Mikhail Shishkin: “Putin ha reso il russo la lingua degli assassini, non della letteratura”

L’intervista esclusiva di SenzaFiltro al romanziere russo Mikhail Shishkin: “Io, ‘traditore nazionale’, dico che senza una totale de-putinizzazione non ci sarà una rinascita della Russia. Voglio un Paese libero da impostori”.

L’intervista esclusiva di SenzaFiltro al romanziere russo Mikhail Shishkin: “Io, ‘traditore nazionale’, dico che senza una totale de-putinizzazione non ci sarà una rinascita della Russia. Voglio un Paese libero da impostori”.

Mikhail Shishkin è uno dei più importanti autori russi contemporanei, che da metà degli anni Novanta vive e lavora in Svizzera, a Zurigo, come insegnante e traduttore per i rifugiati. Vincitore dei tre più importanti premi letterari russi (Russian Booker Prize, Russian National Bestseller, Big Book Prize), oltre che del premio Grinzane Cavour nel 2008, è stato definito dal Guardianil miglior romanziere russo vivente”.

Dal 3 marzo 2022 la casa editrice 21lettere ha tradotto e pubblicato in Italia Punto di fuga, premiato con il Big Book Prize nel 2010, romanzo epistolare che raccoglie le lettere che due giovani innamorati russi separati dalla guerra, Vovka e Sashka, si scambiano nel corso degli anni.

L’autore con vividezza e brillantezza utilizza le parole e la realtà dei due protagonisti come espediente per attualizzare il suo criticismo nei confronti della politica russa odierna capeggiata da Vladimir Putin, di cui è da sempre un fervente oppositore. Difatti nel 2013 si è rifiutato di rappresentare la Russia al Book Expo negli USA, ha fortemente criticato l’annessione della Crimea nel 2014, e da un mese utilizza la sua arma più efficace, la penna, per gridare il suo no alla guerra in Ucraina.

A fronte del suo trentennale impegno nella valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale, storico e artistico russo nel mondo (le sue opere sono tradotte in più di trenta lingue), abbiamo scelto di intervistarlo per comprendere che ruolo può giocare la cultura dinanzi a una “ russofobia” sempre più crescente.

In questi tempi bui, di odio e russofobia, che ruolo può avere la cultura e letteratura russa per raccontare la vostra storia e tradizione?

Putin sta commettendo crimini orribili bombardando le città ucraine e uccidendo bambini. Fa male vedere i soldati russi che eseguono i suoi ordini criminali. Provo vergogna e dolore. Putin sta commettendo in questa guerra anche un altro imperdonabile crimine, contro la cultura e la lingua russa. Ora il russo sarà associato in tutto il mondo non alla grande letteratura, ma ai criminali di guerra. Putin ha reso il russo la lingua degli assassini, e questo odio e questo dolore potrebbero rimanere per molti anni. Mio padre andò al fronte a 17 anni per vendicarsi della morte di suo fratello maggiore. Per tutta la vita dopo la guerra ha odiato i tedeschi. Ho cercato di spiegargli la grandiosità della letteratura tedesca, che il tedesco è una bellissima lingua. Non ha funzionato. Cosa dovremmo rispondere agli ucraini che hanno perso le loro case e le loro famiglie, uccise dai soldati russi? Che la letteratura russa è grande? Funzionerebbe? In ogni caso, non ci sarebbe altro modo per superare l’odio e l’abisso dopo la guerra se non attraverso la cultura. Noi tutti avremo bisogno della letteratura russa e ucraina, della musica, dei film, del teatro per rimanere umani.

Che autori russi, classici e moderni, consiglia di leggere a noi europei per unire i popoli nella pace e non nell’astio?

Leggere per me è come una sorta di trasfusione di sangue. Attraverso le parole ricevo dall’autore la forza e il potere di pensare, di vivere, di amare. Ma è un processo molto particolare, perché il gruppo sanguigno deve essere compatibile; altrimenti potrebbe essere pericoloso. Ricordo molto bene come a scuola dovemmo scrivere un saggio sui libri di Brežnev. All’epoca era il leader dell’Unione Sovietica. Non ce l’ho fatta, l’ho rigettato. Ma i libri di Tolstoj, Cechow, Bunin erano la mia medicina. Mi ricordo che da giovane studente leggevo James Joyce (i cui libri erano proibiti) cercando ogni parola nel dizionario, quella era la mia personale lotta contro il sistema. Penso che ognuno debba trovare i propri scrittori per questa singolare trasfusione di sangue. Suggerirei di provare con i classici russi.

