
Cinque quesiti in un referendum per cambiare il lavoro. Non è solo una croce sulla scheda: cerchiamo di capire che cosa può determinare il voto del prossimo giugno per chi ha un contratto, indeterminato o determinato, e per la sicurezza sul lavoro
Questo è lo spazio dedicato al nostro contest. L’appuntamento è ogni quindici giorni: il vincitore del contest precedente darà il tema per quello successivo. Inoltre, l’autore dell’articolo vincitore sarà invitato a partecipare alla successiva riunione di redazione. Non resta che tirare fuori le vostre opinioni, commentate in massimo 2.000 battute e speditele entro venerdì 5 giugno alla mail: senzafiltro@fiordirisorse.eu. […]
Questo è lo spazio dedicato al nostro contest. L’appuntamento è ogni quindici giorni: il vincitore del contest precedente darà il tema per quello successivo. Inoltre, l’autore dell’articolo vincitore sarà invitato a partecipare alla successiva riunione di redazione.
Non resta che tirare fuori le vostre opinioni, commentate in massimo 2.000 battute e speditele entro venerdì 5 giugno alla mail: senzafiltro@fiordirisorse.eu.
Il vincitore dello scorso numero è stato Paolo Marenco. Ecco il tema che Paolo ha scelto per il prossimo numero: “Interesse comune, interesse di parte”.
Credo che mai come in questo momento, in Italia soprattutto, ma non solo ci sia uno scontro tra innovazione e conservazione. Credo sia uno scontro epocale come ai tempi della rivoluzione industriale (“non lasceremo mai le carrozze a cavalli!”) e del computer per tutti ( “impossibile un computer su ogni scrivania, a cosa servirebbe?”)
I segnali sono ormai giornalieri: Uber – rivolta planetaria dei taxi – il caso più eclatante. Ma sono molti altri. Pensiamo all’Italia. Il Jobs Act, difeso da molti esperti – ho ascoltato Treu di recente – attaccato dai Sindacati. La Scuola (va bene così?non cambiamo nulla?) attaccata dai Sindacati (sempre quelli). Ultima, quasi incredibile – ma di grande significato – l’interpellanza di nove parlamentari di tutto l’arco costituzionale , tutti architetti e un urbanista, contro Cocontest: un contest sul web dove chi non userebbe mai un architetto per ristrutturare la casa mette in competizione idee di giovani, fuori dai “giochi” dei grandi studi – quelli che in genere li sfruttano e che costano un occhio all’utente.
Analoghe piattaforme esistono per i creativi, ma questi sono meno lobbizzati e presenti in Parlamento, quindi fanno meno notizia. Interesse di parte e interesse comune. Facile fare due conti. Se cambia il mondo del lavoro dando spazio a chi è fuori, qual è l’interesse comune? Quello dei giovani, non difesi dai Sindacati che il lavoro non ce l’hanno, il futuro di un Paese. Se cambia il modello di Istruzione, diventando più moderno e meritocratico, qual è l’interesse comune? Quello degli allievi e delle loro famiglie, quindi una categoria da 50 a 100 volte, minimo, più grande di quella degli addetti ai lavori i docenti, di età media alta lontana dall’innovazione, l’interesse di parte. Se cambia il modo della mobilità e diminuisce il costo del trasporto singolo grazie a Uber qual è l’interesse comune: quello di tutti i cittadini, giovani per lo più, che un taxi non l’hanno mai preso ne mai lo prenderanno. Interesse comune, molti ordini di grandezza più grande dell’interesse di parte, i tassisti. Se posso ristrutturare la mia casa io cittadino comune con un giovane architetto dalla rete, è enormemente più grande l’interesse comune a quello di parte della corporazione degli architetti.
Si potrebbe andare avanti, anche in ambienti non attaccati perché non c’è un interesse di parte (o c’è ma è frammentato). Ppenso alla camera dei miei figli affittata a giornate grazie ad Airbnb. Enorme l’interesse comune di utenti e affittuari, rispetto a hotel, pensioni, campeggi. L’interesse di parte fa rumore sui media e sembra, per il rumore, vincente. Ma non è così, perde sempre e perderà negli anni a venire, perché l’innovazione non si ferma. Come successe per i motori e i computer su ogni scrivania.
I suoi benefici vanno nell’interesse di una categoria, enormemente più grande delle piccole parti: quella indistinta di tutti noi esseri umani.
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A un anno dal suo ultimo documentario di successo, “After Work”, il regista italo-svedese Erik Gandini fa un bilancio: un lavoro può dirsi inutile se non porta alcun beneficio alla collettività, e il suo valore non è assoluto, ma deve variare in relazione alla sua epoca
Tra i commenti pervenuti in redazione per partecipare al contest lanciato nel numero 03 di Senza Filtro, il migliore è stato quello di Nausica Robusto, che pubblichiamo: potrà quindi partecipare alla nostra prossima riunione di redazione e scegliere con noi il tema per il contest successivo. Il tema lanciato su Open Space del 25 febbraio […]