La disoccupazione giovanile è una piaga che affligge l’Italia da diversi anni. Il tasso che la inquadra, afferma l’ISTAT, a febbraio 2023 era al 22,4%.
Le sue cause sono da ricercare nei problemi dei salari, ai minimi storici rispetto agli altri Paesi europei – ricordiamo che l’Italia è una delle poche nazioni a non avere il salario minimo, assieme ad Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia; nel numero di lavoratori che non percepiscono stipendi dignitosi (il fenomeno del cosiddetto lavoro povero); e poi nelle carenze nell’istruzione. Tutto questo in un mercato del lavoro dalla salute compromessa, con uno storico di politiche attive poco efficaci se misurate rispetto al superamento della disoccupazione.
I fenomeni fotografati da questi dati sono spesso causa di malessere. In particolare, la deprivazione materiale e sociale ha un impatto negativo da diversi punti di vista, non ultimo quello psicologico. Quando si parla di deprivazione, precisa Eurostat, si fa riferimento alla capacità di far fronte a 13 indicatori, come la possibilità di affrontare spese impreviste, partendo dalle più basse (per esempio una gita fuori porta), fino a quelle che incidono di più sulla sfera delle preoccupazioni: bollette, affitti e mutui.
Sempre l’Ufficio statistico europeo, al riguardo, riporta un indicatore rilevante: “Nell’UE nel 2021 il tasso di grave deprivazione materiale e sociale tra i giovani (tra i 15 e i 29 anni) è stato del 6,1%, mentre (…) tra la popolazione totale (tutte le persone che vivono in famiglia dagli 0 anni in su) è appena più elevato con il 6,3%”.
Significa che più di un giovane europeo su venti ha difficoltà nel permettersi una connessione internet o un paio di scarpe nuove. Il dato italiano in questo caso è appena migliore della media UE, con una percentuale del 5,6%; un dato in apparente controtendenza rispetto a quelli che riguardano la povertà assoluta e la disoccupazione, ma che proprio in contrasto con essi fa intravedere gli effetti del cuscinetto di salvataggio dei giovani italiani: le loro famiglie, e dunque il benessere accumulato in un’altra era economica.