Cresce la povertà sanitaria: quando la salute costa troppo

Secondo un recente rapporto OPSan, le persone in condizione di povertà sanitaria sono in aumento del 10,6% rispetto al 2022. Le ragioni di chi non può curarsi per ragioni economiche sono le più molteplici, e toccano anche il precariato lavorativo. E il Terzo settore fa da puntello

09.12.2023
Povertà sanitaria, dei blister di medicinali con sotto una banconota da 50 €

Perché le persone povere non si curano? È una domanda che, secondo l’11° Rapporto Donare per curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci, realizzato da OPSan (Osservatorio sulla Povertà Sanitaria, organo di ricerca di Banco Farmaceutico), può prevedere più risposte, puntualmente elencate nel documento di 44 pagine che è possibile scaricare dal sito opsan.it.

Aiuta a comprendere perché nel 2023, 427.177 persone (7 residenti su 1.000) in Italia si sono trovate in condizioni di povertà sanitaria. Hanno dovuto, cioè, chiedere aiuto a una delle 1.892 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure. Rispetto alle 386.253 persone del 2022, c’è stato un aumento del 10,6%.

Il quadro della povertà sanitaria, il puntello del non profit

Le persone povere non si curano, spiega il rapporto, perché i farmaci da banco non sono passati dal Servizio Sanitario Nazionale; perché a volte non possono permettersi di pagare neppure il ticket; perché spesso sono privi di qualsiasi rete di protezione sociale o di amicizia, e non hanno nessuno che li aiuti a districarsi tra gli strumenti di scelta (come internet) o tra la burocrazia; perché non hanno fissa dimora né residenza, e quindi non hanno il medico di base; perché si vergognano di farsi assistere dalle strutture pubbliche: alcuni, per esempio, sono disoccupati che un tempo non erano poveri, e trovano nella realtà assistenziale un luogo discreto, che non guarda solamente alla malattia ma alla persona nel suo insieme. E poi perché alle difficoltà economiche spesso si accompagna la fragilità sociale e avendo un deficit di educazione sanitaria, non conoscono i propri diritti in materia di salute; perché non sono poveri secondo le statistiche ufficiali, ma lavoratori precari che, per timore di perdere il lavoro, quando si ammalano non si mettono in malattia, aggravando così il proprio stato di salute e trascurando le cure; perché sono stranieri e a causa di barriere culturali e linguistiche non sono a conoscenza dei propri diritti sanitari.

Il rapporto conferma anche la relazione circolare tra povertà di reddito e povertà di salute: la percentuale di chi è in cattive o pessime condizioni di salute è più alta tra chi si trova in condizioni economiche precarie rispetto al resto della popolazione (6,2% vs. 4,3% nel 2021). La qualità della vita legata a gravi problemi di salute, inoltre, è peggiore per chi ha meno risorse rispetto a chi ha un reddito medio-alto (25,2% vs. 21,7%).

A compromettere lo stato di salute di chi è economicamente vulnerabile contribuisce la rinuncia a effettuare visite specialistiche, che è cinque volte superiore al resto della popolazione.

“Attraverso il rigore del metodo scientifico dell’Osservatorio sulla Povertà Sanitaria, vogliamo fornire un contributo di conoscenza su alcuni aspetti essenziali per qualificare la nostra società. Senza il Terzo settore (e, in particolare, senza le migliaia di istituzioni non profit, di volontari e di lavoratori che si prendono cura dei malati), non solo l’SSN sarebbe meno sostenibile, ma il nostro Paese sarebbe umanamente e spiritualmente più povero”, ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico ETS, presentando i dati in un convegno a Roma il 5 dicembre.

Le non profit attive prevalentemente nei servizi sanitari sono 12.578 (e occupano 103.000 persone). Di queste, 5.587 finanziano le proprie attività per lo più da fonti pubbliche. Tenendo conto di questo solo sottoinsieme, il non profit rappresenta almeno un quinto del totale delle strutture sanitarie italiane (oltre 27.000), generando un valore pari a 4,7 miliardi di euro.

 

 

 

Photo credits: danielalarivei.com

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