Il 17 giugno del 1999 il manifesto pubblicò un editoriale dal titolo “Elogio di Silvio Berlusconi”, firmato da Luigi Pintor, uno dei fondatori del giornale. Iniziava così: “Chi fermerà Berlusconi? Nessuno, temo. La sua non è stata una vittoria elettorale, ma una rimonta trionfale. È strano che tutti i commentatori non se ne siano accorti. L’uomo di Arcore e la sua formazione hanno il consenso di un italiano su quattro, una quota che solo i mastodonti democristiano e comunista hanno raggiunto o superato nella storia repubblicana. Questo è il dato”.
L’analisi e la previsione di Pintor si rivelano quanto mai credibili: Berlusconi e la sua visione del mondo non sono un’incidente di percorso. Nel 2000 Berlusconi vince le elezioni regionali e nel 2001 celebra il grande ritorno dopo la crisi del suo esordio nel ‘94, con il trionfo alle elezioni nazionali, lasciando l’amaro in bocca a tutti i suoi avversari che in più occasioni l’avevano dato politicamente per morto. Si apre così l’epoca berlusconiana, il ventennio del Cavaliere, che sia dal governo sia dall’opposizione segnerà la politica, la comunicazione e la cultura dell’Italia nel nuovo millennio.
Quel titolo del manifesto fece grande scalpore soprattutto a sinistra, perché gli eredi della cultura comunista, i DS, erano ben consapevoli che la provocazione di Pintor era rivolta a loro, a chi stava dissipando l’eredità culturale del PCI, che da Togliatti in poi era riuscito a raccogliere intorno a sé il mondo del cinema, del teatro, della cultura; l’intellettuale collettivo teorizzato da Antonio Gramsci, per intenderci.
L’“Elogio” dunque era indirizzato a chi, in nome di una neo cultura di governo conquistata sul campo da Berlinguer dopo la caduta del fattore k, da un lato smontava il partito di massa costruito da Togliatti e dallo stesso Berlinguer, e dall’altro insisteva nel sottovalutare l’avvento del berlusconismo, la sua capacità egemonica. Una concezione del mondo apparentemente innocua, e un modello di società che, dietro il paravento del liberismo, mieteva consensi sull’arricchimento facile, sul potere del denaro come mezzo di scambio per le scalate sociali, sullo sdoganamento della destra, e persino sulla corruzione individuale, viatico per la carriera politica e la formazione della classe dirigente, in alternativa alla corruzione politica dell’epoca democristiana e socialista.