Come ha impattato la pandemia sul mondo circense? Lo chiediamo ad Anna Paola “Nina” Vassallo, 84 anni e una vita sotto il tendone.
Il Carnevale di Viareggio cala la maschera sulla prima Academy al mondo
C’è un grande evento, in Toscana, che non ha mai avuto il riconoscimento internazionale che avrebbe meritato. E anche se questa è una frase sentita e risentita nel contesto regionale, per l’evento di cui parliamo lo è ancora di più. L’esaltazione del lavoro artigiano e ingegneristico in un campo che del materiale fa la sua […]
C’è un grande evento, in Toscana, che non ha mai avuto il riconoscimento internazionale che avrebbe meritato. E anche se questa è una frase sentita e risentita nel contesto regionale, per l’evento di cui parliamo lo è ancora di più. L’esaltazione del lavoro artigiano e ingegneristico in un campo che del materiale fa la sua base di partenza per trasformarsi in immateriale, in sogno, in vera esaltazione dell’effimero. Ed è questa la parte più interessante del Carnevale di Viareggio: quello che c’è oggi domani non c’è più; il lavoro di un anno si riduce alla visibilità di una decina di giornate e poi svanisce nel niente. Che poi non è altro che il vero significato della festa del Carnevale.
«Il carnevale, in opposizione alla festa ufficiale, era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù. Era l’autentica festa del tempo, del divenire, degli avvicendamenti e del rinnovamento. Si opponeva a ogni perpetuazione, a ogni carattere definitivo e a ogni fine. Volgeva il suo sguardo all’avvenire incompiuto.»
M.Bachtin
Il carattere temporaneo ed effimero del Carnevale è proprio il segno tipico della festa, insieme a quello della leggerezza. Una leggerezza fatta di carta, di impalcature di metallo che sorreggono giganti statue vuote nell’anima, ma profonde nel significato e nella valenza satirica.
Storia e arte del Carnevale di Viareggio
Il Carnevale di Viareggio è una vera e propria fabbrica; una grande fabbrica italiana del divertimento nata nel 1873, che ha all’attivo 146 anni di Carnevale, 414 sfilate programmate, 1276 macchine allegoriche e 25 artisti della cartapesta. Ognuno di loro è titolare di un’impresa artigiana che vanta dai 5 ai 10 dipendenti, per un totale di circa 150 persone impiegate a tempo determinato.
Questa grande fabbrica dei sogni ha uno spazio fisico rappresentato dalla Cittadella del Carnevale, che ospita grandi hangar dove i giganti di cartapesta vengono realizzati. La tecnica primariamente utilizzata è proprio quella della cartapesta (oggi accompagnata da lavorazioni in resina), inventata dal pittore e costruttore viareggino Antonio D’Arliano nel 1925. Da allora lo scopo dei maestri carristi è quello di realizzare grandi maschere in movimento su carri trainati da trattori. La leggerezza del materiale rende possibile la maestosità di tali costruzioni, e le rende mobili attraverso il supporto di persone inserite all’interno delle costruzioni che muovono a mano le varie parti.
Ma se lo spettacolo che ne deriva è unico al mondo, anche il lavoro che sta dietro queste costruzioni è incredibile. L’artigianalità, la creatività artistica, si sposano a principi ingegneristici per permettere al carro di sfilare in sicurezza e di far salire su di esso orde di figuranti (si contano ogni anno circa 5.000 persone in totale che salgono sui carri e creano coreografie ispirate al soggetto di riferimento). È un’arte che difficilmente si impara a scuola o all’università. Le maestranze presenti imparano il lavoro direttamente sul campo a fianco di altri maestri, che talvolta sono gli stessi padri, come la famiglia Allegrucci o Galli, o comunque persone vicine al mondo carnevalesco.
Per poter concorrere a realizzare un carro tutto proprio occorre passare da un percorso ben preciso che prevede come primo ingresso la realizzazione di una maschera isolata, per poi passare, in caso di vittoria, alla maschera di gruppo e al carro di II categoria, fino al carro di I categoria.
Tutto nasce da una forte passione dei maestri fin dall’età infantile, che talvolta si tramuta in vero e proprio sogno di lavorare a servizio dell’arte. Tra di loro abbiamo profili eterogenei provenienti da Accademie di Belle Arti, da istituti tecnici, o dai dipartimenti di ingegneria all’università; proprio a rimarcare che non c’è un percorso prestabilito per lavorare in questo settore. Anzi, talvolta c’è il bisogno di rafforzare competenze diverse oltre a quelle propriamente manuali e tecniche insite nell’esperienza dei lavoratori del Carnevale.
A scuola di Carnevale con la Carnival Lab Academy
Quello di Viareggio è sempre stato un Carnevale molto sentito, partecipato e soprattutto invidiato da molti Carnevali simili, ma non ha mai saputo fare scuola. Forse però sta cambiando qualcosa: una speranza in questi ultimi mesi c’è. Per rispondere a questa esigenza, infatti, la Fondazione Carnevale, che promuove l’attività dei carristi e organizza la grande macchina del Carnevale, ha creato da qualche mese la Carnival Lab Academy, nata proprio con il duplice intento di diventare punto di riferimento per i carristi e possibile ente formativo per chi desidera lavorare nel settore.
È una vera novità, in quanto non esiste al mondo un’altra esperienza simile; neppure per i Carnevali più famosi, come quello di Rio de Janeiro, di Città del Messico, di Venezia o delle tante altre città italiane note proprio per questa festa.
L’Academy ha iniziato la sua attività da qualche mese, ma ha già iniziato la missione che si prefigge, ovvero quella «di creare un “contenitore” nel quale potranno affluire tutte le eccellenze, le sapienze, le arti, le innovazioni provenienti da tutto il mondo». Queste le parole del direttore Paolo Corti, che ho incontrato per capire meglio gli obiettivi e l’utilità di una struttura formativa in un ambiente dove si lavora fondamentalmente per divertire. Il direttore continua definendo l’Academy come «il luogo dove si impara e dove si insegna cosa il Carnevale potrà diventare per le prossime generazioni».
I percorsi formativi pensati sono due: il primo rivolto ad accrescere il business delle ditte dei carristi attraverso corsi di marketing, di management, di robotica, di alto artigianato e di design; il secondo partirà nell’imminente futuro e sarà rivolto a giovani che intendono iniziare la carriera del mascherista, per poi scalare l’opportunità di creare un carro di prima categoria e diventare maestro.
Grazie a questo laboratorio i carristi potranno valorizzare le loro opere e le loro maestranze anche al di fuori del contesto carnevalesco. Molti di loro hanno già realizzato opere in cartapesta destinate a scenografie teatrali e cinematografiche: per esempio, la testa che emerge dalle acque di Venezia del Casanova di Federico Fellini, oggi simbolo di Cinecittà, è opera dei maestri del Carnevale di Viareggio. Ma il campo artistico non è l’unico richiesto: si stanno ricercando prodotti grandi ma leggeri anche per esigenze commerciali, allestimenti aziendali e fieristici, lanci di prodotti, o mock-up pubblicitari (riproduzione esatta in forme macroscopiche di prodotti commerciali).
Forse puntare sulla formazione potrebbe diventare la chiave del successo futuro del Carnevale di Viareggio anche in contesti internazionali. L’evento potrebbe divenire non occasione mancata, ma vincente, per portare “lo spirito del Carnevale” fuori dalle mura della cittadella e oltre il Mar Tirreno.
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