PNRR: mal Comune mezzo gaudio. Mancano i funzionari, non i soldi

I Comuni non sono pronti ad affrontare la sfida del PNRR: i dipendenti sono pochi e non formati, e le scarse assunzioni previste da Brunetta non colmeranno il gap. La testimonianza di Jacopo Massaro, sindaco di Belluno e delegato ANCI, e Senia Bacci Graziani, della direzione nazionale di DirEL.

“Gareggiamo su una pista da Formula 1 con una Fiat Punto”. È la sintesi della diffusa ed endemica inadeguatezza della Pubblica amministrazione a fronteggiare le sfide e gli impegni posti dall’ambizioso e ricco Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Inadeguatezza ancor più evidente e rischiosa, per il buon esito dell’operazione, negli uffici comunali; non per caso la citazione è di Jacopo Massaro, sindaco di Belluno e delegato ANCI per la Pubblica amministrazione, il personale e le relazioni sindacali.

Il tema di fondo è sempre lo stesso: i dipendenti dei Comuni sono pochi, anziani e scarsamente formati. Un’emergenza che i sindaci non mancano di far rilevare quasi quotidianamente e a cui il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha risposto con una riforma ancora solo di carta, l’assunzione di 1.000 tecnici distribuiti in venti Regioni e due province autonome, la costituzione di Unità di Missione ministeriali in alcuni casi composte da una sola persona e guidate da super tecnici ormai prossimi alla pensione.

I concorsi? Ancora non sono partiti. Il ricambio generazionale? Di là da venire. I piani di formazione? Non ancora elaborati. “La montagna ha partorito il topolino”, commenta Senia Bacci Graziani, componente della direzione nazionale della DirEL (la Federazione Nazionale dei Dirigenti degli Enti Pubblici Locali).

Comuni, dipendenti poco formati? Ci pensa Brunetta: lauree agevolate e digitale, “ma servono conoscenze pratiche”

Il Patto di stabilità interno, frutto avvelenato della stagione del rigore finanziario imposto all’Unione europea dai Paesi meno colpiti dalla crisi del 2008, ha prodotto tanto la drastica riduzione del personale in servizio nei Comuni (-24,5% dal 2007 al 2019) che il taglio netto alla spesa per la formazione: si è passati da 46,128 milioni del 2008, con una media di 97 euro per dipendente, ai 18,379 milioni del 2017, con una media di 48 euro per dipendente. L’investimento complessivo sull’aggiornamento professionale si è ridotto del 54,1% tra il 2007 e il 2019, mentre la quota per dipendente è scesa del 38,8%.

Le cifre contenute nel rapporto IFEL-Anci Personale e Formazione: Competenze e Scenari / seconda edizione 2021 fanno emergere un ulteriore problema: il gap crescente tra Comuni piccoli e medio-grandi. L’84,4% dei Comuni fino a 20.000 abitanti non ha predisposto alcun piano di formazione nel 2019; percentuale che si riduce al 18,6% per le città con più di 100.001 abitanti.

A ben guardare, “il perno della ricostruzione del Paese”, come il ministro Brunetta descrive la Pubblica amministrazione nella lettera inviata alle dipendenti e ai dipendenti il 19 gennaio scorso, è assai arrugginito e rischia di far inceppare il meccanismo del PNRR. Ecco, allora, la soluzione: iscrizione a condizioni agevolate a corsi di laurea, master e corsi di specializzazione (PA 110 e lode); accesso a moduli formativi per migliorare le competenze digitali (Syllabus per la formazione digitale).

Quanto dura un corso di laurea? Da tre a cinque anni. Quindi, iscrivendosi al prossimo anno accademico, un dipendente comunale otterrebbe la laurea triennale non prima di fine 2025, maturando una formazione di tipo accademico e non immediatamente spendibile sul piano tecnico-pratico. Quando deve essere chiuso il PNRR? Nel 2026. La formazione, dunque, avrebbe valore per gli anni a venire e non per far funzionare il “nuovo Piano Marshall”. E questa considerazione vale per chi è già in servizio, figuriamoci per chi sarà assunto con i concorsi che ancora non sono stati organizzati.

