Ma la notte no?

C’era una volta in America. E non c’è citazione più calzante perché una volta, e nemmeno troppi anni fa, i market o gli shop aperti 24 ore e sette giorni su sette li potevi trovare solo oltreoceano. Erano però perfettamente calati in uno stile di vita e in una cultura del tutto coerenti. Ma oggi, […]

C’era una volta in America. E non c’è citazione più calzante perché una volta, e nemmeno troppi anni fa, i market o gli shop aperti 24 ore e sette giorni su sette li potevi trovare solo oltreoceano. Erano però perfettamente calati in uno stile di vita e in una cultura del tutto coerenti.

Ma oggi, con lo stesso principio globalizzante grazie al quale puoi trovare sia la mozzarella di bufala alle Barbados che la quinoa a Campobasso, questa abitudine è arrivata anche in Italia. E sono sempre più numerosi i centri commerciali, le catene e i grandi negozi che allungano a dismisura i propri orari di apertura al pubblico sino a raggiungere, in alcuni casi, l’apertura totale.

E così il concetto di operativoaccaventiquattrosettegiornisusette si è esteso al commercio, da che era entrato nella nostra cultura come il linguaggio esasperato del businessman rampante che unisce con un ideale fil rouge il mitico Commendator Zampetti al più attuale milanese imbruttito.

È il progresso che porta nuove opportunità: è importante aprirsi al mondo, seguire l’onda inarrestabile della globalizzazione, adeguarsi alle nuove richieste delle persone, far evolvere il business e creare più posti di lavoro. Ma è anche una risposta alle mutate esigenze del consumatore, e soprattutto un sostegno al business a fronte di una concorrenza globale sempre più agguerrita, per ammortizzare costi di struttura via via più pesanti e incidenti.

La normativa in Europa

Nel timore di non essere abbastanza trendy in materia, a partire dal 2012, con il decreto Salva Italia di Monti abbiamo sorpassato tutti a sinistra, tanto da essere l’unico Paese in Europa con un quadro normativo così permissivo. Con la sola eccezione del Regno Unito, dove in alcune regioni è possibile, i paesi francofoni hanno orari lunghi ma chiusure domenicali, così come Olanda e Germania, mentre i cugini latini di Spagna e Portogallo osservano anch’essi il riposo settimanale con poche eccezioni legate ai flussi turistici in alta stagione.

Dopo aver metabolizzato le domeniche passate al centro commerciale “così i bambini non stanno in casa” e le raccomandazioni mediche agli anziani di soggiornarvi nei periodi particolarmente caldi, l’aumento del tasso di competizione tra le aziende, le mutate esigenze e i differenti stili di vita delle persone e delle famiglie hanno spinto verso la soluzione estrema: non si chiude più.

Ma chi è la gente della notte che si muove tra le corsie?

All night long

Vittima di una repentina sindrome di San Tommaso ho passato qualche ora di notte in un supermercato aperto h24: a mezzanotte e trenta ho varcato la porta per mescolarmi ai venti clienti presenti.

In realtà il mio tentativo di avere un quadro generale di prima mano è naufragato quando un dipendente, sorridente ma fermo, mi ha subito chiarito che ha avuto disposizioni chiare dalla sua società: non può parlare con nessuno né rilasciare dichiarazioni di alcun tipo. Nello stesso modo con cui si dichiara nome grado e numero di matricola mi spiega che sono solo in due, coadiuvati da una guardia privata mentre gli altri sono tutti ragazzi delle cooperative. Questi sono più numerosi e posizionano i prodotti negli scaffali: nemmeno loro hanno molta voglia di parlare, solo di tenersi il posto. Sono quasi tutti stranieri, operosi e silenziosi.

La clientela è invece più incline al confronto e disposta a raccontarsi. Come l’avvocato, che si ferma volentieri e mi spiega che ci viene spesso dopo il ristorante o una serata fuori. Lo trova un servizio molto comodo, che gli permette di ottimizzare i suoi ritmi e di non dover correre: in fondo guadagna tempo, che è il bene più prezioso. L’unica seccatura è relativa all’impossibilità di acquistare del vino o altri alcolici perché ne è vietata la vendita dopo la mezzanotte.

Condivide peraltro il problema con tre giovani universitari, poco più che ventenni con i visi puliti. Sono a Milano per studiare, e dopo averci pensato un po’ concordano sulla comodità di avere un servizio ventiquattro ore, anche se ammettono che attraversare quel parcheggio di notte per comprare qualcosa da mangiare mette un po’ di ansia.

Non a caso risulta che il 66% degli italiani valuta positivamente questa tendenza, definendola un’evoluzione del servizio al consumatore che così può accedere con maggiore facilità a prodotti e servizi. E questa opinione è particolarmente diffusa tra i giovani tra i 18 ed i 35 anni e tra i cittadini con i titoli di studio più elevati, prevalentemente professionisti e top manager.

Apra la borsa, per cortesia

Il locale è costantemente presidiato da una guardia, dipendente di una società di vigilanza privata, che mi spiega come di certo non ci si annoi durante il turno. Se è vero che i problemi di ordine pubblico seri sono abbastanza rari e prevalentemente circoscritti al week end, a parte qualche caso di resistenza dove devono intervenire le forze dell’ordine, sono i furti a farla da padrone. Sono operati con ogni mezzo, dalle fette di carne attaccate alla pelle sotto la maglietta alle sogliole infilate nei jeans, fino ai prodotti per l’infanzia nascosti in ogni modo. In alcuni casi qualcuno viene sorpreso a consumare direttamente il cibo all’interno del supermercato, facendo letteralmente sparire la prova del furto. È un misto di indigenza e piccola criminalità che si concentra nelle ore centrali della notte.

