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La disoccupazione cala di 0,5 punti percentuali rispetto all’anno scorso. Nonostante timidi segnali di ripresa, l’Italia rimane fanalino di coda nell’UE, come attestano i dati Eurostat
Durante questi anni di emergenza sanitaria, tra i vari problemi riscontrati all’interno del tessuto sociale, c’è stato un aumento della disoccupazione a livello globale. Questo ha contribuito ad allargare il divario tra ricchi e poveri, tra chi è stato colpito dalla crisi, e quindi per molto tempo escluso dal mercato del lavoro, e chi dalla crisi è stato solo sfiorato.
Ogni Paese ha reagito in modo diverso. La ripresa è stata e sarà ancora difficile, ma una timida crescita, secondo i dati ISTAT, si è registrata nel febbraio di quest’anno. Il tasso di disoccupazione è fermo all’8%, registrando un incremento di occupati di circa 10.000 unità rispetto a gennaio, il che ha portato a salire di 1,2 punti il tasso d’occupazione rispetto all’anno scorso, fino al 60,8%.
Secondo l’ISTAT “la crescita occupazionale rispetto a febbraio 2022 coinvolge solamente i dipendenti permanenti, con una diminuzione del numero di dipendenti a termine e di autonomi”. Secondo le stime sono 23.313.000 le persone che nel mese di febbraio ricoprono posizioni lavorative, con un aumento di 272.000 rispetto al 2020. Ancora secondo l’ISTAT “il tasso di inattività a febbraio era al 33,8%, stabile su gennaio e in calo di 0,9 punti su febbraio 2022. Il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni è al 22,4%, in calo di 0,4 punti su gennaio e di 1,2 punti su febbraio 2022”.
In un mondo che corre veloce, dove il lavoro cambia in modo repentino, non è facile trovare un impiego; e anche se in Italia l’andamento dell’occupazione ha registrato un’oscillazione in positivo – la percentuale di occupati tra i 15 e i 64 anni è passata dal 58,2% al 60,1% nel 2022 – il Paese rimane lontano rispetto alla crescita degli altri componenti dell’Unione europea.
Secondo le stime Eurostat l’Italia si registra come fanalino di coda per tasso di occupazione. Rimane indietro sia per quanto riguarda l’occupazione femminile, “con il 51,1% a quasi 14 punti di distanza dalla media UE (65%), sia per gli uomini con il 69,2%, nonostante i 2,1 punti in più rispetto al 2021 (74,8% la media UE)”.
In questo quadro non è da sottovalutare il numero ancora elevato di giovani che non lavorano o che non riescono a trovare un impiego. La stagnazione economica, sia prima che dopo la pandemia, non ha favorito questa parte della società: sono stati loro la categoria più colpita, con diversi esponenti della fascia d’età tra i 15/29 anni che non studia e non lavora, in preda a un limbo esistenziale senza via d’uscita. Mancanza di competenze, in alcune zone geografiche mancanza d’istruzione, salari bassi; tutto ciò crea terreno fertile perché la disoccupazione giovanile occupi un posto di rilievo tra i problemi del Paese.
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