L’anno nero di auto e moda: chi non riconverte muore

Sono 126.000 i lavoratori toccati da dissesti d’impresa dall’inizio dell’anno. Giampietro Castano, esperto di crisi aziendali di lungo corso per il ministero del Lavoro, parla del futuro a tinte fosche di alcuni settori e delle possibili vie d’uscita, che passano per aiuti, incentivi e spinte alla riconversione

18.03.2025
Un'azienda chiusa per cessata attività: la politica punta sulla riconversione

Sono in arrivo interventi a sostegno dell’occupazione nella moda e nell’automotive. A dirlo a margine dell’evento Reindustrializzazione, sfide da affrontare e opportunità da cogliere. Esperienze a confronto, organizzato da Vertus, Intoo e GiGroup, è stato il consigliere del tavolo delle crisi aziendali al ministero del Lavoro Giampietro Castano. I due settori più colpiti in questo momento dalla crisi occupazionale sono, infatti, quello automobilistico e del tessile.

“Al momento – spiega Castano – non abbiamo ancora deciso il tipo o l’entità degli aiuti. Non si esclude la cassa integrazione, o anche un sostegno a livello di contributi.”

La moda non assume, l’automotive rischia di licenziare: il 2025 peggiore del 2024

La situazione per i due settori non è delle più rosee, e i dati lo dicono ormai da mesi. L’osservatorio di Confartigianato parla del 2024 come “terzo annus horribilis” per la moda dal 1990, e a farne le spese sono soprattutto i lavoratori, come si legge in un report dell’Osservatorio Artigianato.

“L’analisi dei dati settoriali sul mercato del lavoro evidenzia che nei primi tre trimestri del 2024 l’occupazione nella moda scende del 2,1% su base annua. L’analisi delle previsioni del sistema Excelsior indicano che nel primo trimestre del 2025 cedono le previsioni di entrate di lavoratori nelle imprese della moda, che calano del 22,1% su base annua, passando da 35.480 nel primo trimestre del 2024 a 27.450 nel primo trimestre di quest’anno”.

Insomma, se il 2024 è andato male, il 2025 rischia di andare peggio.

Anche nel settore automobilistico le previsioni non sono delle migliori. A fine 2024, secondo un’analisi di Alix Partners, erano a rischio 25.000 posti di lavoro, che nelle previsioni saranno 50.000 nel 2025.

In entrambi i settori i numeri non lasciano ben sperare, e l’intervento del ministero del lavoro lo conferma; ma il perimetro delle crisi aziendali rischia di essere molto più ampio di quanto si pensi. A denunciarlo sono i dati forniti dalla CGIL, che spiega come dall’inizio dell’anno a oggi i lavoratori toccati da crisi aziendali siano stati 126.000. Una cifra che suona come un campanello d’allarme.

“Può sembrare un dato esagerato – dice Castano – ma sono sicuro che non si discosti molto dal reale. La realtà è che ci sono dei numeri peggiori di quelli che c’erano sei mesi fa. La soluzione passa per un mix complesso di cose, che comprendono sia la cassa integrazione che gli aiuti e gli incentivi.”

Giampietro Castano, l’uomo delle crisi aziendali

Con alle spalle una robusta esperienza in un vero e proprio laboratorio per il capitalismo italiano – l’Olivetti – Castano ha guidato il tavolo delle crisi del ministero del Lavoro dal 2007 al 2019; vi ha fatto ritorno come consulente, richiamato a operare dal governo Meloni tramite il ministro Adolfo Urso, dopo il “licenziamento” da parte della gestione Di Maio. Dopo essersi aggiunto al dibattito sulle grandi crisi industriali degli ultimi anni, come Whirlpool o ILVA, oggi si trova di nuovo a occuparsi di un settore profondamente mutato negli anni, e che si confronta con nuovi tipi di crisi e di difficoltà. Castano mette sul tavolo un’esperienza ultratrentennale: iniziò a lavorare negli anni Ottanta, quando le aziende italiane erano ancora le grandi industrie. A lui, con il suo gruppo di lavoro, va il compito di trovare delle soluzioni.

E le soluzioni ai problemi di molte crisi aziendali italiane potrebbero passare dall’estero. Spesso sono i capitali di altri Paesi che arrivano in soccorso di aziende tricolori.

“Non di rado – dice Castano – abbiamo avuto l’intervento di aziende straniere, come nel caso della Magneti Marelli, ma ci sono diversi imprenditori italiani che sono attivi sul territorio e che sono arrivati in soccorso di diverse altre realtà”.

Condizione necessaria perché le aziende possano essere salvate è che però in qualche modo siano appetibili dalle realtà che vogliono investire: questo passa per i piani industriali, che sono il primo passo che compie il ministero del Lavoro, ma anche per l’interesse degli investitori per il settore. Ce ne sono alcuni, ad esempio, che vivono un momento difficile, e che sembrano faticare a riprendersi.

Riconversioni e altre vie d’uscita

Per Castano i call center sono uno dei punti dolenti. Sul tema si schermisce sorridendo: “Dei call center ci sarebbe anche troppo da dire, non fatemi parlare”. Eppure i lavoratori impiegati in Italia sono migliaia, e una percentuale alta di costoro è coinvolta nelle crisi aziendali.

Il settore – continua – non ha grande futuro. Pensare di continuare è difficile, però, si possono operare delle riconversioni. Abbiamo davanti agli occhi il caso di Almaviva, dove la riconversione è avvenuta in modo completo e positivo.”

Proprio il tema della riconversione è uno di quelli più cari al consulente del ministero del Lavoro, che sostiene ci si debba pensare come a “una realtà concreta per molte aziende”, anche se oggi il volto delle crisi aziendali è assai cambiato e ci si confronta con situazioni del tutto diverse, che tra qualche anno potrebbero esserlo ancora di più. Come nel caso Almaviva, la formazione potrebbe diventare il grimaldello per uscire dalle crisi aziendali per molti lavoratori.

Il tema della riconversione, al di là delle boutade sul trasformare le aziende di auto in aziende di armi, resta la sfida che molti comparti dovranno affrontare nei prossimi mesi, con il sostegno del ministero del Lavoro, che però non convoca un tavolo di crisi dal 16 gennaio.

Nel corso del convegno organizzato da Vertus e Intoo a Milano al Palazzo del Lavoro di Gi Group è emersa anche l’importanza della legge 234 del 2021 per far prendere respiro alle aziende, perché dietro alle crisi di impresa spesso ci sono difficoltà legate al credito. La legge prevede una remunerazione del servizio nazionale di riscossione e l’estensione a 180 giorni del termine per pagare le cartelle notificate. “Dobbiamo fare in modo – conclude Castano – che questa legge non venga percepita come una legge punitiva, ma come un intervento a favore delle imprese”.

La dilazione del credito nei confronti dello Stato potrebbe essere uno dei passaggi chiave per consentire a molte aziende italiane in crisi di sopravvivere, o quantomeno di prendere tempo in attesa di una soluzione della crisi che stanno attraversando.

 

 

 

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In copertina: pisatoday.it

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