«Questo episodio rappresenta una violazione dei diritti umani fondamentali, della dignità umana e delle norme inerenti alla sicurezza dei lavoratori», ha affermato il sindaco di Latina, Matilde Celentano. Anche il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, si è espresso a riguardo, definendo «sconcertante», «crudele» e «vile» la vicenda e ribadendo che la «sicurezza sul lavoro e la lotta al caporalato sono la nostra priorità».
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, invece, accanto a una come sempre muta ministra del Lavoro, si è preoccupato che non venisse «criminalizzata l’intera filiera» per colpa di «un criminale» isolato.
«La storia di Singh è la fotografia più cupa di quel pezzo di economia criminale fondata sull’abuso e sullo sfruttamento dei lavoratori più deboli e ricattabili, che dobbiamo sradicare con decisione e senza compromessi», ha aggiunto in una nota la viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci. La segretaria del PD, Elly Schlein, ha annunciato invece la sua partecipazione alla manifestazione indetta dai sindacati locali per sabato 22 a Latina.
Queste le parole e le azioni delle istituzioni. Azioni che però, fino ad oggi, non sono sembrate così determinate nel combattere fenomeni sistemici come il caporalato e il lavoro nero, che affliggono diverse zone dell’Italia, come l’Agro Pontino.
Messi insieme tutti i tasselli del puzzle, la morte di Satnam Singh appare allora per quella che è davvero: non un caso criminale isolato, un terribile sfortuna o una “leggerezza”, quanto piuttosto l’ennesima vittima di un sistema marcio. Dalle foglie alle radici.
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Photo credits: pierluigipiccini.it