La formazione accademica certo non è sbagliata”, commenta Jacopo Massaro. “Abbiamo bisogno sicuramente di professionalità di alto profilo, ma abbiamo bisogno anche di professionalità che possono acquisire conoscenze pratiche”. A causa del blocco del turnover “abbiamo perso tutti coloro che per venti-trent’anni avevano lavorato in un Comune, acquisendo altissime specializzazioni e professionalità in campi specifici, come per esempio le complicatissime materie degli espropri, dei bandi di gara o dell’anagrafe, senza poter affiancare e trasmettere le proprie conoscenze pratiche a coloro che sarebbero subentrati”. Proprio le competenze pratiche di cui “abbiamo fortemente bisogno: rendicontare un progetto europeo, per esempio, è una cosa che nessun laureato sa fare a inizio carriera; è una competenza che si acquisisce esclusivamente affiancando esperti di quella materia”.

I tecnici assunti dai Comuni per il PNRR sono “pochissimi”

Il tema, allora, è più complesso di come lascia percepire la retorica degli obiettivi raggiunti sulla carta. È il caso dell’assunzione dei 1.000 tecnici per le amministrazioni decentrate: “Pochissime unità in rapporto alla quantità di soggetti coinvolti nell’attuazione del PNRR e alla qualità delle sfide poste”. Lo afferma Senia Bacci Graziani portando ad esempio ciò che è accaduto in Regione Lazio, suo spazio di lavoro: “Ci hanno assegnato 87 unità, metà delle quali destinate ad affiancare i Comuni”, che sono 387, Roma compresa.

Un altro dei bug che potrebbe inceppare il PNRR è la rendicontazione delle spese effettuate, come sottolinea il sindaco di Belluno: “Abbiamo grandi difficoltà a effettuare le rendicontazioni, che sono un’attività estremamente pratica”. Oltre che complessa, tant’è che l’ultimo corso di formazione IFEL dedicato a 30.000 Responsabili Unici del Procedimento è durato quattro mesi.

In un contesto così “performante” rischia di rivelarsi un boomerang anche il perseguimento di un obiettivo di medio lungo periodo qual è il ricambio generazionale. Lavorare nella Pubblica amministrazione “sta tornando attrattivo proprio grazie alla grande quantità di risorse e alla strategicità dell’utilizzo delle risorse del PNRR”, afferma Massaro; ma “la qualità e la velocità delle sfide non è alla portata dei giovani professionisti, che necessitano di accompagnamento ed esperienza sul campo”, sostiene la rappresentante della DirEL.

Se gli assunti per gestire il PNRR finiranno di formarsi a Piano esaurito

Si avvalora, così, la sempre più diffusa consapevolezza di una radicale riorganizzazione degli Enti, fondata sul recupero di efficienza e produttività, che è senz’altro una delle occasioni mancate anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la cui efficacia si misura sulla base degli output e non degli outcome: su ciò che si fa e non sull’effetto che si produce. Il mezzo, la spesa dei fondi, è prevalente sul fine, gli scopi raggiunti.

Declinata nella pratica del funzionamento della Pubblica amministrazione, questa premessa porta a dire che le assunzioni si faranno non prima di 12-18 mesi e che il personale assunto sarà formato quando il PNRR sarà esaurito.

“È assolutamente realistico il rischio di uno sfasamento per i tempi delle assunzioni”, è la valutazione del sindaco di Belluno e delegato ANCI per la PA. “Nonostante questo Governo abbia fatto grossi passi in avanti e grossi sforzi rispetto al tema assunzionale, il sistema nel suo complesso risponde alle ‘vecchie’ concezioni, quelle tradizionali, della Pubblica amministrazione, mentre la tempistica e il contenuto delle prestazioni richieste dal PNRR rispondono a una diversa concezione di Pubblica amministrazione: servono risposte rapide, di altissimo profilo e di visione strategica; tutte cose che non sempre abbiamo fatto, perché l’enorme complesso di norme ci indicava una strada diversa. Lo sfasamento, quindi, è reale e i Comuni stanno mettendo una toppa su questo, pur nella consapevolezza che dobbiamo gareggiare su una pista da Formula 1 con la Fiat Punto che ci è stata consegnata”.

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