Del fiume di denaro destinato alla Protezione Civile sotto forma di donazioni si sa poco e nulla: la rendicontazione è ferma al maggio 2021, e solo una parte del denaro ricevuto risulta nei dati. Dove sono finiti i soldi, e che fine ha fatto l’obbligo di trasparenza previsto dalla legge? L’inchiesta di SenzaFiltro.
Alessandro Fiorelli, JobPricing: “La pandemia rischia di illudere i lavoratori sulla crescita salariale”
Il Salary Satisfaction Report 2021 dell’Osservatorio JobPricing segnala un aumento della soddisfazione tra i lavoratori italiani nell’anno della crisi sanitaria. Con alcune eccezioni: cassintegrati e lavoratrici su tutti.
I lavoratori italiani sono soddisfatti dei loro stipendi? Alla domanda risponde l’edizione 2021 del Salary Satisfaction Report, realizzato dall’Osservatorio JobPricing in collaborazione con Spring Professional.
La ricerca si basa sull’elaborazione di un indice di soddisfazione (da 0 a 10, positivo se superiore a 5), che riporta il giudizio medio espresso da oltre 2.000 lavoratori dipendenti con una survey online somministrata nel mese di gennaio 2021. Lo studio mappa in particolare sei dimensioni:
- equità (sono pagato il giusto rispetto al mio ruolo e rispetto agli altri);
- competitività̀ (sono pagato in linea col mio valore di mercato);
- performance e retribuzione (sono pagato in proporzione al mio contributo individuale);
- trasparenza (capisco e ho chiari i criteri di politica retributiva del mio datore di lavoro);
- fiducia e comprensione (condivido i criteri di gestione delle retribuzioni della mia azienda);
- meritocrazia (le ricompense vanno davvero a chi se le merita).
Effetto COVID-19: la soddisfazione cresce, ma non ovunque
“L’edizione 2021 del Salary Satisfactory Report vede, a sorpresa, la soddisfazione media dei lavoratori e delle lavoratrici in crescita rispetto all’edizione precedente (+19%). Se poi si chiede esplicitamente ai lavoratori di considerare nella loro valutazione la crisi sanitaria del COVID-19, la soddisfazione aumenta ulteriormente (+38%) e, per la prima volta dal 2015, si entra in terreno positivo (5,1)”, spiega Alessandro Fiorelli, CEO di JobPricing.
L’indice generale di soddisfazione torna perciò ad aumentare dopo il calo registrato lo scorso anno, così come crescono tutti i sei indici di soddisfazione presi in considerazione dallo studio: equità (+0,4); competitività (+0,3); performance e retribuzione (+0,4); trasparenza (+0,2); fiducia e comprensione (+0,4); meritocrazia (+0,7).
Scende dal 26,3% al 18,9% il totale degli insoddisfatti. In questo quadro, fanno eccezione gli operai e in generale le categorie che percepiscono salari più bassi. Il livello di insoddisfazione si fa sentire di più nel Centro, nel Sud, nelle Isole e nelle piccole imprese.
Gli italiani apprezzano di più la sicurezza del salario
La soddisfazione – anche quando si tratta di stipendio – è una questione relativa, aggiunge Fiorelli.
“In un momento in cui il salario stesso è precario per molte persone, protette soltanto dagli strumenti di integrazione salariale e dal blocco dei licenziamenti, chi uno stipendio lo ha ancora (è questo il campione di riferimento dell’indagine) ne apprezza maggiormente il valore rispetto a prima della pandemia.”
Alcuni risultati emersi dall’indagine paiono, in questo senso, molto espliciti:
- nella maggior parte dei casi di persone soddisfatte (57%), la soddisfazione cresce, ma lo stipendio no;
- specularmente, solo il 27% circa dei soddisfatti dichiara di aver ottenuto un aumento;
- i livelli di soddisfazione più bassa sono associati a quei lavoratori che sono occupati in imprese impattate “positivamente” dal COVID-19, cioè che hanno visto il proprio volume di affari e l’intensità del lavoro crescere.
Cassa integrazione, smart working e sicurezza: il saliscendi dell’insoddisfazione
Due fattori discriminanti in termini di soddisfazione rispetto alla loro retribuzione sono in maniera negativa la cassa integrazione guadagni, e in maniera positiva il lavoro da remoto.
Al crescere del periodo passato in CIG cresce il livello di insoddisfazione, al punto che se si introduce la richiesta di valutare il salario considerando l’impatto della pandemia, a differenza che in tutti gli altri casi, la soddisfazione non aumenta, ma diminuisce, raggiungendo un valore minimo di 2,8 per chi è è in cassa integrazione da oltre tre mesi.
Per il gruppo di lavoratori che non aveva mai beneficiato dello smart working il livello di soddisfazione generale è di 4,5 se con la pandemia ha iniziato lo smart working, e di 3,6 se anche con la pandemia non ha potuto lavorare in smart working.