Se infatti nella fascia intorno a mezzanotte qualche operaio, o autista, o infermiere che smonta dal turno ne approfitta per acquisti di beni di prima necessità, dopo le due di notte il 90% dell’utenza è straniera e spesso si tratta di persone che non hanno molte possibilità economiche di fare acquisti. Fortunatamente per ora sono lontane le immagini suggerite da una certa iconografia hollywoodiana che mostra commessi di negozi notturni con il fucile sotto al bancone e il grilletto facile.

Dopo l’una, come previsto, i clienti diminuiscono sensibilmente: una giovane coppia ha dimenticato l’acqua per il proprio bimbo e ora approfitta per comprare qualcosa in più per il giorno dopo. Lei è impiegata, lui lavora come operaio; con un bimbo piccolo, pochi mezzi e i nonni lontani, il supermercato vicino a casa e sempre aperto è una comodità che permette di risparmiare tempo prezioso. Non si fa coda e in pochi minuti si torna a casa dal piccolo che è dovuto restare solo.

Il direttore di un punto vendita di una catena concorrente (con orari più tradizionali) termina di lavorare alle 21.00, poi va ad allenarsi, e dopo la doccia ed una pizza con la squadra si reca a fare la spesa. È una buona cosa per i clienti, mentre per quanto riguarda i dipendenti, se non hanno voglia di farlo possono rifiutarsi o scegliere un altro lavoro: libero arbitrio.

Sono quasi le tre e le corsie sono pressoché deserte. Il signore anziano un po’ male in arnese che un’ora prima mangiava furtivamente da una confezione di frutta fresca non c’è più ma il parcheggio non si è ancora svuotato.

Il tassista che staziona pochi metri più avanti tornerebbe volentieri a orari più normali, visto che il lavoro non ne beneficia: la clientela notturna non è certo gente che prende un taxi, e il viavai di persone equivoche nel parcheggio antistante, a suo dire, rende la zona abbastanza pericolosa.

Pare anche che l’incremento dei consumi previsto dagli orari non stop non ci sia stato, o sia comunque di molto inferiore alle attese (si stima infatti una crescita dei fatturati di poco superiore al 5%). Per questo molte catene stanno mettendo in atto strategie diverse dal prolungamento degli orari: la possibilità di acquistare auto, di trovare cibi esotici o bio di ogni tipo provenienti da ogni angolo del mondo, di usufruire di servizi di tintoria, di prenotazione di biglietti per cinema e concerti, e addirittura di pagare bollette di utenze in cassa.

Ma se trovare ogni tipo di frutta o verdura in ogni mese dell’anno (e ora a qualsiasi ora del giorno o della notte), indipendentemente dalla sua stagionalità, rischia di farci perdere il gusto ben più sottile dell’attesa, c’è un modo per contemperare le diverse esigenze di seguire un mondo che si evolve e di non perdere la nostra identità? Dipende sempre da come ognuno di noi si approccia al cambiamento: avere maggiori e diverse possibilità di gestire il nostro tempo potrebbe anche essere considerata una grande opportunità per migliorare la qualità della vita, avendo però l’accortezza di mettere al centro l’uomo prima del consumatore.

Fare la spesa in orari untraditional e al contempo dedicare più tempo ai propri figli, risparmiare tempo acquistando on line e ritrovare gli ormai rari momenti in cui ci fermiamo a riflettere: sta a ognuno di noi non subire abitudini che cambiano, ma cercare in esse spazi di opportunità, anche se non è facile come potrebbe sembrare.

In un trionfo di contraddizione, infatti, per certi versi siamo il paese più innovativo sugli orari di apertura dei negozi. Poi però difendiamo a spada tratta il diritto di fermare una nazione intera ad agosto, con lo sbigottimento dei colleghi stranieri che non accenna a diminuire quando si opera in contesti multinazionali.

A dirla tutta, in relazione al mese di agosto abbiamo già cambiato, e parecchio: una ventina di anni fa si poteva attraversare una città intera prima di trovare un negozio aperto, mentre negli ultimi anni le città continuano a funzionare, e c’è sempre più gente che ha cambiato il periodo di ferie.

Il mondo non si ferma, e questa è l’unica certezza; ma sta a ognuno di noi cogliere le opportunità ed evitare aberrazioni, comprendendo in primis che non tutto può essere cambiato, esportato o importato tout court senza perdere qualcosa della nostra identità.

Personalmente, a rischio di essere percepito come anacronistico e un po’ troppo romantico, sono ancora innamorato dell’idea di mangiare una ciliegia e sapere che è maggio, e di trovare metà dei negozi chiusi la domenica. Nello stesso modo in cui sono fermamente convinto che un canguro non possa vivere al polo nord.

CONDIVIDI

Leggi anche

Olivetti e l’Italia dei fastidi

“Andiamo, andiamo lì al balcone di Villa Casana che la vista dall’alto la può aiutare a capire meglio chi era Adriano Olivetti. Io lo chiamavo il balcone del “padrone delle ferriere” perché da qui ci si poteva affacciare e dominare tutte le fabbriche, ma Adriano certamente non è mai stato un padrone delle ferriere. Li […]