Le storie di chi svolge professioni diverse, ma è accomunato dal fatto di avere vissuto uno o più incidenti sul lavoro, sono protagoniste del docufilm InSicurezza dei registi Stefano D’Andrea e Paolo Cirelli, della durata di quasi 40 minuti, realizzato con il supporto di ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi sul Lavoro) e del gruppo SILAQ (che si occupa di consulenza e formazione in merito alla sicurezza sul lavoro), che abbiamo avuto modo di vedere in anteprima al cinema Anteo di Milano.
Già il titolo, che nasce dall’idea di Bianca Borriello (co-autrice del progetto), fa intuire l’approccio con cui i due registi si sono avvicinati al tema della sicurezza sul lavoro.
“È un gioco di parole che, in una sola, raccoglie due significati opposti: il fatto che tutti mentre lavoriamo dovremmo essere ‘in sicurezza’, scritto per l’appunto con uno spazio in mezzo, ma allo stesso tempo viviamo una situazione di ‘insicurezza’ quando avremmo il desiderio che non fosse così”, spiega D’Andrea.
Il film ruota attorno a due interrogativi cruciali, vale a dire “perché accade l’infortunio?”, e “che cosa si può fare per evitare che ciò continui ad accadere?”. Le risposte che ne derivano sono il risultato di una combinazione di esperienze che passa attraverso il racconto di chi le ha vissute e di chi ogni giorno, come formatore, se le pone. Entrambe portano a una sola risposta: la sicurezza ci riguarda tutti in prima persona.
“C’è questa convinzione che il benessere personale arrivi soltanto dal benessere collettivo, ma non è così. Vale per la propria salute fisica e mentale in generale, vale anche per gli infortuni sul lavoro. Con il docufilm abbiamo voluto mostrare storie che appartengono a mondi diversi per togliere il più possibile quell’aura secondo la quale rischia solo chi sta nel cantiere. Di fronte a un fatto di cronaca c’è infatti chi pensa ‘quelle persone asfaltavano in mezzo alla strada, io non lo faccio, pertanto non rischio’. E invece non è così”.