Partendo dal suo romanzo Punto di fuga, in cui il rapporto epistolare è protagonista di tutto il romanzo, mi domando: se potesse inviare una lettera ai leader del mondo, che cosa scriverebbe loro per bloccare questa ennesima guerra? A chi scriverebbe per primo/a?

Oggi c’è solo un leader nel mondo che può fermare questa guerra: il popolo dell’Ucraina. Chiedono aiuto al mondo occidentale, per stabilire una no-fly zone, ma la NATO sta solo eseguendo il piano dello Stato maggiore russo. Putin era sicuro che la NATO avrebbe deluso l’Ucraina, ed è stato così. Quale leader occidentale sarebbe pronto a sacrificare la popolazione del suo Paese in un inferno nucleare per qualche Mariupol o Volnovakha? Putin ha calcolato che le città ucraine sarebbero state un facile bersaglio per lui. Ma le sue truppe sono state sconfitte. Questa guerra può essere fermata solo dal popolo eroico e dall’esercito dell’Ucraina, è l’unico modo per sconfiggere le truppe russe. Scriverei una lettera a loro: “Cari ucraini! Ora siete i leader del mondo. State combattendo per la vostra e la nostra libertà, per il futuro del mondo intero, per la dignità umana di tutti noi. Slava Ukraïni!”

Farà mai ritorno in Russia? Il suo essere dissidente influenza il suo lavoro in positivo o negativo?

Sono sicuro che dopo la guerra tutti i Paesi aiuteranno a ricostruire le città ucraine bombardate dai razzi russi. Ma la Russia di Putin crollerà in un disastro economico e politico. Per la nuova rinascita della nazione, abbiamo bisogno prima di tutto del riconoscimento della responsabilità nazionale. Noi, i russi, dovremmo chiedere perdono in ginocchio a Kiev, Charkov, Mariupol, come fece il cancelliere tedesco Willi Brand a Varsavia. In Russia non siamo riusciti a mettere in atto la de-stalinizzazione, non ci sono stati processi di Norimberga per il partito comunista, e come risultato abbiamo una nuova dittatura e una nuova guerra. Senza la totale de-putinizzazione non ci sarà alcuna rinascita della Russia. Putin è un sintomo, non la malattia. Nel 2013 ho scritto in una lettera aperta dopo la quale sono stato dichiarato un “traditore nazionale” nella Russia di Putin: “Voglio e rappresenterò un’altra Russia, la mia Russia, un Paese libero da impostori, un Paese con una struttura statale che difende il diritto dell’individuo, non il diritto alla corruzione, un Paese con mezzi di comunicazione liberi, libere elezioni e persone libere”. Faccio quello che posso per tornare in questa Russia futura, scrivendo, parlando con parole chiare. Sarà d’aiuto? Non lo so. Ma anche se fallirò, potrò dire ai miei figli: ci ho provato.

Parole lucide e angosciate, come quelle che usa Vovka, il protagonista del romanzo Punto di fuga quando riflette sull’inutilità e sulla ciclicità della guerra.

«Perché ai soldati viene sempre dato qualsiasi compito, qualsiasi, anche il più insensato, pur di tenerli occupati? Perché così non devono pensare. C’è un significato profondo in tutto questo – l’uomo non deve pensare. È necessario salvarlo da sé stesso, dai pensieri di morte. Qui bisogna in qualche modo riuscire a distrarsi, fare qualcosa con le mani; per questo li obbligano a pulire le armi, a riordinare le divise, a scavare buche. S’ inventano compiti.

Forse è questa la ragione per cui anch’io mi invento un compito: scriverti alla prima occasione. Ossia fare delle lettere. E tu mi salvi così, mia cara!»

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