Paolo Siani: “Un libro a ogni neonato? Bella idea, ma Sangiuliano ha sbagliato i tempi”

Il pediatra, ex parlamentare e vicepresidente Commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza, intervistato da SenzaFiltro, parla del ruolo della formazione e le cause della dispersione scolastica, e l’ipocrisia di chi cerca di risolverla senza comprendere che il problema sta ancora più a monte e parte dalla situazione degli asili nido

Paolo Siani

“Se dei minori ci accorgiamo perché non vanno a scuola, cioè quando hanno manifestato il problema a sei, sette, otto anni, è già tardi, troppo tardi. È come se volessimo costruire una scala partendo dal sesto gradino. Senza aver messo i primi sei quella scala cadrà, per forza. Con l’infanzia è la stessa cosa: bisogna dedicarcisi dal momento della nascita, se prima è meglio ancora.”

Un’intervista sui minori che esordisce così lascia intuire le idee chiare di chi mi sta di fronte. Lo avevo avvisato che avremmo parlato di minori. Appena iniziamo a conoscerci, gli premetto che per questo reportage vorrei scavare con lui al di là dei numeri e dei dati. Vorrei che mi aiutasse a decodificare che tipo di cultura dei minori abbiamo in Italia, e ho di fronte la persona giusta.

Paolo Siani ha un cognome che pesa quanto la storia. Giancarlo Siani era suo fratello, e la genetica di chi lotta una vita intera per cambiare il mondo, partendo dal piccolo e dalla banalità del quotidiano, non si smentisce. Nella vita fa il pediatra e dirige l’unità ospedaliera del Santobono-Pausilipon di Napoli, fino a poco tempo fa è stato vicepresidente della Commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza.

“Se non si pensa per tempo ai minori, ogni passo che si fa dà pochi esiti, ha scarse capacità di risposta, perché è difficile intervenire in un sistema famigliare e di comunità dopo che il minore si è già strutturato. Lo spiego meglio con un esempio recente: il ministro della Cultura Sangiuliano ha avuto una bellissima idea, un’ottima intuizione, ma ha sbagliato i tempi. Ha fatto notare che in Italia si legge poco e lui regalerà un libro a ogni nascituro, così che possa averlo disponibile quando inizierà a leggere. È il classico errore di impostazione culturale. Bisogna regalare un libro adatto ai più piccoli e fare in modo che fin da subito, e in modo dialogico, la madre o il padre o chi li cresce possano trasferirglielo. I libri possono salvare culturalmente i minori svantaggiati solo se prendiamo bene i tempi. Solo se inviamo segnali fin da piccoli, loro da grandi leggeranno in modo naturale.”

Paolo Siani: “I minori? Investimento inestimabile dimenticato in buona parte d’Europa”

I minori li vediamo in giro dove non dovrebbero essere: in strada a delinquere, in fabbriche clandestine a prendere confidenza con lo sfruttamento spacciato per lavoro, in contesti disagiati e nutriti di povertà e di ignoranze a più facce. I rapporti e gli osservatori di chi monitora il problema lo dicono chiaro e tondo: il problema da decenni non trova argine, nonostante gli sforzi. Forse vanno cambiati gli sforzi.

Viene facile parlare di abbandono scolastico o di dramma dei minori dove il luogo comune, per quanto con un suo fondo di verità, ha sempre attecchito con la complicità di chi fa politica e informazione: parlo del Sud, parlo di Napoli, ma non ci sto a cadere nel gioco e sfido Siani a ragionare per rivoluzioni: sarebbe più corretto parlare del male delle periferie, da capo a coda di questa Italia.

I minori sono dimenticati in buona parte d’Europa, non solo in Italia e non solo al Sud, diciamolo. La questione sta nel mettere lo sguardo dove il problema si incardina, vale a dire tutte le periferie delle grandi città, nessuna esclusa, nemmeno Milano. La differenza è di quantità, di mole di disagio, perché Napoli ha aree vastissime di periferie in cui il disagio la fa da padrone. Sono quindi diverse le proporzioni. Altro tema è legato alla scuola, che penalizza il Sud per la grave assenza di scuole a tempo pieno, così come delle mense scolastiche e degli asili nido. Non avere la pratica del mandare al nido un figlio così piccolo rimanda per deduzione a un altro dato, cioè che la madre non lavora, e se nessuno spiega a queste madri che il nido non è un parcheggio per il figlio piccolo, ma un luogo di crescita e di sviluppo umano, l’inversione di rotta non attecchirà mai in modo sano. Per non parlare del fattore soldi: mandarli al nido costa e la maggior parte delle famiglie svantaggiate quei soldi non ce li ha, ma pur avendoli, mancherebbe il salto culturale per comprendere il valore di quell’investimento.”

