Tirocinanti mascherati da dipendenti pubblici: il caso Calabria

Tirocinanti in “formazione” per decenni: non potrebbero lavorare come dipendenti pubblici ma lo fanno, senza contributi, ferie o malattia. Una stortura alimentata da fondi europei e dal voto di scambio. Ne parliamo con il sindacalista USB Saverio Bartoluzzi e con l’assessore al Lavoro della Regione Calabria Fausto Orsomarso.

C’è una Regione in cui le vacanze estive possono paralizzare il settore pubblico: si tratta della Calabria, dove circa 6.700 lavoratori della pubblica amministrazione hanno un contratto da tirocinanti e non possono svolgere le normali mansioni se non in presenza dei dipendenti comunali, provinciali o regionali.

Sono falsi tirocini formativi, lavoratori pubbliciin nero” che in Calabria mandano avanti enti locali, Comuni, prefetture, Palazzi di Giustizia, scuole, musei, parchi archeologici, biblioteche, sovrintendenze e archivi di tutta la regione, garantendo il funzionamento di uffici che altrimenti sarebbero destinati alla chiusura.

Sono uomini e donne; la loro età varia dai 29 agli over 60, con una prevalenza degli over 50. La maggior parte di loro ha il diploma di scuola superiore, ma ci sono anche molti laureati. Vengono pagati 500 euro al mese con contributi regionali, senza ferie, malattia o contributi.

Calabria, i dipendenti pubblici in nero di ministeri e Comuni

La categoria dei tirocinanti si divide in quattro: quelli che lavorano per il Miur, 400 circa, quelli che lavorano per il ministero della Giustizia, 843, quelli che lavorano al Mibact, 567, e quelli adibiti alle funzioni sociali, che lavorano nei Comuni, nelle province, nelle Asp o nelle Ausl.

Le tre categorie ministeriali – circa 2.000 persone – andranno a concorso. Il Governo ha anche stanziato 25 milioni di euro per il 2021 e 40 milioni per il 2022 per arrivare alla contrattualizzazione dopo il bando, 18 mesi + 18 mesi a 18 ore settimanali. Insomma, un part time a tempo determinato.

Ci sono poi gli altri tirocinanti, con più disagio sociale, e sono circa 4.700. Lavorano nei Comuni, raccolgono la spazzatura, si occupano della cura del verde, di lavori di idraulica e di muratura. Oppure hanno impieghi amministrativi: carte d’identità, protocolli.

Il problema di affidare queste mansioni a chi per contratto non può svolgerle è che, se si denunciasse che una carta d’identità è stata fatta da un tirocinante, tutte le altre emesse da quando lavora quel tirocinante verrebbero annullate, perché solo un dipendente può farle. Inoltre, impiegare un tirocinante come guardia giurata o nelle Ausl significa mettere una persona che non ha passato un concorso in punti sensibili, dove può avere accesso a password e dati riservati.

Come funziona il meccanismo che ha portato il nero negli enti pubblici

A occuparsi della questione è il coordinatore provinciale dell’Unione Sindacale di Base di Vibo Valentia, Saverio Bartoluzzi, che si occupa della vertenza dei tirocinanti in tutta la Calabria.

“Da un anno lotto per portare la vertenza dei tirocinanti fuori dalla Regione”, ci ha detto Bartoluzzi. “Il sistema politico colluso ha fatto sì che restasse entro i confini calabresi, e neanche gli altri sindacati hanno pensato di occuparsene”.

Il caso ha origine nel 2012, quando molti lavoratori sono stati buttati fuori da call center falliti o aziende che hanno chiuso. La Regione ha preso le liquidità avanzate e ha aperto tirocini per reinserirli nel mondo del lavoro, per formarli. Anche l’Europa ha finanziato il processo. Il corto circuito avveniva a fine percorso: la Regione Calabria, invece di inserirli nel mondo del lavoro, faceva ripetere sempre lo stesso tirocinio. In cambio i politici ottenevano voti con la promessa di sistemarli.

Un limbo che fa comodo a tutti: alla politica, agli imprenditori e al sistema di pubblica amministrazione, in cui i sindaci possono mostrare bilanci in positivo perché la maggior parte dei lavoratori sono tirocinanti, che poi vengono pagati solo dalla Regione; il Comune paga solo l’assicurazione.

Concorsi agli over 60 e giovani senza punteggio: “Ma senza di loro le istituzioni crollerebbero”

Con la legge Poletti del 2016, inoltre, gli ex percettori di mobilità in deroga sono stati trasferiti nelle politiche attive nel sociale, ossia ai tirocini di formazione. Ecco come funziona il sistema: I contratti vengono rinnovati ogni 12 mesi, al termine dei quali c’è una piccola pausa. Poi esce il nuovo bando, a cui partecipano sempre i soliti noti. Il tutto è alimentato da fondi europei che invece dovrebbero spettare a più persone.

