Family Economy Week 2021: anche tra gli I-gen gli stipendi fanno figli e figliastre

La conferenza “Giovani generazioni: manuale per l’uso delle sfide che le attendono”, tenutasi durante la Family Economy Week 2021, parla del rapporto tra nuove e vecchie generazioni e dei drastici cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro e della formazione.

I giovani leggono e interpretano il presente, e il futuro, attraverso una visione improntata a valori come trasparenza, etica, fiducia, inclusione e diversità. È quanto emerge dalla conferenza Giovani generazioni: manuale per l’uso delle sfide che le attendono, tra gli eventi della Family Economy Week 2021, giunta alla seconda edizione, svoltasi dal 18 al 22 ottobre con un fitto calendario online di appuntamenti.

Il panel ha evidenziato le ripercussioni innescate dal COVID-19, le potenzialità e le sfide di generazioni che fanno della sostenibilità – sociale, ambientale ed economica – la cifra distintiva del loro agire e sentire. Lo ha testimoniato Nicolò Santin, AD e cofondatore di Gamindo, che punta a esaudire il sogno di molti: salvare il mondo con i videogiochi. Gamindo, infatti, è la piattaforma dove si può convertire il tempo speso giocando ai videogiochi in donazioni a enti non profit.

Non solo boomer: che cosa possono fare le “vecchie generazioni”?

La pandemia ha sancito la vittoria della rivoluzione digitale sull’analogico. Il lockdown, l’isolamento e la conseguente immersione nelle esperienze digitali hanno accelerato nei bambini e nei giovani notevoli cambiamenti cognitivi, ma anche emotivo-affettivi.

«Il pensiero è sempre più percettivo, meno simbolico, l’attenzione diventa sempre più multitasking e meno unidirezionale», spiega lo psichiatra e psicoterapeuta Tonino Cantelmi.

Si evidenzia soprattutto una frattura generazionale mai vista prima d’ora, dove alla I-gen si contrappongono gli “ok boomer”, adulti ormai poco credibili che hanno sottratto ai giovani il futuro in quanto responsabili del consumo del mondo. Sono adulti che non trasmettono più i saperi, perché le nuove generazioni costruiscono il proprio sapere attraverso comunità autoreferenziate. C’è quindi un enorme divario intergenerazionale in termini di visione del mondo.

Gli adulti potrebbero ancora dire la loro e sostenere le nuove generazioni nella loro principale difficoltà: la capacità di entrare in relazione con l’altro in maniera empatica e compassionevole. La domanda da porsi è: sapranno far scoprire loro il terreno dell’intimità e della vicinanza oppure si riveleranno ancora una volta deludenti?

Dal pre-COVID al post-pandemia: il nodo dell’apprendimento

L’emergenza sanitaria ha inferto cicatrici profonde anche sul fronte educativo.

«L’Italia è stata campione d’Europa della DaD, con conseguenze rilevanti. Lo evidenziano i risultati dei test INVALSI del 2021 rispetto a quelli del 2019: il livello di apprendimento è sceso del 10-15% da un anno all’altro, soprattutto nelle scuole medie e superiori, che più hanno ricorso alla Didattica a Distanza», commenta Vincenzo Galasso, docente di Economia politica della Bocconi di Milano e autore del volume Gioventù smarrita. Restituire il futuro a una generazione incolpevole. Il rischio è l’aumento nei prossimi mesi del tasso di abbandono scolastico. «La priorità sarà investire risorse per recuperare chi è rimasto indietro, anche promuovendo forme di tutoraggio psicologico».

Anche Giovanna Martinengo, fondatrice e presidente di Didael KTS, si concentra su questo aspetto gravemente trascurato: «Nel nostro Paese manca l’attenzione all’apprendimento, all’aspetto cognitivo dei nostri giovani. È fondamentale porre prima l’accento sul brainware, e solo dopo sull’hardware e sul software».

Il paradigma dell’economia collaborativa

I tradizionali modelli di organizzazione aziendale risultano ormai obsoleti. Le tecnologie hanno costretto le imprese a cambiare per restare competitive. Le giovani generazioni, secondo Giovanna Martinengo, si muoveranno sempre più all’interno di un’economia collaborativa, e nelle aziende si interfacceranno con le generazioni precedenti e con intelligenze non solo naturali, ma artificiali.

Con Antonio Romano, l’architetto e designer fondatore di Inarea – il network internazionale e indipendente che opera nell’ambito dei sistemi di identità per imprese, istituzioni, prodotti e servizi – si sono analizzate le trasformazioni avvenute nella comunicazione, nel marketing e nella progettazione dei brand che i nativi digitali contribuiscono ad alimentare ogni giorno, mettendo gli stessi marchi al centro di un affollamento multimediale senza precedenti.

Sostenibilità, digital e healthcare declinano la sensibilità contemporanea dei consumatori e influenzano il branding: «La relazione è l’elemento che conta in quest’epoca. Il design della relazione diventa la leva con cui dare valore aggiunto all’esistenza».

Donne, STEM e salari, il gap esiste ancora: nove ingegneri su dieci sono uomini

Una delle sfide che le nuove generazioni devono ancora affrontare è la disparità di genere. La parità nell’educazione è ormai stata ampiamente raggiunta, resta però il divario nella scelta dei percorsi di studio delle materie STEM, considerate a ragione il pilastro dei lavori di oggi e domani.

«Nel settore della ricerca, a livello mondiale, solo il 30% dei ricercatori è donna, di cui la metà lavora in Asia centrale. Le ricercatrici pubblicano e guadagnano meno rispetto ai colleghi», sottolinea Giovanna Martinengo, che presiede anche l’Associazione Women&Technologies – Donne e Tecnologie.

Negli ultimi cinque anni, il trend internazionale vede le ragazze continuare a prediligere le facoltà umanistiche; seguono le professioni sanitarie, le biotecnologie, il settore chimico-farmaceutico e l’architettura. «Solo la facoltà di statistica nel mondo è vicina alla parità. Resta significativa la forbice nelle facoltà di ingegneria, informatica, matematica e fisica».

Le donne si laureano con votazioni superiori a quelle degli uomini, ma poi quando accedono al mondo del lavoro non sono valorizzate; da qui i migliori tassi di occupazione maschili e il fenomeno del gender pay gap. Questo scenario vale anche e soprattutto per l’Italia che, in base al Global Gender Gap Report 2021 del World Economic Forum, occupa la sessantatreesima posizione su 156 Paesi.

«L’83% di chi lavora nel cloud computing è uomo, così come il 91% degli ingegneri del nostro Paese», puntualizza Giovanna Martinengo. Vincenzo Galasso e Antonio Romano rilevano un timido segnale di cambiamento nelle nuove generazioni, ma resta ancora molto da fare per raggiungere l’effettiva parità di genere, a partire dai role model femminili e dalla loro rappresentazione nei media.

Photo credits: ihwjournal.com

CONDIVIDI

Leggi anche