
“Trattenere” i talenti è un concetto sbagliato alla radice, tanto più se le aziende non sono in grado di riconoscerli quando li hanno a disposizione: si può essere un talento a ogni età? Ne parliamo con tre esperti di risorse umane
Tra i commenti pervenuti in redazione per partecipare al contest lanciato nel numero 03 di Senza Filtro, il migliore è stato quello di Nausica Robusto, che pubblichiamo: potrà quindi partecipare alla nostra prossima riunione di redazione e scegliere con noi il tema per il contest successivo. Il tema lanciato su Open Space del 25 febbraio […]
Tra i commenti pervenuti in redazione per partecipare al contest lanciato nel numero 03 di Senza Filtro, il migliore è stato quello di Nausica Robusto, che pubblichiamo: potrà quindi partecipare alla nostra prossima riunione di redazione e scegliere con noi il tema per il contest successivo.
Il tema lanciato su Open Space del 25 febbraio 2015 da Valentina Valle era quello del GAP Year.
Il coraggio di mollare
Questa è la mia storia.
Una laurea con lode in giurisprudenza, dottorato e master post laurea. Un’inevitabile e brillante carriera da avvocato nei, quasi, dieci anni successivi. E poi, la svolta inattesa e definitiva. Nessuna crisi economica o licenziamento improvviso alla base di una decisione presa in assoluta libertà, in omaggio a un senso di responsabilità verso me stessa che in quel momento ho fatto fatica a capire anch’io, ma che era più forte di qualsiasi ragionamento sensato e razionale.
In tanti si sono prodigati nello sforzo di farmi “tornare in me”, increduli che qualcuno potesse avere il coraggio o la pazzia di buttare all’aria anni di duro lavoro per inseguire l’ideale di una vita e di una professione che scorresse a ritmi “umani”.
Non ho mai rimpianto quel momento di svolta, né la conseguente decisione di abbandonare un sistema che per troppo tempo ha sottratto energie alla mia vita, stritolandomi in un perverso meccanismo di svuotamento di senso. Sono, esisto e vivo in funzione del lavoro che svolgo e del conseguente ruolo che questo lavoro mi riserva nella società. Questo è stato lo slogan, sommerso e inconsapevole, che ha animato la mia vita lavorativa fino a quando non ho deciso di divenirne consapevole, e di prenderne le dovute distanze.
Questo, non c’è niente da fare, ha creato un buco. Nel mio curriculum, certo, ma nella mia vita di più.
Eppure non mi sono mai sentita così piena da quando c’è quel buco. Ho avuto (anzi, mi sono data) la possibilità di esplorare ogni angolo nascosto delle mie capacità e delle mie risorse. Mi sono scoperta capace di lavorare come commessa, hostess, agente di commercio, commissario di bordo, venditrice. Ho maturato la consapevolezza di poter fare qualsiasi cosa il mio istinto mi suggerisca, rimanendo fedele ai miei ideali, ai miei tempi, alle mie necessità. In continua ricerca, certo. Ma anche in continua evoluzione. E allora, benedetti quei vuoti che, dolorosi e portatori di incertezze e paure, restituiscono il senso vero e profondo dell’esserci. ”
“Trattenere” i talenti è un concetto sbagliato alla radice, tanto più se le aziende non sono in grado di riconoscerli quando li hanno a disposizione: si può essere un talento a ogni età? Ne parliamo con tre esperti di risorse umane
Da 40 a 32 ore settimanali, in alcuni casi 30, e c’è chi addirittura non pone limiti né di orario né di luoghi. Sono le esperienze di 4 aziende, di varie dimensioni, che attuano la settimana corta. Ma a raccontarle, stavolta, sono i dipendenti.
Il lavoro si è rotto: solo il 5% degli italiani sono contenti di ciò che fanno. Come si cambia? Spieghiamo il sentimento crescente diffuso nel mondo delle imprese con chi ne ha viste parecchie: Osvaldo Danzi intervista Marco Bentivogli nella nuova puntata di “Al lavoro tutto bene?”, il podcast prodotto da SenzaFiltro per FitPrime