Leonardo Del Vecchio e la multinazionale fatta in casa degli altri

Media, politica e imprese danno l’addio a Leonardo Del Vecchio. Analizziamo le origini del suo impero, al di là delle commemorazioni di rito.

Leonardo Del Vecchio, fondatore dell’impero degli occhiali Luxottica, è morto all’età di 87 anni. Con lui se ne va uno dei principi del capitalismo familiare; una polmonite aggravata dal COVID-19, dicono i medici che lo hanno tenuto in cura in questi ultimi mesi.

La holding di famiglia Delfin, secondo gli analisti della rivista specializzata Forbes, vale circa 25 miliardi di dollari: non a caso nella classifica dei Paperon de’ Paperoni italiani Leonardo del Vecchio occupava il secondo posto, dopo Ferrero. Considerato per anni un outsider dal gotha del capitalismo italiano, rappresentato da Agnelli e Cuccia, Leonardo Del Vecchio passo dopo passo era riuscito a entrare dalla porta principale nelle cattedrali del capitalismo come Mediobanca e Generali.

Una crescita di ricchezza rapida e impressionante, se si pensa che la sua avventura imprenditoriale iniziò nel 1961. Un’ascesa inarrestabile, dovuta alla sua capacità di crescere verticalmente attraverso acquisizioni e fusioni di gruppi internazionali importanti, come ad esempio il gruppo Ray-Ban acquisito nel 1999; ma anche – non lo si può nascondere – all’utilizzo massiccio e fuori controllo del lavoro a domicilio presso le famiglie della zona, sul quale nessuno dei commentatori odierni vuole soffermarsi per un timore reverenziale verso l’uomo che si sarebbe fatto dal nulla.

Leonardo Del Vecchio, un colosso coi piedi nel lavoro a domicilio

Varrebbe la pena ricordare per onestà intellettuale che Leonardo Del Vecchio non si è fatto proprio dal nulla, come sostiene Luca Cordero di Montezemolo in una nota rilasciata alle agenzie.

Lo scaltro imprenditore dal 1961 al 1967 ha fatto intensamente ricorso al lavoro a domicilio nel paesino di Agordo e dintorni. In ogni casa di quel circondario in provincia di Belluno centinaia di lavoratori, per giornate che le otto ore le superavano ampiamente, senza alcun contratto di lavoro per buona pace dei sindacati e senza assistenza sanitaria, hanno contribuito all’accumulazione del capitale che ha consentito a Del Vecchio di fare grandi acquisizioni, grazie a una multinazionale che ha sostanzialmente il monopolio delle più grandi griffe di occhiali.

Un’accumulazione di capitale piuttosto dura, fondata spesso sul lavoro delle donne e – si racconta – in alcuni casi dei minori. Una storia per alcuni versi simile a quella dei Benetton, che ricorda l’accumulazione originaria nel 1700 in Inghilterra, raccontata da Carlo Marx nel Capitale. Come spiega Marx per argomentare la nascita del capitalismo e la sua rapida ascesa, a differenza dell’epoca feudale, non c’è merce più preziosa della forza lavoro per accumulare ricchezza con rapidità, grazie a una enorme estrazione di plusvalore che nessun’altra merce produce.

Nel 2011 Del Vecchio prese una decisione salutata anche dalla sinistra: oltre al salario distribuì azioni ai suoi dipendenti, conquistando il cuore di molte famiglie.

A proposito di Del Vecchio, Gian Antonio Stella, grande conoscitore del suo Veneto, in un’intervista che rilasciò a chi scrive, sempre su SenzaFiltro, concordava con la diagnosi, forse irriverente, che quella distribuzione fosse un modo per risarcirli o ringraziarli. Così giustificava l’ascesa dell’imprenditore: “Parliamo di aree svuotate da decenni di povertà ed emigrazione: quella di Del Vecchio era l’alternativa. Certo, così come per i contadini delle campagne inglesi nel 1700, le dodici ore del lavoro a domicilio poi sfociato nelle grandi fabbriche erano l’alternativa allo spopolamento delle campagne, ma ciò non toglie nulla allo sfruttamento che contribuì all’accumulazione rapida di capitale da parte di Luxottica”.

Gian Antonio Stella in quell’intervista rimarcava la matrice della cultura del lavoro in Veneto e di questo tipo di imprenditori che potremmo riassumere nel concetto di autosfruttamento: una vita dedicata soltanto al lavoro per quattordici ore al giorno.

Pur riconoscendo a Del Vecchio la grandissima capacità di aver saputo dapprima valorizzare un territorio e poi portarlo fuori dai suoi confini, dobbiamo iniziare a fare pace con il nostro passato. La cultura del lavoro è profondamente cambiata e ci piacerebbe che gli imprenditori moderni, al di là dei dovuti discorsi commemorativi, ringraziassero il passato ma guardassero al futuro.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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Photo credits: ripartelitalia.it

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