A preoccupare la categoria è poi la mancanza di “tutele per quanto riguarda la cessione dei diritti, che mette quotidianamente a repentaglio l’intero settore, alimentando i rischi di un uso improprio dell’Intelligenza Artificiale”, scrive l’ANAD nei suoi comunicati.
“Siamo stanchi di essere sotto ricatto, di essere forzati a firmare – prima o a lavorazione ultimata – liberatorie che prevedono la cessione dei diritti all’uso della nostra voce. E se non firmi, non lavori”, precisa Christian Iansante. “Sembra paradossale, ma una clausola di una liberatoria concedeva l‘uso della mia voce sempre, dovunque, in tutti i pianeti dell’universo. Se aprissero un cinema sulla Luna, non potrei pretendere nulla”.
“Sicuramente – continua il doppiatore – le nostre voci sono state usate per allenare i software di machine learning”, che saranno sempre più in grado di replicare le voci di attori-doppiatori, consentendo un notevole risparmio di costi e tempi ai produttori.
Il mestiere è dunque a rischio? È una possibilità concreta, se pensiamo alla startup londinese Flawless, che corregge visivamente la meccanica delle labbra degli attori, e alla realtà israeliana DeepDub, che usa l’IA per apprendere i tratti caratteriali delle voci, registrarli e applicarli in una lingua diversa.
“Per quanto riguarda lo speakeraggio – spot pubblicitari, traileristica – e il doppiaggio dei documentari, il rischio che il doppiatore sia soppiantato dall’IA è alto e imminente. Perché funziona”, commenta Iansante. Le implicazioni economiche e morali si sprecano. Cedere una parte fondamentale della propria identità, come la voce, ha un costo; ma che cosa succederà quando gli algoritmi di IA creeranno una voce “nuova” partendo da quella di tre doppiatori diversi? Per i professionisti sarà difficile far rivalere i propri diritti.
“Per quanto concerne la riproduzione delle emozioni umane per un lungometraggio o una serie, ritengo che il processo possa essere più lungo. Ho ascoltato degli esperimenti con i cartoni animati e la differenza con le voci caratterizzate dei doppiatori è ancora evidente. Temo comunque una realtà come quella di Tel Aviv, che prende Robert De Niro e lo fa recitare in francese, tedesco e spagnolo. Non si può escludere che, con il progresso incessante della tecnologia, la riproduzione effettuata dall’IA diventi alla fine credibile, decretando la fine del nostro mestiere”.
I doppiatori stanno facendo da apripista a una serie di agitazioni condotte dai sindacati e dalle associazioni professionali di altre categorie di lavoratori del sistema cineaudiovisivo italiano, che chiedono un rinnovo contrattuale. Lunedì 13 marzo è stato convocato il tavolo al ministero della Cultura tra la sottosegretaria Lucia Borgonzoni e le organizzazioni sindacali di categoria per analizzare la situazione dell’intero settore e facilitare la ripresa del confronto negoziale. Un passaggio indispensabile per aggiornare condizioni contrattuali obsolete e tutelare i diritti di lavoratori che, come i doppiatori, rappresentano un patrimonio artistico e professionale ingente.