Una domanda del questionario ha riguardato le norme anti-contagio adottate dalle aziende: quasi il 60% dei lavoratori ritiene che la propria realtà assicuri già il massimo della sicurezza. Il 22,4% ritiene al contrario che gli standard della propria azienda non siano ottimali, ma nonostante ciò rimarrebbero a lavorarci; un 19,3% dei lavoratori la cambierebbe. Questo dato fa supporre che in diverse occasioni i lavoratori possano essersi adattati a lavorare in contesti con un livello di rischio elevato.
Soddisfazione, oltre allo stipendio c’è di più
Il tema della meritocrazia è la chiave di maggiore insoddisfazione, con un punteggio di 3,9 e oltre il 30% dei lavoratori fortemente insoddisfatti. Da questo punto di vista, tuttavia, si osserva come esista una correlazione molto significativa fra la percezione di meritocrazia e la concreta comprensione dei criteri adottati per la politica retributiva.
Tutti gli indici analizzati hanno un punto in comune: in presenza della sola quota fissa della retribuzione, la soddisfazione è impattata in senso fortemente negativo. L’arricchimento del pacchetto è un fattore decisivo per incrementare la soddisfazione dei lavoratori, indipendentemente dalle leve che si vogliono introdurre.
Il focus, quando si parla di stipendio, non dovrebbe essere posto semplicemente sul “quanto”, ma anche su “come” e sul “perché”, evidenzia Alessandro Fiorelli: “In primo luogo, perché, giova ricordarlo sempre, la retribuzione è prima di tutto un fattore igienico (non aggiunge motivazione, ma ne toglie se non la si ritiene adeguata); in secondo luogo perché la soddisfazione, come si è detto, dipende sempre da una comparazione”.
Da questo punto di vista, la correlazione positiva tra soddisfazione per la retribuzione e senso di equità e quella fra quest’ultima e la meritocrazia – che rimangono molto forti anche quest’anno – sono un’ulteriore chiave di lettura della crescita di soddisfazione in tempo di crisi: il rapporto con l’azienda e i fattori definiti “intangibili” (ambiente di lavoro, equilibrio fra lavoro e vita privata, relazione con i capi e gli imprenditori, prospettive di sviluppo) sono il filtro attraverso cui viene letta anche la retribuzione.
“Non è un caso, del resto, se tra gli insoddisfatti i più critici ci siano quelli che hanno visto il salario ridursi, ma soprattutto coloro che pensano che la loro azienda non li abbia supportati in modo adeguato. E non è un caso nemmeno che la soddisfazione sia maggiore fra chi ha potuto lavorare in smart working, ma già aveva questa possibilità prima della crisi sanitaria (cioè ha visto estendersi un’opportunità già presente).”
Perché si cambia o si mantiene un lavoro
Le relazioni con colleghi, collaboratori e superiori diventano quest’anno il fattore più importante nella scelta di un posto di lavoro. Seguono retribuzione fissa e il contenuto del lavoro.
La retribuzione fissa è al primo posto nelle motivazioni che spingono a cambiare lavoro, con un distacco di 26 punti percentuali rispetto alla possibilità di sviluppare carriera. Il terzo fattore più importante in questa decisione è la retribuzione variabile individuale.
Nella scelta di restare nel proprio posto di lavoro, al contrario, è fondamentale la qualità della vita. Sono infatti i fattori intangibili, quali le relazioni con i capi e colleghi, la flessibilità oraria, ambiente di lavoro, a essere in cima alle preferenze dei lavoratori.
Le aspettative per il 2021 e la differenza di genere: le lavoratrici più insoddisfatte dei colleghi maschi
Gli italiani stanno alla finestra e non hanno grandi aspettative riguardo il prossimo futuro, ma l’atteggiamento dei lavoratori è decisamente contrastante: c’è chi è molto fiducioso che sarà un anno positivo, sotto il profilo lavorativo e retributivo, e chi pensa esattamente l’opposto.
Esiste poi una correlazione fra il livello di soddisfazione rispetto al proprio pacchetto retributivo dichiarato nel 2020 e la fiducia e le aspettative dell’anno in corso: chi parte da condizioni economiche migliori è decisamente più ottimista.
Sappiamo infine che la pandemia ha svantaggiato l’occupazione femminile. Dall’indagine emerge come le lavoratrici siano generalmente più insoddisfatte degli uomini in tutte le dimensioni mappate sul fronte della soddisfazione per il salario e sul futuro delle retribuzioni.
I risultati della survey 2021 letti da una prospettiva di genere sottolineano ancora una volta il problema dello sbilanciamento del lavoro di cura della casa, dei figli e degli anziani da parte delle donne. In uno scenario critico, infatti, prendendo a riferimento solo i lavoratori “soddisfatti”, l’unico elemento che ha contribuito a una maggiore soddisfazione delle donne rispetto agli uomini è stato quello di averci guadagnato in termini di equilibrio fra tempo della vita privata e tempo del lavoro grazie allo smart working.
Photo credits: economymagazine.it
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