Classe operaia e ipocrisia editoriale. Alberto Prunetti, minimum fax: “La trattano ancora dall’alto al basso, lo trovo offensivo”

Intervistiamo Alberto Prunetti, autore del romanzo “Non è un pranzo di gala”, nuovo capitolo di una trilogia dedicata alla classe lavoratrice: “Il mondo fa di tutto per negare l’esistenza degli operai. Per questo scrivo”.

Alberto Prunetti è uno scrittore dal solido background nella working class, che ha imparato l’inglese pulendo cessi nei centri commerciali britannici e impastando pizze in localacci finto-italiani. L’ha raccontato nel 2018 col libro 108 metri. The new working class hero, dopo decine di rifiuti da parte di case editrici eccellenti che contestavano il fatto che il protagonista del libro non evolvesse nel corso delle vicende. Era il secondo episodio di una trilogia iniziata con Amianto. Una storia operaia (Edizioni Alegre) che finisce con Nel girone dei bestemmiatori. Una commedia operaia (Laterza).

“Non è un pranzo di gala”, il romanzo scortese sulla working class

“A differenza dei personaggi borghesi tanto amati dagli editor, i protagonisti delle storie working class non cambiano mai la loro vita, anzi la merda aumenta da un giorno all’altro. Se sei una donna di classe operaia non subisci alcuna trasformazione positiva; il giorno dopo è sempre peggio. Non sono queste le storie che l’industria culturale vuole pubblicare”, dice Prunetti con lo stile franco e diretto che ritroviamo anche nel nuovo libro Non è un pranzo di gala. Indagine sulla letteratura working class (minimum fax), puntuta disamina dello spazio esiguo che rimane alla voce della classe lavoratrice in un panorama editoriale zeppo di storie di privilegio.

“Nell’immaginario comune la classe lavoratrice non si interessa alla cultura, è protagonista del solito articolo annuale che riferisce come una certa fascia di popolazione italiana non legga libri. Identifichiamo la working class con il classico operaio con la tuta blu; in realtà è formata da donne, operai e migranti che lavorano nei comparti delle pulizie, della logistica e della ristorazione, facendo quei lavori dirty, dangerous and demanding nei quali si investe poco, preferendo il lavoro di gente che sposta diapositive da una cartella all’altra. Le città italiane sarebbero piene di merda se non ci fosse la classe operaia a tenerle pulite”, dice Prunetti.

La classe operaia va in libreria: narrazioni e aberrazioni nella letteratura della working class

In tempi di pandemia si è parlato molto, e a volte a sproposito, di lavoro e di lavoratori, con formule vuote come great resignation e quiet quitting; si è promossa a gran voce l’adozione dello smart working, rimanete pure nelle vostre case. Appelli e discussioni che hanno escluso intere classi di lavoratori, quella working class che sta fuori dagli uffici e che la letteratura racconta poco o male, o non racconta proprio.

Senza la voce della working class in letteratura, che cosa ci stiamo perdendo? “Ci perdiamo la voce vera delle persone vere che rappresentano una fetta consistente del nostro Paese. Ci stiamo perdendo la capacità di produrre anche in letteratura un immaginario che sia capace di restituire la dimensione e la profondità, i livelli di consapevolezza e di conflittualità di una classe sociale che in questo modo sogna le vite degli altri e pensa che la propria non sia importante”, spiega Prunetti, fondatore insieme a Edizioni Alegre della collana Working Class.

La letteratura operaia ribolle ed è in fermento, come testimonia il successo di un’autrice dal background working class come Annie Ernaux, fresca vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura, identificata da Prunetti come una “transfuga di classe”, e pur nella colpevole disattenzione italiana che ha scambiato la potente trilogia working class di Elena Ferrante per una storia di amicizia al femminile (Prunetti sposa in pieno la tesi espressa da Giusi Palomba in un articolo per Valigia Blu). E ancora, il chiacchierato Maid dell’ex donna delle pulizie Stephanie Land non è altro che un “un fottuto bestseller di letteratura working class”, anche se gli occhioni sgranati dell’attrice protagonista Margaret Qualley nella trasposizione tv Netflix hanno aggiunto una patina non necessaria di romanticismo alla vicenda.

“A volte la working class è raccontata in forma romanticizzata o nella versione del bravo ragazzo che ce la fa studiando, il classico stronzo con il cuore d’oro che ottiene il suo riscatto”, conferma Prunetti. “Si tratta di una forma che serve a rendere la classe operaia appetibile agli occhi di chi la guarda dall’alto, con condiscendenza. La trovo una narrazione offensiva”.

L’autore sottolinea come la letteratura working class faccia fatica a trovare spazio e voce all’interno di un’industria editoriale nella quale lavorano editor, traduttori e impiegati bennati che possono sfoggiare un capitale di conoscenze e contatti perpetuando il proprio privilegio. Secondo Prunetti, “è necessario che le persone di classe operaia possano accedere al mondo editoriale, e per fare questo c’è bisogno che l’industria editoriale paghi. Un’industria che produce profitti e non paga è destinata a trasformare il lavoro in un hobby per privilegiati. Chi viene da una famiglia ricca può fare carriera, tutti gli altri sono costretti a trovare altri lavoracci o entrare nelle fila dei working poor”.

GKN: il libro di Prunetti è dedicato alla lotta dei suoi operai

Non è un pranzo di gala è dedicato agli operai della GKN di Campi Bisenzio (Firenze), “perché avete scritto la storia operaia più bella” lottando contro un licenziamento collettivo.

“Sono riusciti a fare in un anno quello che io non sono riuscito a fare in dieci, riportando il tema dell’immaginario operaio al centro del dibattito pubblico, soprattutto in Toscana”, spiega Prunetti. “L’hanno fatto con banchetti, manifestazioni, cortei e blocchi stradali, ma anche lavorando tutti insieme sul piano della cultura con un programma di convergenza culturale, con il teatro, scrivendo un libro (Insorgiamo. Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo), Edizioni Alegre, N.d.R.)”.

A che serve scrivere e fare poesia quando muoiono tre lavoratori al giorno, si interroga Prunetti nel libro. “Ti senti inutile, nessuno ti ascolta. D’altra parte, però, dobbiamo continuare a scrivere queste storie e credere all’importanza delle nostre parole, consapevoli di avere davanti a noi un mondo che fa di tutto per negare l’esistenza degli operai e che inserisce le tre morti quotidiane in un bilancio come un altro. Faccio mio l’imperativo di Franco Fortini: nulla è sicuro ma tu scrivi. E quindi continuo a scrivere, culo sulla sedia e penna sulla pagina”.

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Photo credits: ilpartitocomunista.it

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