranti che non applicano una delle pochissime indicazioni non affidate alla volontà, ma rese obbligatorie: il rispetto della distanza nei locali durante la somministrazione e il consumo dei pasti.

La Svezia è il Paese che la settimana scorsa ha raggiunto il più alto tasso di mortalità al mondo (fonte web: Our World in Data), che ha visto svanire l’obiettivo dell’immunità di gregge prevista per maggio e che non è riuscita neanche ad avvicinarsi alla meta dei 100.000 tamponi a settimana che si era posta. Addirittura al Karolinska Institute, il più prestigioso istituto di ricerca d’Europa che all’inizio della pandemia aveva visto “I 22”, come sono stati denominati gli scienziati “ribelli” (quelli che avevano lanciato l’allarme sull’errore della politica applicata per non ingolfare il sistema sanitario svedese), beh, qui i tamponi vengono fatti al personale per fini di ricerca. Ma non ci sono abbastanza medici, e così vengono consegnati ai ricercatori, che se li devono fare da sé.

 

Italiani in Svezia: finalmente la cittadinanza reagisce

In questo non facile contesto, gli italiani che lavorano in Svezia non sono svaniti: sono ancora qui, a fare i conti con un Paese che, come la Danimarca, non fa parte dell’eurozona, ma si è potuto permettere di firmare un documento anti-sostegno economico EU, insieme al paradiso fiscale olandese e all’Austria, il cui senso comunitario l’ha indotta, a suo tempo, a innalzare barriere contro i rifugiati.

Brevissima ma doverosa nota di cronaca: Senza Filtro, dalle pagine di Zona Franca, si è occupato per primo di questi cittadini che sono esuli, non certo per piacere ma alla legittima ricerca di una dignità professionale. Di come sono stati ignorati e derisi. Di come alcuni professionisti cercassero inutilmente di attenersi alla deontologia italiana pur esercitando all’estero. E oggi?

Siamo andati a ritrovare alcuni di quei connazionali per sapere che cosa succede ora. Stefania, la mamma asmatica con due bimbi piccoli, si è sentita dire una decina di giorni fa che solo precedentemente l’asma era considerato un fattore di rischio, ora non più. Su quale base scientifica, non è dato saperlo. “Al lavoro comunque vado solo una volta a settimana – ci aggiorna – e per il resto proseguo lo smart working, perché voglio evitare la mensa. Ora c’è il gel disinfettante al lavoro, e il mio capo rispetta la distanza da me, durante le riunioni. La collega della reception è molto scrupolosa, usa i guanti e si protegge con una barriera di plexiglass. Sono tutti decisamente più sensibilizzati ora. Sembrano aver capito che le mie paure, la mia ferma volontà di evitare alla Svezia il dramma italiano, quando c’era il tempo per farlo, non erano così infondate”.

Anche Luca, il giovane dentista stretto nella morsa di un’impronta deontologica ricevuta durante la sua formazione in Italia, ma inapplicabile in Svezia, conferma l’inversione di rotta. “I pazienti sono molto più consapevoli, soprattutto gli anziani. Fino a un mese fa il nostro lavoro era addirittura aumentato, perché molti studi dentistici avevano sospeso l’attività. Ora la sala d’aspetto ha sedie distanziate, le persone sono più attente, la reception è protetta da una sorta di barriera in plexiglass, come quella che si vede nei supermercati”.

 

Coronavirus, gli svedesi sono davvero ligi alle regole? La risposta di chi vive sul posto

Già, i supermercati. Perché bisogna anche vivere. La posizione della Svezia, ormai è storia, ha stupito e spaventato a fasi alterne tutta Europa. Dallo scoppio della pandemia ha lasciato asili e scuole di primo grado aperti, e soprattutto ha rimesso il rispetto delle poche e poco chiare restrizioni nelle mani dei suoi cittadini. Storici media italiani, senza mai precisare le fonti, si sono spesso assunti la responsabilità di presentare questi cittadini come modelli ai quali le pene non servono per obbligare il rispetto della legge, scrivendo addirittura che bastava guardare come, in conformità con le raccomandazioni del premier Stefan Löfven, si erano astenuti dal viaggiare per le vacanze pasquali “senza il bisogno di controlli con gli elicotteri”. Peccato che, proprio come quando non risultano contagiati se non si eseguono tamponi, allo stesso modo non ci sono trasgressori se non ci sono controlli, a causa della carenza di forze di polizia.

