La faccia di Milano 2021

Da prima della classe all’ultimo banco. Almeno nel 2020 e poi chissà, almeno guardandola con gli occhi di Fabio Massa, che firma per Chiarelettere un libro inchiesta aggiornatissimo: “Fuga dalla città”.

Lei è Milano e sarebbe un esempio perfetto di sineddoche venuta male, la figura retorica che ci insegnavano a scuola e che tanto si usa per la sua efficacia espressiva. Tra i vari utilizzi, c’è quello della parte per il tutto: Milano per dire Lombardia, sbagliando. Negli ultimi decenni si è fatto coincidere il capoluogo con la Regione facendo tabula rasa di quanto vivesse e lavorasse intorno a lei, le province diverse e quasi divorate dalla stessa madre.

Il merito di Fabio Massa è la minuzia con cui in quattordici mesi si è messo a “vedere la torre crollare e gli eletti venire travolti dal Covid, l’immagine dell’eccellenza sporcata, la ricchezza diminuita”. Un libro che si mette con pazienza a usare ago e filo per ricucire le interviste inedite raccolte, le testimonianze, il passato e il presente che ora sembrano strozzare il futuro. Da un lato non le fa sconti, dall’altro le riconosce ciò che può ancora sperare di rappresentare se sarà capace di darsi un’ipotesi nuova su cui lavorare fin da subito: e sono le riflessioni finali che Massa chiude nelle ultime quattro pagine e mezzo del libro, quelle che vale la pena conquistarsi superando un viaggio giornalistico che è storia di Milano ma anche d’Italia.

La violenza rapidissima con cui il virus le ha strappato la maschera fa il paio con la velocità tanto sbandierata da chi Milano la vive e la comunica; quasi un paradosso che dal libro emerge bene: la città che faceva della velocità il suo pilastro non aveva gli anticorpi alla velocità. Tra i nomi che Massa porta dentro la sua inchiesta c’è anche Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano, “l’oggetto del desiderio di destra e sinistra”, bergamasco di nascita e milanese di vita. Alla domanda se ora Milano farebbe bene ad andare un po’ più lenta, risponde con un no secco. “Anzi, dovrebbe andare più veloce. Le città devono essere veloci e dare opportunità veloci, poi ogni individuo sceglie la sua velocità di vita ma non può essere condizionato da una città lenta”.

Oltre a lui scorrono nel libro le parole di Beppe Sala e Attilio Fontana, il mercato immobiliare, la politica degli ultimi decenni sulla pelle dei milanesi più del vaccino, lo smart working, i bar e gli uffici, le sacche di povertà esplosa, “l’odio degli italiani per Milano”, anzi “il rapporto complicato tra Milano e l’Italia, fatto di tanta spocchia e di scomode verità”, e ricorda quando nel 2018 il sindaco Sala polemizzò con Luigi Di Maio che voleva imporre le chiusure domenicali agli esercizi commerciali: “Le faccia ad Avellino, non rompa le palle a Milano”.

Era il novembre del 2018, vale la pena recuperare la conversazione su Twitter che Fabio Massa riporta fedele. Le troppe Italie di questo Paese ricorrono con intelligente misura dentro il suo libro, e fanno riflettere. L’autore pare convinto che comunque non ci sia un’alternativa a Milano per l’Italia e all’Italia per Milano, passata dall’invidiare la Svizzera al sentirsi parte dell’Unione Europea sventolando la bandiera della più europea d’Italia. La faccia di Milano 2021 è di quelle post intervento ancora con le bende addosso; intravedi gli occhi che cercano la luce ma che faticano ancora a darle lo sguardo pieno.

Ne immagini la tensione del viso, la smorfia, la tenacia di rimettersi allo specchio per togliere le fasce e prendere confidenza con la nuova faccia. Fuga dalla città va letto con cura, annotando date, frasi e commenti per non perdere ancora una volta la memoria di questo Paese. “Viene da chiedersi se il Covid abbia distrutto la torre o se questa era già minata, se era solo un ologramma creato da un’eccellenza (questa sì, assoluta) nella narrazione di sé. Una narrazione che si è fatta programma politico del centrodestra in Regione, prima con Formigoni e poi con Maroni; ma anche del centrosinistra, con Beppe Sala che infatti parla di immagine internazionale. Ma pur sempre narrazione perché a Milano le fragole di merda, i rider per le strade, il precariato, gli immobiliaristi all’assalto, la cultura a trazione pubblica ci sono sempre stati”.

Ma, poi, fuggire dove?

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