Siani mi spiega che non è solo una questione di tempi e vantaggi, oltre che di minori costi politici e sociali – prima si interviene, prima si vedono i benefici e si indeboliscono le conseguenze – ma anche semplicemente questione di salute.

“Lo spiegano i professionisti della scienza che il cervello del bambino, stimolato da zero a tre anni, diventa poi molto più produttivo sul piano fisico e psicologico. Lo spiegano però anche gli economisti, su tutt’altro piano: se investiamo un dollaro sul bambino al momento della nascita, quel dollaro ne renderà almeno 11 al momento della maggiore età, e in questo rapporto 1:11 hanno conteggiato tutti i costi evitati dal non farli ammalare, non escluderli da una crescita sociale, non dargli come unico destino il carcere, non isolarli nell’ignoranza, non abbandonarli alla solitudine delle proprie famiglie”.

La terra di nessuno dei minori e la lotta alla dispersione che parte dal nido

Dopo averlo intervistato, mi sono iscritta alla sua newsletter: sui minori, e della scarsa cultura politica e sociale, riempie pagine su pagine, il cuore e l’impegno ce l’ha lì.

Scrive che “Nel 2050, secondo l’ISTAT, le nascite scenderanno sotto la soglia dei 350.000 bambini. Servono politiche intelligenti e lungimiranti, bisogna garantire ai giovani innanzitutto casa e lavoro, e alle coppie con figli servizi di accudimento a costi accessibili, o ancor meglio gratuiti, almeno fino ai tre anni, ma pure fino ai 14 anni e negli orari e periodi dell’anno in cui le scuole sono chiuse e i genitori invece lavorano, e inoltre attività ludiche e sportive gratuite. E invece rischiamo di perdere il finanziamento del PNRR per gli asili nido e sembra che l’infanzia sia lontana dai pensieri della politica”.

Torno allora a riascoltare meglio il passaggio in cui mi parlava accorato della follia politica di negare asilo nido e poi provare a prendere in mano il cruccio della dispersione scolastica: se non si mettono le basi, non crescono altezze. E il passo successivo è il lavoro minorile, figlio di tutte le riflessioni messe in campo. Piccoli uomini, spesso veri e propri bambini, predati da economie illegali, mafiose, malate, ingrate. Non di rado sono minori sfruttati dalle famiglie stesse, che scelgono di sottrarli alla società e a forme di istruzione per estorcergli una forza lavoro buona a far campare madri, padri, nonni, fratelli e sorelle. Col paradosso che il minore si sente già grande perché responsabile, e non sa di essere solo un bambino e che a breve non lo sarà più senza averlo mai vissuto.

“I dati italiani confermano che l’età media delle baby gang negli anni è scesa, e scende ancora. Dovrebbe farci riflettere sull’inadeguatezza delle solite politiche in atto. Motivo per cui a Napoli, col Comune e con lo scrittore Maurizio de Giovanni, da poco eletto presidente della Fondazione Premio Napoli, stiamo definendo un progetto tanto bello quanto ambizioso e complesso: invitare tutte le mamme delle zone socialmente più disagiate a recarsi al nido più vicino alla propria zona di residenza per ritritare un libro per il figlio, dove il libro è un gancio emotivo, è la buona scusa per farle arrivare fin là e farle entrare in contatto con un mondo che altrimenti non respirerebbero mai. Non si tratta di un progetto calato dall’alto, istituzionale, che predica di risolvere situazioni di malessere quando è tardi, bensì di un progetto che fa leva su operatori e volontari appassionati che hanno voglia di trasmettere un benessere, infonderlo. Propongono alle madri di tornare per ascoltare musica con altri bambini, aderire ai punti di lettura, vivere una socialità protetta”.

A Paolo Siani, prima di salutarlo, chiedo che idea abbia in testa lui della parola minori. Se ne occupa da una vita e li vede e li cura tutti i giorni.

“Anche quando stavo in Parlamento ho sempre contrastato questa definizione, perché se diciamo che una cosa è piccola sottintendiamo che c’è qualcosa di più grande. Per me un minore va da zero, meglio se prima di zero, fino ai diciotto anni, ma con particolare cura alla fascia zero-sei, e soprattutto tredici-diciotto, che è la vera terra di nessuno, perché non è il campo del pediatra, non c’è ancora il medico di famiglia, c’è il contrasto coi genitori, c’è l’abisso dentro. Chiamiamoli come meritano: persone di minore età ma con gli stessi diritti di tutti gli altri. Non devono esistere minori e maggiori”.

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