I problemi sono molti: come si può far fare un concorso a un over 60? E a che pro, se la sua mansione è di gestire il verde pubblico? Per questo, la proposta di Bartoluzzi era di fare loro un contratto per accompagnarli alla pensione. Inoltre, questi tirocini non vengono riconosciuti nei punteggi dei concorsi pubblici e per un giovane si tratta quindi di tempo sprecato.

Infine, secondo il progetto, i tirocinanti dovrebbero affiancare un dipendente, ma in alcuni uffici e persino nel museo archeologico di Reggio Calabria ci sono due dipendenti e una ventina di tirocinanti. Non possono sostituire dipendenti malati o che sono in ferie, eppure lo fanno. Ora, i lavoratori con contratto andranno in ferie e i tirocinanti dovranno sostituirli in molti settori importanti.

Senza di loro le istituzioni crollerebbero”, ha detto Bartoluzzi.

Tirocinanti fino all’età della pensione, ma senza un euro di contributi

La prima tirocinante a rivolgersi all’USB per questa vicenda è stata Rosa Maria, che lavorava per l’azienda Soft 4 Web. Ora sessantenne, aveva iniziato il tirocinio a cinquant’anni. Con lei altri 280 lavoratori con contratto, le cui buste paga venivano garantite con i sovvenzionamenti dalla Regione.

Ci racconta che lei e i suoi ex colleghi, invece di percepire 36 mesi di mobilità in deroga, ne hanno presi meno della metà e sono stati passati ai tirocini di formazione, sotto le cosiddette politiche attive. Rosa Maria lavora in un ufficio della provincia di Vibo Valentia insieme ad altri sessanta tirocinanti, la maggior parte dei quali operai, che prendono mezzi della provincia nonostante non abbiano né il permesso né un tutor da seguire.

“Sono tanti perché per alcuni Comuni o province, in questi anni, è stata l’unica fonte di entrata del personale. Da dieci anni stiamo facendo tirocini nel settore pubblico. Fa comodo tenerci in questa situazione, in cui ci pagano lo stipendio non ogni mese, ma ogni tre. Se fossimo stati studenti, in dieci anni avremmo preso diploma, laurea e specializzazione; invece abbiamo perso dieci anni della nostra vita, senza ferie e malattia, senza contributi. Ogni volta che si avvicinano le elezioni ci promettono un cambiamento, come un voto di scambio. Queste situazioni ci hanno portato ad ammalarci dentro”, ha detto Rosa Maria.

Molti di loro, dopo dieci anni, sono fuori dal mercato del lavoro perché anagraficamente troppo vicini alla pensione, senza però averne versati i contributi. “Non abbiamo intenzione di mollare, vogliamo che lo Stato riconosca la nostra posizione lavorativa. Per noi non è mai stato un tirocinio, è sempre stato un lavoro”.

Assumete quei tirocinanti. Ma con quali fondi?

Quale sarà il destino dei 4.700 lavoratori adibiti alle funzioni sociali? Secondo Fausto Orsomarso, assessore al Lavoro della Regione Calabria, dovranno pazientare ancora un anno, ma la fine di questo incubo potrebbe essere vicina. Anche per lui si tratta di un lavoro subordinato sfruttato.

“Bisogna trovare col Governo una formula che permetta la contrattualizzazione”, ha detto l’assessore, “ma attraverso i concorsi è difficile. Va trovata con dei contenitori adatti. Servono norme e soprattutto coperture finanziarie”.

La copertura è uno dei nodi principali: i fondi con cui i tirocini sono stati finanziati sono in buona parte provenienti dall’Unione europea, ed erano destinati alle politiche attive per progetti che avrebbero dovuto coinvolgere più soggetti; non sempre gli stessi, rinnovati di anno in anno. Nelle intenzioni avrebbero dovuto essere un investimento per la formazione, non una cristallizzazione del precariato di un gruppo.

“I nuovi tirocini che ho avviato sono collegati al settore privato, da cui può scaturire un percorso lavorativo”, ha dichiarato Orsomarso. “Il Governo è stato molto sensibile alla patata bollente che ci ritroviamo fra le mani: ci ha permesso di contrattualizzare la parte ministeriale e di prorogare gli altri, così da avere un anno di tempo per capire come fare un contratto a tutti coloro che hanno un ruolo attivo e utile nei Comuni, che hanno effettivamente bisogno di personale”.

Per Orsomarso si tratta di una politica sbagliata della precedente amministrazione, ossia la giunta PD guidata da Oliverio. A ben vedere, però, quando tutto questo è iniziato, la Calabria era governata da Scopelliti, del PDL. Destra e sinistra condividono la responsabilità di questi precari; destra e sinistra dovrebbero adoperarsi per risolverla.

Photo credits: calabria.gazzettadelsud.it

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