La prima domanda da porsi è quanto siano significative e fedeli le percentuali diffuse da AISO rispetto alla realtà italiana. Non solo perché il campione preso in considerazione è di soli 10.000 lavoratori, ma anche e soprattutto perché bisogna tenere presente che dall’outplacement resta esclusa tutta quella pletora di over 50 che non riescono ad accedere ai percorsi di ricollocamento lavorativo. E non ci riferiamo soltanto agli autonomi.
Mancando agevolazioni o incentivi pubblici a sostegno di questa pratica, difatti, l’outplacement avviene su specifico ed esclusivo incarico e onere dell’azienda che sta per licenziare (o mettere in cassaintegrazione o in mobilità) il dipendente. Questo fa sì che siano davvero poche le imprese che ricorrono a questi servizi, rendendo esiguo anche tra i lavoratori dipendenti il numero di coloro che possono usufruirne per rientrare in attività.
Anche ammesso che quella fornita da AISO si possa considerare una fotografia realistica su larga scala della realtà italiana, che cosa accadrà quando non ci saranno più over 50 ricollocabili, visto che, tra calo demografico e mancato inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, questo bacino d’utenza sembra avere gli anni contati? Il trend è davvero agli sgoccioli, perché la corsa ad accaparrarsi gli ultracinquantenni è certo, in parte, motivata dall’esperienza e dall’alta professionalità dei lavoratori di lunga data, ma lo è anche da un fattore demografico impietoso e inesorabile.
I dati parlano chiaro: la fascia d’età immediatamente precedente, quella dei trentacinque-quarantanovenni per intenderci, si sta progressivamente erodendo. Qui il saldo fra ingressi e uscite nel mercato del lavoro è negativo, perché sono più numerosi quelli che ne escono per entrare nella fascia successiva (gli ultracinquantenni, appunto) rispetto a quelli che vi entrano (-230.000 nel 2023, secondo l’ISTAT). Stando così le cose, se i giovani lavoratori scarseggiano, è naturale che la domanda si rivolga dove c’è offerta.
In questa prospettiva, i dati circa l’alta occupabilità dei nostri over 50, più che dimostrare l’efficacia dei percorsi di outplacement e il dinamismo del mercato lavorativo, ci dicono soprattutto che quel mercato sta invecchiando.
Insomma, è di certo un fatto positivo che chi esce dal mercato lavorativo in età avanzata riesca ad avere ancora occasioni di occupazione, ma c’è un contraltare inquietante e drammatico, che ci parla di un Paese con un vulnus strutturale rispetto al quale le politiche sociali ed economiche non riescono a dare una risposta.
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Photo credits: pmi.it