Le polemiche però, sono di scarsissimo interesse in fondo. Più interessante è invece la quotidianità reale che i cittadini italiani devono affrontare a queste latitudini, e che può essere riportata e documentata nella sua interezza solo da una testata che ha un cronista sul posto, notte e giorno: ed ecco la cronaca di Senza Filtro.

Rossella, che vive in una delle municipalità di Stoccolma più colpite dal COVID-19, Kista, racconta. “I genitori di un compagno di classe di mio figlio mi hanno raccontato di essere stati ‘cattivi cittadini’ e di esser andati in vacanza per Pasqua a circa 500 km da casa, perché si sentivano soffocare. Si sono anche detti fortunati perché, una volta sul posto, durante il picnic, il figlioletto è caduto e si è rotto la testa. Sono allora andati al Pronto Soccorso ma, secondo loro, distante da Stoccolma – e quindi dal pericolo. Io non potevo crederci”. Altri fatti di cronaca passati sottotraccia sono gli ospedali COVID-19 al collasso a Stoccolma, e le centinaia di prestazioni medico-chirurgiche rimandate, anche di natura oncologica.

Tra la settimana precedente e quella successiva alla Pasqua, sono apparsi con crescente frequenza, nei punti vendita delle catene di supermercati, cartelli che promuovevano la consegna gratuita della spesa a domicilio per le persone a rischio, moniti espliciti a non raggrupparsi, e bollini adesivi sui pavimenti per tenere le persone in fila alla cassa, distanti tra loro. Poi, via via, i separé di plexiglass per i cassieri, i cartelli che intimavano a non sostare dentro i market se non si doveva far la spesa.

 

Svezia, la libertà non paga: decimate le case di riposo, economia in flessione

Mancando il culto della piazza come luogo di ritrovo, infatti, spesso gli anziani usano fermarsi sulle panchine interne dopo aver fatto acquisti. Abitudine mantenuta, come Senza Filtro ha documentato in un giorno qualsiasi. Durante un’uscita di 25 minuti per fare la spesa abbiamo incontrato cinque anziani con deambulatore, e quindi già particolarmente debilitati, dentro o nei pressi del punto vendita. Moltissimi altri quelli per strada. La maggior parte delle vittime da coronavirus la Svezia le conta nelle case di riposo, dove le visite dei parenti sono state vietate con ritardo clamoroso.

Completamente disattesa anche la raccomandazione indirizzata agli alunni delle scuole medie, che usano entrare al supermercato in cinque-sei, per acquistare una merendina. Hanno continuato a farlo, tanto da indurre le commesse, solitamente accondiscendenti, a buttarli letteralmente fuori. Lentissima la presa di coscienza da parte della collettività in merito all’importanza della distanza sociale. D’altro canto è stato recentemente rilevato che, mentre il governo lasciava le scuole aperte, la metà degli alunni è stata tenuta a casa dai genitori, in particolare nelle aree più colpite.

Sbagliati anche i conti sul piano economico fatti dalla Svezia, che ha tenuto tutto aperto o quasi, in un mondo ibernato dal confinamento. Christina Nyman, capo economista di una delle maggiori banche, Handelsbanken, dalle pagine del sito di “Svt nyheter”, il notiziario del primo canale nazionale svedese, spiega: “Siamo una piccola economia che dipende dalle esportazioni. Prevediamo un calo del Pil del 6,9% e una disoccupazione che salirà del 9,5%.

 

 

Photo credits: www.lifegate.it

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