Il punto non è che non vogliono pagare, ma che vogliono pagare quanto dicono loro. E non vogliono condividere i loro dati.
La chiave dello scontro tra Meta e SIAE sta tutta qui. Una è l’azienda che gestisce Facebook e Instagram, l’altra è la Società Italiana degli Autori ed Editori, incaricata di riscuotere i diritti dei professionisti del mondo musicale. Le trattative erano in corso da mesi e si sono incagliate su un punto cruciale: il corrispettivo che le piattaforme avrebbero dovuto pagare a SIAE per utilizzare la musica dei suoi artisti.
Meta ha chiesto – e da un certo punto in poi, preteso – che si trattasse di una somma forfetaria, cosa che l’azienda sostiene di aver ottenuto in altri 150 Paesi del mondo. Una cifra al ribasso, lascia intendere una delle comunicazioni di SIAE, motivata dalle recenti perdite economiche dell’azienda.
SIAE, dal canto suo, ha chiesto l’accesso ai dati che riguardano i contenuti musicali italiani su Facebook e Instagram per quantificare una richiesta commisurata al guadagno delle piattaforme. Apriti cielo: i padroni del vapore social sanno quanto valgono i dati, e non hanno intenzione di condividerli. E riposi pure in pace la Direttiva sul diritto d’autore che l’Italia ha recepito negli scorsi anni.
Così l’accordo è saltato. Ma chi rischia di pagare, e tanto, è il resto dell’industria musicale italiana.