Cassazione, il salario lo fa la sentenza: i giudici possono bocciare i CCNL

Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione, la retribuzione deve essere “proporzionata” e “sufficiente”, come da articolo 36 della Costituzione. E i giudici possono discostarsi dai salari previsti dai CCNL

Il salario minimo per sentenza: il martelletto di un giudice su delle banconote

La Corte di Cassazione, in una recente sentenza (n. 27711/23), ha stabilito che per determinare se la retribuzione assegnata a un lavoratore sia conforme agli standard dell’articolo 36 della Costituzione, il giudice può allontanarsi dalla retribuzione prevista dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di categoria, nel caso in cui questa non sia adeguata e proporzionata.

Nel caso preso in oggetto il lavoratore sosteneva che il suo salario, calcolato in base al CCNL per i dipendenti delle imprese di vigilanza privata, non rispettasse l’articolo 36 della Costituzione. Chiedeva che venisse riconosciuto il suo diritto a ricevere una retribuzione di base al livello D1 del Contratto Collettivo dei dipendenti dei proprietari di fabbricati. Durante i vari cambi di appalto, tra le altre cose, erano stati applicati diversi CCNL, ma sempre svantaggiosi per il lavoratore, seppur siglati da organizzazioni sindacali rappresentative. Risultato: diminuzione salariale a parità di lavoro e datore di lavoro.

La Corte ha accolto la richiesta del lavoratore, facendo riferimento a precedenti sentenze giurisprudenziali e alla recente Direttiva UE 2022/2041 in merito al salario minimo. Inoltre la Corte ha annullato la decisione oggetto del ricorso, rinviando la causa al giudice di prima istanza.

La decisione, in breve:

  • il giudice deve inizialmente considerare la retribuzione stabilita dal CCNL di categoria come parametro di riferimento;
  • il giudice ha anche il potere di allontanarsi da questa retribuzione, anche senza che vi sia un reclamo, se questa non rispetta i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza previsti dall’articolo 36 della Costituzione. Questo vale anche quando la legge prevede il riferimento a un CCNL specifico, ma il giudice è tenuto a interpretare la legge in modo conforme alla Costituzione;
  • nel determinare salario minimo costituzionalmente adeguato, il giudice può prendere in considerazione i salari stabiliti in altri contratti collettivi di settori simili o per mansioni analoghe come parametri di riferimento.

La decisione della corte suprema apre le strade a nuove applicazioni e interpretazioni dei CCNL, e a un cambio importante di paradigma nel tessuto italiano, che è composto in larga parte da PMI e in cui troppo spesso vige il libero arbitrio in tema di normativa del diritto del lavoro.

 

 

 

Photo credits: giovannifalcone.it

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